Un libro famoso. Una malattia altrettanto nota. Un equivoco mortale: le persone anoressiche non vogliono essere magre, vogliono poter sprigionare odio e rabbia, se ne deriva la magrezza, poi, sarà un valore aggiunto.
Perché odiano se stesse? Perché ogni giorno si deve staccare il biglietto, bisogna meritare di vivere e lo si deve guadagnare a caro prezzo.
Se mangi più di mezza mela a domani non meriti di arrivare. Nessuno ti ama, perché dovresti farlo tu? Tu non sei nessuno. Vomiti solo 2 volte al giorno, non 6. Tu non vali.
Non riesci a controllare neppure il tuo corpo, figurati la tua vita.
Nessuno ti ama, tutti ti giudicano e ti pretendono in un certo modo, tu non puoi essere come ti desiderano e allora scatta la furia cieca per l’unico strumento che puoi torchiare a piacimento.
E quella sofferenza diventa un lavoro a tempo pieno.
Se non hai mestruazioni vuol dire che va tutto bene, se ti ricoverano stai soffrendo sul serio e questo ti fa onore.
Se stai per morire non importa, prima di spirare devi vomitare oppure non vali.
Vuoi forse essere squalificato?.
La De Clerq ha strutturato un libro imbarazzante per bellezza: si parte con uno schiaffo intenso al lettore, la cronistoria della malattia e poi si va a ritroso, a scoprire come si arriva a fare del digiuno la divinità di una vita.
Abusi, indifferenza degli affetti, solitudine e dolore.
Il corpo deve fare quello che la mente ordina. Sempre.
O pagherà.
O controlli o muori.
Signori, se vi va, l’anoressia con un piccolo indizio: la colpa è sempre della madre.
Voto 9.