Ogni film dichiari nei titoli di testa, la quantità di donne e di uomini che ci hanno lavorato”: proposta fantastica, che appoggiamo con entusiasmo. Ed estendiamo ad altre forme d’arte: mostre, programmi televisivi, dischi, concerti…
Nel mondo del cinema si parla sempre di più di pari opportunità fra uomini e donne. Risultato notevole, ottenuto grazie alla chitzpah di tante attrici, fra cui la meravigliosa Natalie Portman, sul red carpet con nomi di registe ricamati sul soprabito Dior: Scafaria, Wang, Diop, Heller, Matsoukas, Har’el, Sciamma… li prendiamo dal sito della rivista Elle nell’intelligente articolo di Giulia Pacella.
Ci è piaciuta molto la proposta di Alberto Cresci su Repubblica una settimana fa: “Ogni film dichiari nei titoli di testa, la quantità di donne e di uomini che ci hanno lavorato”: proposta fantastica, che appoggiamo con entusiasmo. Ed estendiamo ad altre forme d’arte: mostre, programmi televisivi, dischi, concerti…
Dobbiamo aprire gli occhi sul numero di donne e di uomini che ricoprono alcuni ruoli nella nostra società e comprendere che, se ci sono ancora oggi squilibri, è per motivi culturali, di modelli, di abitudini e costumi che possono essere cambiate/i. Abbiamo apprezzato l’articolo, ma non le argomentazioni riferite al mondo dello sport. Perchè portano a pensare che sia questione di chi valga di più. E no, non è così. Non è una competizione. Ed è proprio questo il vizio di fondo, il presupposto, l’implicito del tutto errato: non si tratta di una gara, di ricercare chi sia più bravo/brava, ma di applicarsi con intelligenza per dare a tutte e a tutti le stesse possibilità.