Si esce dall’ ultimo film di Ozpeteck col cuore che batte forte.
Non credo sia l’amore incondizionato per Ferzan Ozpeteck, Serra Yilmaz o Edoardo Leo a farmi scrivere che “La Dea Fortuna “ e’ uno dei piu’ bei film visti ultimamente, e certamente uno dei piu’ belli anche di Ozpeteck.
Si, perche’ anche l’amore piu’ incondizionato alla fine sceglie e razionalmente si ferma a volte.
“La Dea Fortuna” e’ assolutamente e decisamente bellissimo. R ecensione molto semplice dato che difficilmente si possono rendere appieno la corposita’ della poesia e la quantita’ di bellezza che questa opera possiede.
Per particolari di luoghi mostrati che sono cammei, gesti delicati, sguardi, parole, testi,e la musica ,la musica stupenda dei pezzi di Mina e Fossati che avvolge e racchiude tutto il film come fosse una perla in una stupenda conchiglia.
Si esce da “La Dea Fortuna “ con la consapevolezza che il cuore batte, che la mente puo’ darci la possibilita’ di migliorare di scegliere cosa fare o non fare della nostra vita, che gli sguardi sono importanti, i gesti sono importanti,
i sentimenti ,poi, fondamentali. E inoltre,stavolta, nel parterre delle icone classiche di Ferzan Ozpeteck arriva Edoardo Leo.
Edoardo Leo che penseresti improbabile in un film cosi, non so perche’ ma improbabile.
Ed invece e’ semplicemente meraviglioso, credibile , congruente come lo e’ sempre nella sua capacita” di essere vero ovunque ,anche ora,in questa opera e con Ozpeteck nella parte del compagno di uno Stefano Accorsi,che sia pur bravissimo anche lui stavolta arriva addirittura a sembrare la sua spalla.
Edoardo come Alessandro, parte di una coppia che potrebbe essere qualunque conosciamo con una relazione da anni. Storia fatta di abitudine , di momenti che la farebbero sembrare al capolinea e nella quale invece, con il guizzo della emozione e della ritrovata sincerita’ , si ritrovano motivi nuovi per lo stare insieme e continuare ancora.
Come e’ e come dovrebbe essere. Insomma, dobbiamo ringraziare Ozpeteck per questa meraviglia che ci ha regalato. Per questa dose di infinita di Bellezza , di invito e possibilita’ a ritrovarci nelle storie che racconta.
Apparentemente normali e straordinarie come solo la Vita sa essere quando supera ogni fantasia.
“Come fai a tenere per sempre con te qualcuno a cui vuoi molto bene? “ dice la bambina interprete del film .
“ Devi guardarlo fisso, prendi la sua immagine, chiudi di scatto gli occhi, li tieni ben chiusi. E lui ti scende fino al cuore e da quel momento quella persona sarà per sempre con te”
Ecco, scegliere chi e cosa far scendere in fondo al nostro cuore questo ci ricorda Ferzan Ozpeteck.
Come la R girata all’incontrario nel titolo,come a dirci che neanche poi la Dea Fortuna e’ perfetta.Che siamo noi a farla, perfettibile ed umana se solo ci fermiamo a pensare cosa sia davvero meglio per noi.Senza paura di cambiare,senza il timore di essere feriti,di farci scoprire vulnerabili.
Scegliere.
Che poi infatti , alla fine, la nostra Dea Fortuna siamo e possiamo esserlo noi stessi se solo lo vogliamo.
Basta guardare negli occhi e scegliere chi e cosa far arrivare al cuore.
Per rinnovare cio’ che crediamo ormai , per noi, ineluttabile e scontato.
Buon Natale davvero allora.
Anche per rinascere.
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di Patrizia Rautiis – Ancora un film di Ferzan Ozpetek i cui veri protagonisti sono i Sentimenti…anzi i “buoni sentimenti”, poco di moda in questo nostro tempo, a torto bollati come stucchevole politically correct.
