Le donne le prime a essere minacciate a fronte di una generale erosione dei diritti umani.
di Eleonora Camilli
Solitamente il mezzo della scrittura richiede un tempo di decantazione maggiore prima di fissarsi in modo indelebile su carta, tuttavia siamo figlie e figli di un momento storico che denuncia a gran voce l’urgenza di interrogarsi e riflettere, agire e reagire in modo tempestivo, seppur strutturato nel tempo. Questo il sentire comune emerso in seno all’incontro organizzato dal Gruppo di lavoro informale di parlamentari «Salute globale e diritti delle donne» e da Aidos, Associazione italiana donne per lo sviluppo, tenutosi il 25 luglio a Roma, presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, una delle sedi della Camera dei deputati.
L’incontro si è svolto alla presenza di Maria Grazia Panunzi, Presidente di AIDOS e moderatrice del dibattito, Neil Datta, direttore esecutivo di European Parliamentary Forum, l’On. Valeria Valente, Presidente della commissione d’inchiesta su femminicidio e ogni violenza di genere, l’On. Valeria Fedeli, ex ministra dell’istruzione e senatrice del PD e non ultima l’On. Laura Boldrini, ex Presidente della Camera, che ha riferito gli esiti della più importante conferenza mondiale sulle questioni di genere e i diritti umani, la Women Deliver Conference 2019, tenutasi a giugno a Vancouver, nell’ambito della quale è intervenuta come firmataria dell’Alleanza Globale di Parlamentari per l’Italia.
Come ha precisato Neil Datta, l’Alleanza globale parlamentare, che già conta parlamentari provenienti da cinquanta Paesi del mondo, si colloca e si sostiene su tre cardini fondamentali: salute, diritti e sviluppo.
A venticinque anni dalla sottoscrizione del documento storico cha ha fatto seguito alla Conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo (ICPD) del 1994, il paradigma è fortemente cambiato: se prima si registrava la necessità di arginare il fenomeno della sovrappopolazione, l’andamento politico attuale intende aumentare la popolazione mondiale a discapito dei diritti delle donne, i primi a essere minacciati a fronte di una generale erosione dei diritti umani.
Al fine di monitorare la tutela di tali diritti nel mondo, l’alleanza globale pertanto rivolge il piano d’azione allo sviluppo internazionale attraverso l’orientamento e il miglioramento delle politiche dei singoli Stati.
Politiche che appaiono mai come oggi necessarie all’Italia, Paese relativamente giovane e acerbo nel combattere la violenza di genere.
Come nota l’On. Valeria Valente, occorre guardare al modo in cui altri Paesi trattano spazi di libertà e diritti per comprendere le criticità del proprio. Di fronte ad atti di violenza di genere, in tutte le sue forme, da quella verbale al dilagante femminicidio, infatti, non serve inasprire le pene quanto piuttosto seguire due direttive volte alla prevenzione: per un verso la messa in sicurezza immediata delle donne e dei minori in situazione di pericolo, per un altro la formazione di operatrici (e operatori) che devono essere specializzate e sensibili per relazionarsi con le donne vittime di violenza.
La battaglia contro la violenza di genere è di tipo culturale. Come osserva l’On. Valeria Fedeli, non basta difendersi: occorre piuttosto agire attraverso una sistematica decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi legati alle donne e alle minoranze che ancora flagellano la nostra società. Ciò è possibile, investendo nell’istruzione, formando il personale docente su queste tematiche, diffondendo linee guida contro la violenza di genere nelle scuole, creando dei percorsi universitari trasversali e inclusivi, volti a creare consapevolezza negli e nelle studenti, un piano strutturato messo in atto dal precedente governo ma che ora è caduto nell’oblio.
Questo è infatti il clima pesante che oggi si respira: un torpore delle menti, una negazione della memoria. Tornano a risuonare luoghi comuni che si pensava fossero stati abbattuti: «Forse le donne un po’ se lo meritano, se vengono minacciate, violate, uccise»; e ancora «Forse la crisi delle giovani generazioni deriva dal fatto che le donne che lavorano trascorrono meno tempo a casa con i figli». A quanto pare nell’anno domini corrente questi sono alcuni dei commenti relativi alle drammatiche vicende che vedono coinvolte le donne.
Tutta colpa di Virginia Woolf, potrebbero dire i suddetti commentatori se solo conoscessero il gesto rivoluzionario compiuto dalla famosa scrittrice inglese pioniera dell’emancipazionismo: la prima a uccidere l’Angelo del focolare, atto imprescindibile all’operazione letteraria che stava attuando e che ha ispirato le moltissime donne che non si riconoscono nell’abito di moglie e madre che la società patriarcale ha cucito loro addosso, ma anche le altre che invece sono felici di esserlo, perché riescono a conciliare lavoro e maternità.
A ben vedere, però, alla radice degli scellerati commenti giace un sostrato culturale fatto di odio e violenza promosso da una corrente reazionaria partita dagli Stati Uniti e appoggiata da una lobby filorussa che mira a modificare la legislazione dei Paesi democratici per annullare le libertà acquisite: questa la drammatica verità denunciata dalle parlamentari che sono intervenute all’incontro.
