Perché non si riesce a contrastare efficacemente il dilagante fenomeno del bullismo tra i giovani?
Le ragioni sociali, economiche, culturali e il problema di fondo, di cui si parla poco o nulla.
In questi ultimi anni si è cercato di porre un argine al fenomeno in costante crescita del bullismo, inteso come comportamento prepotente e aggressivo perpetrato da una o più persone in danno di chi venga percepito come diverso (incapace di reagire, appartenente ad una minoranza, molto educato e rispettoso delle regole) e dunque identificato come vittima ideale.
Gli sforzi dei legislatori, delle istituzioni scolastiche e degli enti preposti che hanno promosso campagne di prevenzione e progetti di intervento mirato, non hanno dato i risultati sperati, se si considera che sarebbe vittima di bullismo un ragazzo su due nella fascia d’età 11-17 anni (dati Istat 2014).
Non parliamo poi di ciò che accade sui social che, nati per facilitare la comunicazione, sono diventati la grancassa di derisione, insulti, cattiverie, diffamazione, stalking (flaming, arrassement, denigration, impersonation, outing and trickery, exclusion, happy slapping, cyberstalking). Anche in questo caso i dati sono preoccupanti, constatando che l’87,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni è stato vittima di cyberstalking, percentuale che arriva al 91,2% nella fascia d’età 25-34 anni (dal Rapporto Italia 2017 dell’Eurispes).
E poiché le parole sono molto importanti, puntualmente vengono seguite a ruota dai fatti che si sostanziano in episodi di angherie efferate verso persone inermi, come i senzatetto e/o i disabili.
Paradigmatici in tal senso i due casi registrati a Manduria nell’ultimo anno, dei quali uno, particolarmente raccapricciante, ha causato la morte della povera vittima dopo un lungo calvario di vessazioni subite nel disinteresse generale.
Perché tutto questo? Cosa sta succedendo ai nostri ragazzi? Da dove nasce un tale grado di disagio e di indifferenza sociale?
Alla situazione, piuttosto complessa, concorrono a mio avviso una molteplicità di fattori.
In Italia ormai avere figli è diventato un lusso, per la crisi economica endemica in cui il Paese versa, la disoccupazione, il precariato, la grave insufficienza di servizi a supporto alle famiglie e quindi i piccoli che nascono sono gli unici, incensati figli di nuclei familiari fragili che si disgregano, spesso dopo pochi anni, perché non reggono le sfide esistenziali e affettivo – relazionali che la realtà gli pone davanti.
Gli stili educativi sono per lo più improntati all’iperprotezione o alla delega abbandonica o ancora al permissivismo ai limiti dell’anomia, facilitando così lo strutturarsi di personalità dipendenti e narcisistiche, che costituiscono le due facce della medaglia del bullismo: vittime e carnefici.
Da più parti si è identificato come meccanismo cardine del fenomeno bullistico la scomparsa della figura genitoriale autorevole, così importante nel traghettare il bambino verso il mondo, dandogli regole, contenimento, aiutandolo a distinguere il bene dal male, a gestire la frustrazione di un no, a procrastinare il soddisfacimento di un desiderio, a incanalare costruttivamente la rabbia; in poche parole, a diventare un adulto equilibrato.
Accade così che, già dalla preadolescenza, il ragazzo trascurato o iperprotetto cerchi conferme, sostegno e punti di riferimento nel gruppo dei pari che troppo spesso viene a costituire un branco al riparo del quale sfogare la propria frustrazione in danno di chi è più debole o diverso, magari solo perché più bravo a scuola ed educato.
La globalizzazione inoltre mira all’omologazione per rendere i ragazzi consumatori passivi ed è chiaro come in un contesto simile proliferi l’intolleranza verso chi non si uniforma che viene fatto oggetto di derisione, squalifica ed esclusione sociale.
Dirimente infine, sui tempi che stiamo vivendo connotati dalla supremazia del digitale e dallo smarrimento del più elementare senso di umanità, è il parere del grande sociologo Zygmunt Bauman: “Le immagini ci hanno assuefatto alla sofferenza degli altri, così abbiamo perso il senso di responsabilità dell’altro vivendo in una bolla che dall’altro ci separa. Viviamo nell’epoca dell’omologazione dell’indifferenza”.
