IL RAPPER CHE SPACCIA LA VIOLENZA PER ARTE : JUNIOR CALLY, SIMBOLO DELL’ INCOERENZA CIVICA DI UN PAESE CHE NON SA PIÙ RICONOSCERE LA DIFFERENZA TRA I CONTENUTI E Il VUOTO. ANCHE A SAN SANREMO
Non è vero che tutto è arte e non è vero che con la scusa di fare arte si è liberi di dire e fare tutto. Questo è il paravento di chi non ha nulla di valido da dire o da fare. La violenza delle parole è semplice da attuare, sopperisce alla nullità dei contenuti, ovvero è il contenuto dei violenti, di gente che avrebbe bisogno di terapie psichiatriche, non di ottenere risonanza alle proprie fantasie deviate di violenza sulle donne. L’ apologia di reato resta un crimine non cammuffabile dietro un malinteso e distorto concetto di arte. La libertá di espressione non può abbracciare e propugnare la violenza, tanto meno se ne può far garante la Rai, che é e resta servizio pubblico, pagato dai contribuenti ed espressione di uno Stato che é e resta, se ne ricordi o meno, garante del rispetto delle leggi. La scusa che il testo inquisibile sia del 2017, non sottrae nulla alla sua perversione; che sia stato fatto di peggio, come si schermisce il rapper Cally, indegno riferimento di un pubblico adolescente che diseduca, a dispetto delle sue dichiarazioni, con testi misogini e violenti, attualmente nel mirino delle polemiche, è il solito paravento di chi, sapendo benissimo di aver poco da dire, e di dirlo pure male, cerca di nascondersi giusto dietro qualche altra débacle precedente, prendendola a pretesto di una legittimazione da sdoganamento della tipologia.
E allora vediamo quale potrebbe essere ” il peggio” già presentato in precedenti edizioni di Sanremo di cui parlerebbe questo “vate dello stupro”.
A mia memoria, in tempi decisamente meno prosaici, nel 1988 a Sanremo, un classico come “Perdere l’amore”di Massimo Ranieri , canzone vincitrice, non sfigurava, ne’ per testo ne’ per qualità compositiva, tanto che regge benissimo a sfide decennali, a dimostrazione di essere ben al di là degli steccati del ” perbenismo Sanremese” invocato quale demone da abbattere, e “ Le notti di Maggio” della Mannoia, o ” Andamento lento ” di Tullio de Piscopo, certamente non erano canzonette; tuttavia spiccò per cattivo gusto “Alzati la gonna“, della Steve Rogers band (la cui partecipazione sanremese mi riesce di spiegare solo con l’ intervento di san Vasco – Rossi – al quadro, vista la satellitarità della band al rocker, non nuovo a testi parimenti allusivi ma un filo più eleganti), che esibiva un testo approssimativo e grossolano, incentrato su una curiosità godereccia e ottusa, dove almeno si sottintendeva una consenziente e magari appena riottosa, partner, di supposti livelli ormonali pari all’ improvvisato “ginecologo”.
Altri tempi , quelli, eh mister Cally? Che poi, con questo bel cognome d’arte, e queste tematiche ” profonde” , il sospetto che i “Cally” sìano sopravvenuti per l’ impegno profuso nell’ argomento, ci sta tutto.
Più che un cognome, un manifesto… programmatico. Ma proseguiamo.
In tempi più recenti Sanremo – senza chiedersi quanto fosse etico, altra caduta di rispetto della Pubblica Funzione – ha sdoganato il consumo di droga con il pezzo sull’ ecstasy dell’ altro rapper , Achille Lauro, di vette dubbie e per nulla pedagogiche. Una balordata che poteva restare nel garage di casa sua. Dove si può capire che vigono “ottime” abitudini.
In veritá non era edificante neppure il pezzo di Mamhood, ” Soldi”, ma almeno un velo di polemica morale era più intravisibile, la critica ad un malvezzo materialistico non c’ era da inventarsela.
Dunque, codesto peggio, portato a Sanremo, quale sarebbe, oltre questo? In realtà il peggio è già lì , a vista, esibito da Cally con stolida protervia, tatuato su un personaggio in cerca d’autore, che con tracotanza becera porta l’esibizione di un sottobosco da Suburbia, relegabile tra gli interventi della Celere e quelli degli assistenti sociali.
Poichè la kermesse Sanremese è spesso accusata di presentare stereotipi perbenisti, sovente da chi deve far polemica per avere qualcosa da dire quando il pezzo portato é risibile, si dovrebbero capire due cose, facili facili: Sanremo non é un teatrino nel cortiletto di casa ma un prodotto commerciale in eurovisione, distribuito via satellite per le comunitá italiane nel mondo, è un biglietto da visita dell’ italian style, come il resto del mondo considera la nostra immagine. E questa immagine ha un valore commerciale, é un patrimonio da difendere, un prodotto e una garanzia di uno stile di vita che va difeso. Non per ipocrisia ma perchè corrisponde alla volontà tutta italiana,di saper vivere in modo equilibrato a dispetto delle spinte autolesioniste di disadattati o provocatori.
Peraltro, laddove il messaggio sia considerato dal suo propugnatore così importante da avere dignità di denuncia sociale e velleitá artistica, più che la canzone, e il palco, sanremese, per coerenza, consiglierei la strada, le forme di comunicazione come le dirette su you tube, e una forma di impegno sociale che vada ben oltre i “cally”, per la cui “pratica” il rapper non può pretendere la pubblica approvazione o interesse.
A conclusione dirò che purtroppo non escludo vi sia, dietro tutto questo, la volontà di fare scalpore e audience creando caso e personaggio. Raschiare il fondo del barile quando ci sono poche idee, implica la necessitá di sventolare bassezze e stereotipi, che in genere riguardano sempre le donne. E quindi il caso di specie. Sui piatti della bilancia sanremese sono stati perciò gettate le donne, sia come begli esemplari di mammiferi, null’ da esposizione, sia come sottintesi oggetti di onanismi mentali istiganti reati contro la persona.
Una direzione artistica discutibile, che innalza lo stendardo della violenza di genere sottintesa e soppesata, ululando ai bassi istinti e promuovendo un cretinismo culturale incivile e intollerabile.
Ma una Rai che sostenga queste linee di comportamento mediatico é inqualificabile, inaccettabile nella veste di tv di Stato, altamente reprensibile.
Va ricordato che stare pubblicamente a viso del tutto coperto, é reato, a meno di non essere in presenza di testimoni di giustizia, legalmente protetti dalle cautele legislative sulla protezione della identitá dei testimoni.
Non sembra che Cally rientri in questa veste, perciò non si possono ravvisare gli estremi giustificanti le foto del direttore artistico di Sanremo 2020, nonché suo presentatore, Amadeus, accanto al rapper versione Hannibal Lechter. In tutto questo, io esigo, come donna e come italiana, attenendomi e appellandomi al minimo costituzionalmente garantito, che la dignità della persona non sia mortificata e vilipesa oltre, attraverso umilazioni di genere, e che il Servizio Pubblico espletato dalla Rai smetta una volta per tutte
di ricorrere a mezzucci commerciali svilendo la sua principale funzione educativa, dalla quale non può in alcun modo ritenersi sollevata.
La consapevolezza di una responsabilità etica ed educativa della tv di Stato non può e non deve più essere disattesa. In nessun momento e per nessun motivo.
Non ce lo si può più permettere.