Le malattie che hanno invaso aree considerate lontane come la Cina ed altro non ci hanno mai fatto riflettere abbastanza sul fatto che la terra è tonda e che le barriere, i mari ed i monti non possono fermare tutto, e che ci vuole un’azione comune e globale per sconfiggerle.
Le nuove tecnologie ed i viaggi esplorativi, di lavoro, di studio, commerciali, culturali, turistici etc. ci hanno abituato e fatto credere che anche se si è geograficamente lontani, si possa essere mentalmente vicini.
Le guerre esplose in tutto il mondo colpiscono alcune aree del nostro emisfero ma ne lasciano altre a ” guardare in poltrona”. I migranti che corrono fuori dalle aree belligeranti sono spesso visti come espressione di mondi dove manca la democrazia e dove invece impera il totalitarismo.
Anche le malattie che hanno invaso aree considerate lontane come la Cina ed altro non ci hanno mai fatto riflettere abbastanza sul fatto che la terra è tonda e che le barriere, i mari ed i monti non possono fermare tutto, specie se si tratta di un microrganismo piccolo come un virus che tutto può ed a tutto può sfuggire. Ed è facile che da un’epidemia influenzale si possa passare ad una pandemia globale. Ma che differenza esiste tra un’epidemia e la pandemia?
La OMS recalcitra quando deve passare da definire l’attuate Covid19 una pandemia. Si sta espandendo in molti paesi anche se partita dalla Cina.
Molte nazioni in cui è presentato il virus stanno accelerando per riuscire a studiare e produrre un vaccino efficace.
Per diventare una pandemia ci vuole ancora molto. Il termine si applicherebbe solo a malattie o condizioni patologiche contagiose. Di conseguenza, alcune delle patologie che colpiscono aree molto grandi o l’intero pianeta non sono da considerarsi pandemiche. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le condizioni affinché si possa verificare una vera e propria pandemia sono tre:
– la comparsa di un nuovo agente patogeno;
– la capacità di tale agente di colpire gli uomini;
– la capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.
Vi sono state diverse critiche a questa definizione, essendo venuta a mancare la specifica di gravità, pertanto anche virus con bassissimi indici di conseguenze gravi possono essere inclusi nella definizione di pandemia.
Tuttavia è necessario specificare che ciò chi sta avvenendo accade in un’epoca globale in cui le persone raramente nascono e muoiono nello stesso pese in cui sono nati.
Ed è la paura che oggi vogliamo sconfiggere perchè questo virus non provoca morte tra le persone ”in buono stato di salute” ma ansietà e diffidenze spesso poco giustificate perchè il recupero in molti casi clinici ed il contenimento possibili quindi lasciamo lavorare gli scienziati ed i medici e non viviamo nella diffidenza dell’altro.
Come spiega l’Internazionale https://www.internazionale.it/notizie/debora-mackenzie/2020/02/27/oms-pandemia-coronavirus ”Usare la parola pandemia oggi non descrive accuratamente la situazione, ma può sicuramente provocare paura” nella gente e sui mercati da cui la gente dipende .
Di epidemie divenute pandemie nella storia ve ne sono state tante come riportato qui sotto: (fonte Wikipedia)
La maggior parte delle pandemie furono zoonosi, ovvero originate dalla convivenza degli esseri umani con animali da allevamento; due esempi tipici sono l’influenza e la tubercolosi. Fra le pandemie più catastrofiche si possono annoverare:
Febbre tifoide durante la guerra del Peloponneso, 430 a.C. La febbre tifoide uccise un quarto delle truppe di Atene ed un quarto della popolazione, nel giro di quattro anni. Questa malattia fiaccò la resistenza di Atene, ma la grande virulenza della malattia ha impedito un’ulteriore espansione, in quanto uccideva i suoi ospiti così velocemente da impedire la dispersione del bacillo. La causa esatta di questa epidemia non fu mai conosciuta. Nel gennaio 2006 alcuni ricercatori della Università di Atene hanno ritrovato, nei denti provenienti da una fossa comune sotto la città, presenza di tracce del batterio.
Peste antonina, 165-180. Un’epidemia presumibilmente di vaiolo, portata dalle truppe di ritorno dalle province del Vicino Oriente, uccise cinque milioni di persone. Fra il 251 e il 266 si ebbe il picco di una seconda pandemia dello stesso virus; pare che a Roma in quel periodo morissero 5.000 persone al giorno.
Morbo di Giustiniano, a partire dal 541; fu la prima pandemia nota di peste bubbonica. Partendo dall’Egitto giunse fino a Costantinopoli; secondo lo storico bizantino Procopio, morirono quasi la metà degli abitanti della città, a un ritmo di 10.000 vittime al giorno. La pandemia si estese nei territori circostanti, uccidendo complessivamente un quarto degli abitanti delle regioni del Mar Mediterraneo orientale.
La Peste nera, a partire dal 1300; ottocento anni dopo la strage di Costantinopoli, la peste bubbonica fece il suo ritorno dall’Asia in Europa. Raggiunse l’Europa occidentale nel 1348 e fu causata dall’assedio tartaro alla colonia genovese di Caffa (l’odierna Feodosia) nel 1346 e successivamente portata in Sicilia dai mercanti italiani provenienti dalla Crimea, diffondendosi in tutta Europa e uccidendo venti milioni di persone in sei anni (un terzo della popolazione totale del continente).