Tuttavia c’è un bullismo di cui non si parla abbastanza e che costituisce la pietra angolare ed al contempo il più potente meccanismo di persistenza del problema: quello tra adulti, una vera piaga sociale che si configura come più grave di quello tra ragazzi, perché gli autori sono perfettamente consapevoli dei danni che arrecano alla vittima e dei rischi legali che corrono, dunque spesso lo esercitano in forma aggressivo-passiva mostrandosi fintamente gentili con l’obiettivo da abbattere, mentre gli scavano attorno un fossato di maldicenza e di isolamento. Ma anche le forme di prepotenza diretta sono molto diffuse (bullismo fisico, di ruolo, verbale) e se è pur vero che si esercitano prevalentemente in contesti di socializzazione formale da cui non si può uscire facilmente (uffici, caserme, scuole e così via), cominciano a dilagare anche nei luoghi di aggregazione e svago che stanno diventando i nuovi palcoscenici delle dinamiche predatorie ed aggressive dei bulli adulti.
Perché accade? Spesso per lo stesso motivo dei ragazzi, perché ci troviamo di fronte a persone la cui modalità tipica di entrare in relazione con gli altri è la prevaricazione, con scarsa autostima, intolleranti alla frustrazione e con una vita evidentemente insoddisfacente dove spesso sono loro a dover subire umiliazioni da chi è ancora più prepotente, o ad annaspare nell’indifferenza generale.
Pertanto è quasi inevitabile che, in una società in crisi e con poche prospettive come la nostra, dominata dalla necessità di apparire, dei bambini invecchiati senza essere passati per l’età adulta cerchino di imporsi con ogni mezzo e calpestando gli altri, per ottenere un riconoscimento sostitutivo di quello reale che ben sanno di non poter conquistare per gradevolezza, capacità o merito.
Ad un clima così sulfureo concorre l’eclissi dell’autorevolezza e della responsabilità che sta diventando la “peste” del mondo adulto: troppo spesso, a partire dalle istituzioni scolastiche, passando per gli uffici e terminando nelle associazioni di svago, chi coordina e/o gestisce le attività tende a non intervenire in caso di conflitto concorrendo a creare dinamiche “a fossa dei leoni” e una entropia culturale che provocano o l’inevitabile esplosione del gruppo che ospita i bulli o la formazione di un nucleo criminale (evoluzione della banda giovanile) che, di fronte a chiunque lo contrasti, mette in atto condotte antisociali (intimidazioni, minacce ecc.).
Quanto detto chiarisce perché sia importante considerare il bullismo tra gli adulti al fine di comprendere ciò che accade, nel gruppo dei pari, ai nostri ragazzi.
Ci si dovrebbe domandare infatti, visto che la prima e più efficace forma di educazione è l’esempio, cosa possano trasmettere dei genitori che sgomitano per far sì che il figlio venga fatto giocare dall’allenatore e si picchiano sugli spalti a fine partita oppure si offendono vicendevolmente nelle chat scolastiche passando successivamente ai fatti, testimoni i bambini.
Che tipo di interazioni avrà con i più deboli un adolescente il cui padre sessantenne, tanto di fretta, infastidito dal rimprovero di una povera anziana che a momenti investe sulle strisce, la inonda di parolacce?
Che idea si faranno di bene, di male, di rispetto verso gli altri i figli e i nipoti della signora di una certa età che posta contenuti misogeni, omofobi e xenofobi arricchiti da una violenza verbale da annichilimento?
Che considerazione avrà delle coetanee il ragazzo il cui padre ha l’abitudine di “gestire” qualunque controversia con le donne ricorrendo ad insulti sessisti?
Come facciamo ad insegnare ai nostri bambini a non diventare gregari e spettatori dei bulli, quando gli adulti di fronte a comportamenti inaccettabili declinano ogni responsabilità e omertosamente girano la testa dall’altra parte?
L’uscita dal tunnel, una possibilità di redenzione per questa nostra società che sta perdendo il senno, ce la indicano sovente proprio i disprezzati diversi, i cosiddetti disabili.
Come non emozionarsi infatti per la bellezza e profondità della frase di Charles Evans Hughes “Quando perdiamo il diritto di essere differenti perdiamo il privilegio di essere liberi” dipinta sulla sedia donata al Presidente Mattarella da una Associazione di disabili?