Insomma, sta dilagando una tendenza a tornare indietro, come nota l’On. Laura Boldrini, da sempre in prima linea nel dibattito politico sulle questioni di genere. Nel riferire gli esiti della conferenza sui diritti alla salute e alla riproduzione delle donne e i dettagli sul documento che ha sottoscritto, Boldrini ha rimarcato la necessità di monitorare le politiche italiane relative a separazione e affido, e più precisamente di fermare il ddl Pillon che sotto mentite spoglie pretende di proteggere il “sacro” nucleo familiare, ma che in realtà costringe le donne e i bambini e le bambine a mantenere un rapporto con uomini violenti. La famiglia ‒ una e di un solo tipo, composta da una coppia eterosessuale e dalla prole ‒ appare infatti essere l’archetipo ancestrale, cui l’ondata reazionaria si sta ancorando. A questo proposito, racconta Boldrini che tra i fatti di cui le è stato chiesto di rendere conto a Vancouver, c’è stata quella pagina di immensa gravità della storia italiana, relativa al patrocinio che il nostro Paese ha concesso al Convegno della famiglia, tenutosi alla fine di marzo a Verona, coacervo di rappresentanti provenienti dai paesi più illiberali e sovranisti del mondo. Un evento in relazione al quale si è dissociata, mostrando l’altra faccia dell’Italia, quella luminosa, generativa e inclusiva, che fuori da quei luoghi oscuri ha manifestato per la libertà e i diritti di tutte le donne, della comunità LGBT, e più ampiamente di tutte le minoranze. Appare inoltre essere di primaria importanza la necessità di dare vita a iniziative ‒ non ultima la recente campagna #odiareticosta ‒ volte ad arginare l’odio sessista che in rete si riversa sulle donne che dissentono, spesso promosse da quegli stessi esponenti politici che in primo luogo dovrebbero invece garantire la sicurezza.
Se tante scommesse sono state vinte dalle donne ‒ ci sembra buona cosa ricordarlo ‒ tanto altro c’è da fare: così Boldrini conclude il suo appassionato e appassionante discorso, ricordando la necessità di rinsaldare l’alleanza tra donne per beneficiare di quell’energia positiva che muove e cambia il mondo, un mondo che per buona parte ci vorrebbe ancora ridotte al silenzio. Un’alleanza trasversale che dovrebbe unire tutte le donne, anche quelle che non ci piacciono, anche quelle che prima ci erano amiche e ora non lo sono più, quelle che di fronte alle questioni di genere, che pure appartengono al loro vissuto, ci deridono perché si considerano esponenti di un partito politico prima ancora che donne: esse stesse sono le prime vittime del patriarcato, quell’insetto che Virginia Woolf nel saggio Le tre ghinee (1938) considerava essere germe del fascismo, e più ampiamente di ogni forma di oppressione. Allora cosa si può fare, in quanto donne, per combattere questa battaglia culturale? Ancora una volta la mente geniale di Woolf ci ha precedute, vedendo oltre la sua epoca, rivendicando la necessità per le donne di guardare a una genealogia tutta femminile: una soluzione che propone alle donne di utilizzare nuove parole e nuovi metodi, di fabbricare pensieri positivi e di felicità per costruire modelli culturali differenti, che possano essere alla base di nuove azioni politiche per contrastare quelle sterili dell’odio e della violenza.
Una soluzione a ben vedere ereditata in toto dalle moltissime donne che agiscono quotidianamente in sede civile, come dimostra la sala gremita di associazioniste, insegnanti, avvocate, accademiche, giornaliste, giovani che in tutti gli ambiti della società resistono e che in occasione dell’incontro si sono schierate a fronte e a fianco di personalità che hanno posto al centro del loro impegno politico questa battaglia culturale.
Fermare la deriva antidemocratica in cui rischia di cadere il nostro Paese — per mano di un governo che sta distruggendo l’impianto culturale, attraverso un tentativo di modifica della legislazione volto all’annullamento dei diritti acquisiti — è possibile se le donne fanno rete, dentro e fuori le istituzioni, dentro e oltre ai confini, grazie a un piano strutturato che metta al centro la formazione e l’istruzione come prevenzione alla violenza di genere in tutte le sue forme.
Occorre essere unite perché dinnanzi a tempi pericolosi come quelli che stiamo vivendo ‒ sì care amiche, «mala tempora currunt!» ‒ l’attacco ai fondamentali diritti umani si attua per prima cosa attaccando il diritto all’autonomia delle donne e con esso, quelli di tutte le differenze.
I lavori proseguono in vista di due tappe rilevanti per la situazione femminile: il summit di Nairobi (in occasione del 25° anniversario del Programma di Azione della conferenza del Cairo su popolazione e sviluppo) e Pechino 2020. L’appuntamento per tutte le donne presenti è rimandato in autunno: non ci fermerete, torneremo nelle piazze, perché nessun diritto si tocca!
In copertina, foto di Paola Malacarne
fonte: https://vitaminevaganti.com
Articolo di Eleonora Camilli
Eleonora Camilli è nata a Terni e vive ad Amelia. Nel 2015 consegue la Laurea Magistrale in Italianistica presso l’Università Roma Tre, con una tesi in Letteratura Italiana dedicata a Grazia Deledda. Dedita allo studio della letteratura e della critica a firma di donne, sommelière e degustatrice AIS ‒ Associazione Italiana Sommelier ‒ conduce anche ricerche e progetti volti a coniugare i due settori.