Fallimenti e conquiste delle donne in questo Paese, come nel resto del mondo, si sono scontrati, alternati, annullati e riproposti nel corso del secolo passato e di questi decenni.
L’incipit potrebbe suonare così:
“Sono una donna, una delle tante, che da moltissimo tempo, forse troppo, lavora, si confronta, si spende, ragiona con le donne e per le donne.
Uguaglianza, libertà e rispetto sono gli ingredienti che mi alimentano.
Non sono nata con lo schema di “uguaglianza” nel mio DNA perché ero uguale a tutti al momento del parto.
Per imprevisti della vita mi sono poi ritrovata in un mondo adulto che non riconosceva le mie qualità, la mia professionalità, il mio impegno ma solo o prevalentemente il mio corpo.
Per poco ma abbastanza, fui considerata nient’altro che una donna a cui chiedere obbedienza e servigi. Forse allora è cominciata la mia riflessione di genere ed ancora oggi non si esaurita.
E proprio il fatto che io sia in una riflessione permanente sui tanti perché “la condizione delle donne” non abbia smesso di essere una “questione irrisolta”, mi indica in modo inequivocabile che qualcosa simile al fallimento di un progetto in cui ho creduto e per il quale ho lottato, mi stia provocando lacerazione e perplessità”.
Immagino che le lettrici che, iniziato questo testo abbiano continuato a leggere, sappiano benissimo di cosa parlo per il quale motivo non mi perdo a fare né dietrologia storica (non se ne può più) né un’elencazione di dati e cose dell’oggi (idem).
Fallimenti e conquiste delle donne in questo Paese, come nel resto del mondo, si sono scontrati, alternati, annullati e riproposti nel corso del secolo passato e di questi decenni.
La “complessità” di genere mostra molteplici aspetti e pone molti interrogativi sul “da farsi” della politica.
Le risposte date non hanno ottenuto sempre i risultati sperati e non hanno avviato fino in fondo quel cambiamento che si era ipotizzato negli anni del “sogno femminista”.
Ci sono stati momenti entusiasmanti, esaltanti ma anche faticosi e depressivi e in questo lungo periodo solo una cosa non è cambiata: il malessere delle donne.
Sono passati decenni e dopo le proteste di piazza si sono succedute analisi approfondite, proposte, impegno sul territorio e in ogni altro luogo accessibile.
La certezza di essere coprotagoniste, necessarie, utili e pertanto indispensabili non è mai venuta meno ma certo dover verificare che, a distanza di 40 e più anni ci si ritrovi ancora a formulare le stesse denunce-richieste non incoraggia .
Affermano, specie le giovani generazioni, che oggi la condizione della donna sia cambiata.
Ad esempio, è certo è che oggi le donne nel mercato del lavoro sono più numerose ma in questi cambiamenti graduali il divario di genere ha mantenuto il suo trend e le distanze restano impari. Non è particolarmente migliorata la qualità del lavoro, la retribuzione, la salvaguardia della parità ecc.
Dopo le storiche date del divorzio, l’aborto e l’importante nuovo diritto di famiglia che avrebbero dovuto contribuire a modificare ruoli e prospettive, non si sono riscontrati cambiamenti sostanziali.
Quelle leggi che apparentemente sembravano conquiste per le donne, in realtà andavano a favorire entrambi i generi e forse solo per questo è stato possibile ottenerle con il loro consenso.
Le dinamiche familiari hanno mantenuto la responsabilità di accoglienza e sostegno quasi a totale carico delle donne ( i servizi mancavano allora come oggi).
La cultura di massa mantiene e perpetua stereotipi antichi, imbastarditi ulteriormente da un pessimo uso degli strumenti collettivi di formazione e informazione.
La stessa intelligenza artificiale, l’uso delle tecnologie, hanno esportato-importato- rafforzato la differenza di genere nel modo più riduttivo e strumentale possibile.
E’ inutile sottolineare che tutta questa cultura mediale, pensata da team composti principalmente da uomini, per essere effettivamente considerata diversa dovrebbe essere ripulita di tutti i pregiudizi che l’hanno preceduta.
L’ulteriore utilizzo-sviluppo di immagini deviate attraverso i social, la rappresentazione riduttiva del corpo della donna (bambole gonfiabili ecc.)e delle sue capacità imprenditoriali (influencer ecc.) fa pensare alla difficoltà di un riposizionamento paritario di genere anche in scenari futuri.
Parlare oggi della necessità di una “politica femminista” stona.
Solo per fare un esempio ricordiamo le “azioni positive” messe in moto alla fine degli anni ’80 nelle imprese che assumevano dipendenti donne. Dovevano essere un passaggio transitorio per un cambiamento verso la parità nel mercato del lavoro ma non ha prodotto i risultati per i quali fu elaborata. Lo stesso si può dire delle quote rosa, del rispetto del 50/50 di rappresentanza ecc.
Forse, per cambiare, c’è bisogno che nell’aria spiri vento di tempesta. Che spazzi via i residui delle polveri.
Finora gli schieramenti di genere si sono fronteggiati secondo regole antiche, piccoli scontri, brevi tregue, periodi di pace. Attacchi, appostamenti, guarnigioni, condottieri e una buona dose di fortuna. Una battaglia di genere con poche armi ma con la forza del pensiero. Risultati incerti.
Sconfitte sul terreno nemico ma anche per la debolezza di quello amico.
Disperse nel tempo ora qui ora là, attivata la difesa di poche postazioni, le donne hanno creduto che avrebbero potuto essere diverse.
Come muoversi dunque in questa nuova, forse ultima, fase per la riscossa?
La politica di questi ultimi anni ha insegnato molte cose.
La capacità gattopardesca di singoli, partiti e alleanze fanno testo. Leadership personalizzate, malpreparate. Ignoranza del passato storico e dei bisogni presenti. Una mancata cultura istituzionale. La lontananza dalla cittadinanza e dal territorio.
La fase della “rottamazione” non ha ricostruito ma mantenuto cattedrali di potere.
Non si può essere peggio ne meno. Basta essere differenti.
Le donne, forse esauste di lottare ad armi impari, hanno cercato finora di fare il possibile per essere accettate. E’ avvenuto anche o soprattutto nei luoghi della politica.
Dove hanno taciuto senza tentare di incidere minimamente nelle politiche dei loro partiti, silenziate quando hanno cercato di prendere la parola, invisibil
Ma ci sono alternative?
Le forze delle donne, variamente impegnate, sono numerose e sparse su tutto il territorio e, se non guidate da un progetto comune, rischiano di sovrapporsi e disperdersi, intenete solo al mantenimento di un etereo status.
Non solo sui territori ormai; anche nel web la presenza di spazi femminili sono talmente numerosi da annullare ogni ipotesi di novità.
Infine tanti, troppi soggetti, non ne fanno un’interlocutore.
Gli spazi di riflessione, specie su come tramutare il pensiero in azione, la debolezza in forza, la dispersione in organizzazione sono ancora aperti ma è necessario, salvo perdere un’altra occasione, trovare la sintesi che non vanifichi la peculiarità e la qualità di questa alleanza politica.
Un’alleanza che non debba esprimere solo una o più leadership ma il ruolo che il “genere-donna-persona” debba avere nel vicino-prossimo futuro.