E come non restare colpiti dalla vivacità, dalla curiosità senza riserva alcuna da parte di persone sordocieche che ho avuto il privilegio di accompagnare (in collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi) ad una visita interculturale in un quartiere multietnico di Roma? Come non essere toccati nell’anima dalla loro disponibilità a sperimentare percorsi tattili, gustativi e infine persino a partecipare a una mini classe di Bioenergetica che avevo studiato per loro, fidandosi, affidandosi, affrontando la doppia limitazione sensoriale con una gioia di esserci e di stare insieme contagiosa e commovente?
Il bullismo è l’espressione della sconfitta di una società in disfacimento che produce frustrazione, conflitto ma soprattutto stupidità: come si spiega diversamente la cecità strategica del prepotente il cui comportamento è come quello di chi versa del veleno nella pentola dalla quale si servirà il pasto? O l’indifferenza colpevole, opportunista e irresponsabile di chi ancora non ha capito, come dice una celebre canzone, che “tanto prima o poi gli altri siamo noi”?
Non abdichiamo al nostro compito di consegnare un mondo migliore alle generazioni future: combattiamo ciascuno nel proprio piccolo per creare una comunità più giusta dove a prevalere siano sentimenti di rispetto, equità, accoglienza, fraternità e amore.
Anche se i nostri tempi appaiono bui, come dice Kahil Gibran: Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta.
Alexia Di Filippo -Psicologa, Psicoterapeuta – Psicologa dello Sviluppo ed Educazione dal 1997 (laurea con lode) Psicoterapeuta specialista in Self Analisi Bioenergetica e Psicologia Clinica Strategica Conduttrice diplomata di classi di esercizi bioenergetici. Consulente per la Asl RM D in Progetti di Promozione della Salute e Prevenzione del disagio Psichico che hanno interessato centinaia di adolescenti delle Scuole superiori del Distretto.Coordinatrice di Progetti di Prevenzione del rischio ambientale che hanno coinvolto migliaia di bambini, ragazzi e personale docente di scuole elementari e medie del Comune di Roma Docente in corsi sul controllo dei rischi ambientali rivolti ad educatori di asili nido Docente di Educazione stradale in corsi per alunni di scuola superiore. Autrice di articoli per la Rivista della Protezione Civile DPC informa. Consulente di équipe bariatrica per la valutazione ed il trattamento dei disturbi alimentari Ideatrice e Docente dei metodi registrati Bioenergetidanza e Bioenergetitango scelto dalla giornata dello stile di vita 2019. Autrice dell’Articolo inerente il metodo Bioenergetitango sulla Rivista Psicoclinica. Organizzatrice di Eventi benefici per la promozione del benessere psicocorporeo La sua professionalità viene spesso richiesta per approfondimenti in trasmissioni radiofoniche. Svolge la libera Professione di Psicoterapeuta.
3 commenti
Gentile dott.ssa Alexia Di Filippo,
ancora una volta un’analisi efficace, veritiera, sul mondo che ci circonda…. Soprattutto l’inciso sul mondo degli adulti!! Il bullismo non è solo adolescenza….. un grande applauso da tutti noi che La seguiamo. Attendiamo il prossimo articolo con grande curiosità!! Grazie, tutti i genitori dovrebbero leggere questo articolo. Se decidi di fare un figlio non è per un’abitudine culturale o ben altro (evito il lungo elenco), DEVE essere una grande responsabilità. Devi amarlo e ci deve essere una famiglia vera, una famiglia d’amore.
Mi scusi la crudezza delle mie parole
Gent.ma Gabriella,
la ringrazio per le parole di apprezzamento e condivido la sua analisi che non trovo affatto cruda ma franca e veritiera. Basti considerare che, solo nelle scorse ore, la cronaca ha registrato un nuovo gravissimo episodio di tortura a un uomo disabile da parte di 3 ragazzi a Corigliano Calabro. Il motivo? Cercavano un modo per “divertirsi” …
Se “il sonno della ragione genera mostri”, corriamo il rischio che l’inazione educativa e la vile indifferenza di tanti ci circondino di crudeltà inaudita.
Un caro saluto
grazie ancora dott.ssa Di Filippo, la sua professionalità mi conforta, sto facendo girare i suoi articoli, non escludo che qualcuno la contatterà per un supporto concreto. Un caro saluto anche a Lei.