Amicizia e Amore sono il filo della vicenda, prima l’una poi l’altro, con il loro inevitabile carico di difficoltà, contraddizioni, conflittualità, perché -sembra ripeterci il regista – non si creda che Amicizia e Amore siano due strade semplici semplici che si percorrono in volata, senza dover anche affrontare le curve in salita e la cima dello Stelvio.
Temi antichissimi che il regista ripropone in salsa post-modern, corale, poetica, tipicamente ozptekiana! Il timbro del regista è marchiato su ogni scena, ma questa sua riconoscibilità risulta gradevole agli amanti, come me, del grande cineasta turco-italiano.
Come in altri suoi film, la vicenda è tutta giocata attorno alla coppia Stefano Accorsi-Edoardo Leo (Arturo e Mario), che si muovono dentro un quadro di figure diverse. I due convivono da 15 anni e scontano ora la stanchezza di un amore un po’ provato dal tempo, dalle abitudini, dallo scolorire della passione. La richiesta di aiuto di un’amica di Mario, che affida loro i suoi due amati bambini perché costretta ad allontanarsene per ragioni di salute, sconvolge le abitudini della coppia e ne fa emergere la crisi. Attorno a loro però amicizia e solidarietà di un mondo che, non essendo quello dei ‘wasp’ (del wasp nostrano traducibile in ‘bianco-borghese-cattolico’!) , ed anzi forse proprio perché non lo è, appare più versato per natura ad accogliere e a prestarsi.
Didascalicamente Ozptek ci mette dentro il transgender, il malato mentale, la ragazza nera, la sua cara Serra Yilmaz, personaggio irrinunciabile non solo perché è un po’ il suo portafortuna, ma soprattutto per la sua impossibile catalogazione in uno specifico tipo socio-sessuale.
E poi ci sono i due bambini come i soggetti più deboli della catena dei socialmente deboli. La debolezza dei bambini è quella di chi non può scegliere, può solo subire le scelte altrui. Non in questo mondo variegato però! e, tutto sommato, ancora marginale rispetto ai luoghi del Potere. Qui, nelle ‘diversità’, i sentimenti di inclusione sono più forti, più istintivi: si coltivano per sopravvivere. I bambini poi non sanno discriminare, la loro naturalezza nel guardare come naturale l’amore omosessuale è credibile e convincente. I due piccoli stanno bene con Mario, Arturo e il loro mondo, si affezionano loro, smentendo tutte le teorie sulla presunta indispensabilità della famiglia tradizionale, senza che mai nel film ciò appaia artefatto. Ozpetek sa rendere cioè credibile l’idea che la famiglia è davvero solo il luogo dove ci si vuole bene! …dove il collante più forte rimane l’Amicizia, con il suo carico di affetti e solidarietà: la condivisione di una pizza comprata sotto casa, danzare tutti insieme sotto la pioggia che rinfranca, cucinare per qualcuno o, come capita ad Arturo e Mario, prendersi cura dei due bimbi rimasti senza la mamma.
Si dirà pure che è tutto troppo scontato nell’Italia del 2020! Ma non credo sia così!
C’è ancora molto da costruire su questo terreno, in cui spesso trascuriamo il ruolo di un’educazione sentimentale che è totalmente assente nei luoghi della crescita e della formazione. Ai buoni sentimenti occorre essere educati, come sapevano bene i nostri nonni che non a caso ci raccontavano solo storie edificanti, di grandi e piccoli eroi, perché i buoni sentimenti non sono un letterario orpello sociale, ne’ l’espressione di un buonismo funzionale al politicamente corretto, ma piuttosto, in senso lato, la ‘capacita di accogliere’ , un cemento indispensabile al recupero di una convivenza civile accettabile, che non di rado vediamo sfumare dietro un individualismo bieco e volgare anche nel linguaggio.
A Ferzan Ozpetek il merito di mettere ogni tanto un tassello in questo accidentato percorso, con tono asciutto e poetico al contempo, come solo un grande regista può fare.