Huma ha 14 anni è pachistana e cristiana come Asia Bibi costretta alla conversione all’Islam e al matrimonio con uno dei suoi rapitori.
Huma Younus è talmente bella da sembrare un ragazzo perché ha negli occhi la franchezza e l’ innocenza da ragazzo tipica di quei popoli.
Forse per quel tratto d’indolente grazia, per una saggezza meditativa che viene da lontano, e non conosce tempo. È una totalità; nobile e modesta.
Ha quattordici anni, l’età delle scelte. In alcune parti di mondo, è adulta. Ma mantiene una schiettezza a senso unico, davanti alla quale il passo deve fermarsi e restare in meditazione.
Huma è pachistana e cristiana, come Asia Bibi. Come lei, povera tra i poveri, perché i cristiani in Pakistan sono pochi, reietti e sottoposti a ogni genere d’angherie.
Due mesi fa è stata sequestrata, costretta alla conversione all’Islam e al matrimonio con uno dei suoi rapitori. Il quale ha pure accusato sia la famiglia, sia l’avvocata di quest’ultima, Tabassum Yousaf, di blasfemia: reato che comporta la pena di morte, e di cui spessissimo fanno le spese le minoranze religiose.
La vicenda di Huma non è purtroppo isolata: si stima che ogni anno un migliaio di ragazze indù e, appunto, cristiane subiscano la stessa sorte. Ma ogni caso è unico, e quello di Huma ha un pathos particolare. Rivela una storia di donne, di sorellanza tenace. Una storia di fede. Una storia orientale.
Una storia di fierezza, anche. Le poche fotografie rese pubbliche non trasmettono l’immagine d’una ragazza perseguitata. Huma non si crogiolava nel vittimismo, benché ne avesse tutte le ragioni. Viveva nella speranza del futuro, in una gioventù vasta e passionalmente sventata.
Il suo cristianesimo è adesione incondizionata, ragionamento del cuore. Appartiene all’Asia da cui è stato strappato. Di estraneo ha soltanto la vocazione originaria: l’esclusione, il rifiuto dei violenti e dei prevaricatori. Ma anche la forza della tenerezza.
Per Huma, come in precedenza per Asia Bibi, non si odono voci di attivisti occidentali.
Peccato, sarebbe così bella!… La sua immagine, però, non si presta a esotismi artificiosi. Ne sovverte i luoghi comuni. Ricorda che il cristianesimo non è Occidente, non è colonialismo, non è potere. Non è nemmeno patriarcato: lo sguardo di Huma Younas non ha nulla di sottomesso. Brilla della tranquilla serietà di chi si sente amata. È la creatura in cui Dio si compiace perché è “cosa molto buona” (Genesi 1). Completa in sé, prima che complementare all’altro. Completa in quanto donna. Resa donna dalla sua fede.
È questo che non riusciamo a sopportare.
Non tolleriamo che nel nome del Dio cristiano qualcuno, soprattutto se donna, invochi libertà e dignità.
Per questo, con vergogna, domandiamo perdono a Huma e a tutte le donne d’Oriente vittime del nostro razzismo; promettiamo che non le esilieremo più dai nostri pensieri; che con loro, per loro e per noi, ricominceremo a lottare, piangere, amare.
© Daniela Tuscano
Qui di seguito l’appello per Huma: https://acs-italia.org/wp-content/uploads/Lettera-aperta-Huma-.pdf?utm_source=phplist1708&utm_medium=email&utm_content=HTML&utm_campaign=HUMA+COME+ASIA+BIBI.++LETTERA+APERTA+DI+AIUTO+ALLA+CHIESA+CHE+SOFFRE+A+11+INFLUENTI+DONNE+ITALIANE+AFFINCH%C3%88+SI+BATTANO+PER+LA+RAGAZZA+CRISTIANA+RAPITA+E+COSTRETTA+A+CONVERTIRSI+IN+PAKISTAN