Pandemie di colera:
1816-1826: precedentemente confinata all’India, la malattia si diffuse dal Bengala fino alla Cina e al Mar Caspio;
1829-1851: toccò l’Europa (Londra nel 1832), Canada, e Stati Uniti (costa del Pacifico);
1852-1860: principalmente diffusa in Russia, fece più di un milione di morti;
1863-1875: diffusa principalmente in Europa e Africa;
1899-1923: ebbe poco effetto sull’Europa grazie anche ai progressi nella salute pubblica; la Russia ne fu di nuovo colpita duramente;
1960-1966: l’epidemia chiamata El Tor colpì l’Indonesia, raggiunse il Bangladesh nel 1963, l’India nel 1964, e l’Unione Sovietica nel 1966.
L’influenza spagnola, 1918-1919. Iniziò nell’agosto del 1918 in tre diversi luoghi: Brest, in Francia; Boston, nel Massachusetts; e Freetown in Sierra Leone. Si trattava di un ceppo di influenza particolarmente violenta e letale. La malattia si diffuse in tutto il mondo, uccidendo 25 milioni di persone (secondo alcuni di più)[altri numeri nella voce relativa] in 6 mesi (circa 17 milioni in India, 500.000 negli Stati Uniti e 200.000 nel Regno Unito). Sparì dopo 18 mesi. Il ceppo esatto non fu mai determinato con precisione.[senza fonte]
L’influenza asiatica, 1957-1958. Rilevata per la prima volta in Cina nel febbraio del 1957, raggiunse gli Stati Uniti nel giugno dello stesso anno, facendo circa 70.000 morti. Il ceppo era lo H2N2.
L’influenza di Hong Kong, 1968-1969. Il ceppo H3N2, emerso a Hong Kong nel 1968, raggiunse nello stesso anno gli Stati Uniti e fece 34000 vittime. Un virus H3N2 è ancora oggi in circolazione.
L’epidemia di HIV/AIDS, dal 1981. Si propagò in maniera esponenziale in tutti i paesi del mondo, uccidendo circa tre milioni di persone (stime UNAIDS). Dal 1996 una terapia farmacologica blocca il decorso della sindrome immunodepressiva (per lo meno in quei paesi in cui i malati possono accedere ai farmaci), ma non elimina il virus dai corpi degli individui; sebbene la malattia sia oggi cronicizzabile e raramente letale (nel mondo sviluppato), ne continua il contagio, legato a fattori comportamentali.
La SARS, 2003. Non una vera e propria pandemia anche se il virus, proveniente dalla Cina, si diffuse a Hong Kong e di lì fino a Taipei, Singapore, Toronto e molte altre nazioni.
L’influenza A H1N1, 2009-agosto 2010 Pandemia del Virus H1N1 denominata originariamente Influenza Suina perché trasmessa da questo animale all’uomo. Il suo focolaio iniziale ha avuto origine in Messico, estendendosi poi in soli 2 mesi a quasi 80 paesi. In Europa e paesi limitrofi, al 31-08-2009 i casi accertati sono 46.016 e le morti accertate sono 104. Nel resto del mondo i casi di morte accertati sono 2.910 finora[3]. Nel mese di agosto 2010 l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato chiusa la fase pandemica. Attualmente il virus H1N1 si comporta similmente ad altri virus stagionali (cd. Fase post-pandemica)[4].
Un altro agente patogeno che creò ricorrenti pandemie nella storia umana fu il tifo, chiamato anche “febbre da accampamento” o “febbre navale” perché tendeva a diffondersi con maggiore rapidità in situazioni di guerra o in ambienti come navi e prigioni. Emerso già ai tempi delle Crociate, colpì per la prima volta l’Europa nel 1489, in Spagna. Durante i combattimenti a Granada, gli eserciti cristiani persero 3.000 uomini in battaglia e 20.000 per l’epidemia. Sempre per via del tifo, nel 1528 i francesi persero 18.000 uomini in Italia; altre 30.000 persone caddero nel 1542 durante i combattimenti nei Balcani. La grande armée di Napoleone fu decimata dal tifo in Russia nel 1811. Il tifo fu anche la causa di morte per moltissimi reclusi dei campi di concentramento nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
L’incontro fra gli esploratori europei e le popolazioni indigene di altre zone del mondo spesso fu causa di epidemie e pandemie violentissime. Il vaiolo uccise metà della popolazione di Hispaniola nel 1518, e seminò il terrore in Messico intorno al 1520, uccidendo 150.000 persone (incluso l’imperatore) solo a Tenochtitlán; lo stesso morbo colpì violentemente il Perù nel decennio successivo. Il morbillo fece altri due milioni di vittime tra i nativi messicani nel XVII secolo. Ancora fra il 1848 e il 1849, circa un terzo della popolazione nativa delle isole Hawaii morì di morbillo, pertosse e influenza.
Moltissime sono anche le epidemie di cui restano testimonianze storiche ma delle quali è impossibile identificare l’eziologia. Un esempio particolarmente impressionante è quello della cosiddetta malattia del sudore che colpì l’Inghilterra nel XVI secolo; più temibile della stessa peste bubbonica, questa malattia aveva un decorso esiziale rapidissimo.