Un film di amore, studi e carriere, rapporti familiari, ed un po’ di humour alla Allen. E molta, molta New York malinconica sotto la pioggia.
di Erica Arosio
Era dal 2011, anno di quella meraviglia di Midnight in Paris, che un film di Woody Allen non mi rapiva in maniera così totale. Caro Woody, ma come fai a 84 anni (li compi a giorni, il primo dicembre) a scrivere e dirigere un film così libero, frizzante, pieno di emozioni e ironia? Sei unico e sei straordinario.
Tutto è facile nel tuo film, tutto scorre, tutti i tasselli della storia si incastrano alla perfezione in un meccanismo trascinante e che perfetto giovane protagonista hai trovato per specchiarti. Solo i mediocri si fermano, i migliori come te sanno essere spregiudicati, regalandoci un film in stato di grazia con sorprese che non si esauriscono mai.
Il giovanissimo alter ego di Woody Allen si chiama Gatsby, nome scelto senza nessun timore per i nobili ascendenti. Gatsby, proprio – e non per caso – come l’indimenticabile protagonista del romanzo di Francis Scott Fitzgerald, Gatsby, uomo bellissimo, colto, di inesauribile fascino ma anche con pericolosi segreti.
Nel film ha il viso snob e molto europeo di Timothée Chalamet e Woody Allen non avrebbe potuto compiere una scelta più felice. Già osannato protagonista di Chiamami col mio nome, nella vita vera fidanzato con Lily Rose Depp, figlia di Johnny Depp, ebreo per parte di madre e francese per parte di padre, concentra in sé tutto l’universo del regista e si muove anche come lui, vagamente impacciato, con abiti casual oversize che gli cadono addosso, come lui fa battute fulminanti, come lui si innamora e non si risparmia i pasticci. Come lui risorge, tenendo testa ai capovolgimenti più spiazzanti.
Ma torniamo al film. Gatsby è il rampollo di una famiglia molto Upper East Side, con due genitori che hanno fatto dell’eleganza e della cultura una ragione di vita e che non concepiscono una casa se non con vista su Central Park. Il ragazzo, disturbato da una famiglia così ingombrante, tira a campare in un college tranquillo, lontano da New York, si fa la sua cultura vera sui libri che si sceglie e non certo sui testi universitari, conosce la storia, la poesia, il cinema può affrontare qualunque argomento nel modo giusto, come si addice a chi ha la stoffa del genio.
La sua fidanzatina si chiama Ashleigh, una biondina caruccia che viene dall’Arizona e non ha nulla dello snobismo wasp di chi vive a Manhattan, perché in provincia non si è smaliziati ma ingenui (o almeno questo lo pensa chi è nato e cresciuto all’ombra dei grattacieli di New York).
Ashleigh scrive sul giornalino del college e quando le chiedono di andare a Manhattan per intervistare un famoso regista, Gatsby ne approfitta per organizzare un week end romantico e mostrarle la sua amata città. I soldi non gli mancano: ha un immenso talento e molta fortuna a poker e quindi può spendere “soldi non veri” perché sono solo vincite.
Ma i suoi programmi vanno a monte, perché Ashleigh si perde, al seguito del suo famoso regista, inghiottita in un mondo più grande di lei. Così a Gatsby non resta che girovagare per la sua vecchia città e Woody Allen sceglie accuratamente solo gli angoli rimasti intatti dagli anni Settanta, evitando i mostri di cristallo e acciaio e tutte le recenti riqualificazioni: la New York che filma è la stessa dei suoi film degli anni Settanta e Ottanta.
Flaneur metropolitano, Gatsby cammina sotto la pioggia, incrociando vecchi amici e vecchie amiche, in un girotondo sentimentale lieve lieve dove anche le escort hanno gli occhioni sgranati di Biancaneve. New York sotto la pioggia è magica come Parigi a mezzanotte, i forti diventando deboli, le ragazzine ciniche rivelano un cuore di burro e forse anche le madri più perfette così perfette non lo sono. Come in un sogno non di mezza estate ma di un inverno piovoso, Gatsby e Ashleigh si lasceranno andare alle loro emozioni. Più junghiano che freudiano, un capolavoro dove, in ogni personaggio, come in un sono, scoviamo un lato di Woody Allen.
Un portento di intelligenza e ironia diventato film. Devo forse dirvelo che è imperdibile?
Scritto e diretto da Woody Allen
Con Timothée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Jude Law, Diego Luna, Liez Schreiber
Nelle sale dal 28 novembre