Ri-chiediamo al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio , ai Segretari dei partiti che garantiscano “la parità di genere”, che viene sempre ed ancora
messa all’ultimo o penultimo posto in ordine d’importanza, quasi a vergognarsi di doverla affrontare solo perché, loro malgrado, il consenso elettorale è anche di genere.
Il generale agosto ha avuto la meglio sulla stanchezza e sull’assenza vacanziera degli italiani ma, per chi avesse avuto voglia di aggiornarsi su quanto avveniva nei palazzi istituzionali ci hanno aiutato i media, i TG, gli speciali ecc.
Ed eccoci dunque alle prese con una crisi politica che si sta avviando, salvo sorprese, ad una soluzione, un epilogo in-immaginabile, dove le donne, anche quelle che parlano tanto ma non quando dovrebbero, non si sono viste né sentite.
Probabilmente nelle prossime ore avremo anche una lista di ministri che dovrebbe (il condizionale è inevitabile) dare un segnale di cambiamento non irrilevante. In questa prossima lista dovranno essere incluse donne, lo impone ormai una regola che devono rispettare anche i “malpancisti”.
Questo non può consolare, né bastare, a tutte noi che abbiamo fatto del nostro genere motivo di orgoglio.
Dove saranno collocate queste donne, quante e quali saranno?
Dal giro di consultazioni finora espletate, incontri e conferenze stampa, le donne non sono quasi apparse tranne per quello spezzone giornalistico, che rischia di diventare un cult, della corsa traballante dell’on. Paola De Micheli dietro colleghi maleducati e completamente indifferenti alla sua presenza. A conferma che non era lei ad essere trasparente ma che loro “manco” la vedevano né ritenevano importante la sua opinione.
I nomi che ogni tanto vengono tirati fuori come in un gioco di prestigio spariscono con la stessa rapidità come nel caso del ventilato incarico di primo ministro a Marta Cartabia, giudice della Corte Costituzionale che ha saggiamente rifiutato.
Di donne competenti, di alta moralità e professionalità il Paese ne è pieno e non potremo dichiararci contente se fossero nominate solo perché in quota donne. E’ il tempo di fare passi avanti.
Alcune donne, esponenti di partiti e movimenti di sinistra, hanno inviato, nei giorni scorsi, una lettera al Presidente Mattarella:
«Chiediamo un governo di svolta paritario e di alto profilo che valorizzi le competenze e il ruolo politico e democratico delle donne. Un governo che dica con chiarezza che la laicità dello Stato, il riconoscimento di diritti sociali e civili per tutti e tutte, l’autodeterminazione della donna siano punti fermi su cui mettere in atto una seria azione politica e culturale».
Nello specifico:
-che il nuovo governo sia composto al 50 e 50 per numero di ministri/ministre,viceministri/viceministre e sottosegretari/sottosegretarie;
– che la delega per le Pari Opportunità sia conferita a una ministra/ministro esperta/to dei diritti delle donne, per evitare che come già alcune volte in passato, la condizione femminile non sia in evidenza nel consiglio dei ministri;
– che si tenga conto che l’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo sostenibile ha inserito tra i 17 obiettivi da perseguire per il futuro dell’umanità, l’obiettivo 5 – parità di genere per la consapevolezza, ormai acquisita a livello mondiale, che senza parità uomo/donna non c’è rispetto per l’ambiente;
– che si consideri per le azioni conseguenti, che nell’ambito dell’ampio spazio dedicato dall’Unione Europea alle questioni riguardanti la condizione delle donne in Europa, l’Italia si colloca negli ultimi posti in tutte le classifiche e, in particolare, in quella riguardante l’occupazione femminile.
L’adesione a questi criteri, continua la lettera, costituisce evidentemente il presupposto necessario per affrontare in maniera decisiva e corretta fenomeni come:
– la difficoltà di mettere al mondo figli, per chi lo desideri, a causa della carenza di servizi;
– la scarsa occupazione femminile e la precarietà lavorativa;
– la violenza di genere;
– il mancato rispetto della centralità dei diritti dei minori in tema di affidi.
In sostanza si chiede che la discontinuità del nuovo governo sia marcata anche nelle politiche di genere. Una discontinuità, quella che chiedono le donne, non solo di maquillage ma che tenga in conto le loro richieste.
In sostanza, quanto citato nella lettera può essere considerato una sintesi di quanto tutte andiamo chiedendo da tempo.
Si manifesta sempre più la necessità di arrivare a comporre e proporre un progetto comune.
Sarebbe necessario per questo avviare un tavolo di discussione e di confronto visibile e riconosciuto, un organismo nel governo che non vada ad intaccare l’organigramma previsto.
Un esempio? Riconsiderare l’opportunità di uno strumento istituzionale che a suo tempo abbiamo positivamente sperimentato: una commissione consultiva della Presidenza del Consiglio e dei ministeri competenti atta ad avviare politiche sensibili di genere.
Nella “rottamazione”, spesso perniciosa, che è stata fatta a suo tempo molto è stato cancellato in modo indiscriminato senza valutare le cose positive da proseguire o conservare.
Anche la successiva riforma degli organismi di parità commise questi errori. La ricerca d’intestarsi meriti solo cancellando quelli degli altri è un sistema che ha portato spesso la politica a compiere errori con scarsi benefici per tutti.
Non è operazione di nostalgia ricordare la positiva azione della Commissione Nazionale di Parità che seppe per molti anni trovare una sintesi su obiettivi comuni di tutte le forze di genere che vi erano rappresentate. Successivamente trasformata in un dipartimento all’interno di un ministero essa ha perso nel tempo funzioni , autonomia e peso.
Nel diluirne le competenze si sono disperse le energie e la forza contrattuale necessarie alla progettazione e al monitoraggio delle politiche di genere.
Un ministro, se incompetente della materia, che ritenesse le questioni da trattare marginali di un cambiamento complessivo, che non avesse la forza o la voglia di assumerne la responsabilità a poco servirebbe.
Al contrario una commissione che fosse un organismo nazionale dove tutte le forze possano cooperare, consultarsi, affrontarsi se necessario per trovare una sintesi praticabile potrebbe dare un fruttuoso contributo come l’esperienza passata ha dimostrato . Un organismo che garantisca tutte le appartenenze politiche, associative e di reale rappresentanza sociale, cui andrebbe riconosciuta l’autonomia necessaria. Non pare d’altronde che oltre quella esperienza si sia prodotto qualcosa di altrettanto valido.
A volte il cambiamento, se forzoso e fatto in modo strumentale a tavolino non porta il meglio, che spesso è nemico del bene.
L’intelligenza sta nel riproporre alcune cose buone con il dovuto realismo e ammodernamento ma conservandone la sostanza.
Saremo contente di avere qualche donna in questo nuovo governo? Forse, accettando un copione desueto, stancante, lagnoso.
E come un mantra ri-chiediamo al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio , ai Segretari dei partiti che garantiscano “la parità di genere”, che viene sempre ed ancora
messa all’ultimo o penultimo posto in ordine d’importanza, quasi a vergognarsi di doverla affrontare solo perché, loro malgrado, il consenso elettorale è anche di genere.