Gentile Maria Cristina,
ho letto questo articolo di Gabriele Romagnoli su La Repubblica ed ho pensato di citarlo perché racchiude molte esigenze e sentire di tutti o di molti…
La prima cosa bella di mercoledì 18 marzo 2020 è l’inventario di alcune cose perdute
che forse non si rimpiangono, ma certo ora ci fanno sentire sciocchi.
Ma tu ti ricordi quando il problema al supermercato era trovare i Nutella biscuits?
La teoria del caos (se una farfalla batte le ali a Pechino scatena un tornado in Texas) ti pareva una fesseria?
Due salti di spread e ballava il governo?
“Due lineette di febbre e quello ne approfitta per darsi malato”?
Quando c’era chi diceva che gli immigrati ci portano le malattie?
“Coprifuoco” significava tornare a casa entro la mezzanotte?
Sbuffavi perché “in tv ci sono soltanto repliche”?
Se appariva Conte cambiavi canale?7
Virus era il nome di un talk show condotto da Nicola Porro?
Ti ricordi il weekend? Quando pensavi: “chi è che va in ferie a marzo?”
Le discussioni su che fare a Pasqua?
“E per dove partirà adesso Di Battista”?
Le assemblee di condominio?
Quando il problema era il traffico?
Quando era tutta colpa di Wanda Nara?
Ti ricordi la coda al cinema per vedere Parasite?
E i No Vax?
L’elenco può continuare, ognuno può fare il proprio, purché non sia troppo lungo, in modo che le cose ricordate non vadano dimenticate, le cose perdute poi non vadano ricercate come se niente fosse successo, solo un attimo di smarrimento. Ma la cosa che più mi mancherà sarà abbracciare una persona o darle la mano senza paura di essere contagiata. Mi chiedo se e quando dopo quest’emergenza tornerò ad interagire come prima o la paura verrà ricordata dal mio corpo e dalla mente.
La paura di relazionarsi da vicino rimarrà nelle persone? Ed il primo bacio rimarrà come un tempo?
Grazi Cri
Caterina
Cara Caterina
Gli articoli di Romagnoli sono sempre pieni di spunti intelligenti e di osservazioni interessanti ed argute.
In questo caso l’elenco che citi raccoglie le ovvietà che hanno fatto parte fino a pochi giorni fa del parlare comune, di un parlare ozioso e poco impegnato su fronti di significato.
Al telefono un collega di Milano mi raccontava di non riuscire ad adattarsi a questo modello di comportamento privo di un termine temporale preciso e rassicurante. Questa vita scandita dalle giornate segnate da bollettini di guerra con vittime in crescita lo distrugge.
L’idea del “non c’è fine” lo terrorizza e non lo fa dormire, sente il bisogno di fare cose insignificanti e banali per scaricare la tensione, ma gli compaiono davanti le immagini di amici in rianimazione che tra l’altro non può nemmeno andare a consolare o anche solo a far sentire che lui c’è. E’ spaventato, preoccupato e soprattutto è rimasto senza risposte.
Sembra lontano anni luce il tempo della frivolezza, dell’incontro con l’altro a scopo puro dell’abbraccio, del sorriso e dell’empatia reciproca.
Il tempo in cui ci si raccontava che il treno era in ritardo o che non era riuscita a far colazione per gli impegni, uno dopo l’altro.
Abbiamo dovuto cambiare velocemente e totalmente il nostro modo di relazionarci con l’altro, ora spesso viviamo l’estraneo come una possibile fonte di contagio quindi stiamo distanti anche più del metro consigliato, siamo sfuggenti e dannatamente soli.
Nelle corsie del supermercato s’intravedono fuggire svelte le persone al solo apparire di qualcuno senza mascherina, le schiene s’inarcano all’indietro se qualcuno osa oltrepassare la prossemica consigliata dai virologi.
Abbiamo tutti paura, non conosciamo nulla o poco del Covid 19, sappiamo che è impietoso, super contagioso e dannatamente crudele con le persone fragili, giovani o anziane che siano, sappiamo che non ci sono abbastanza strutture di rianimazione se continua il contagio, se non stiamo tutti a casa, responsabilmente.
Dopo che succederà, probabilmente ci vorrà un periodo di decantazione per tornare alle vecchie care abitudini dell’abbraccio, della stretta di mano, noi latini a differenza di altre culture, ne sentiamo proprio la necessità, per essere vicini all’amico, al conoscente, per fargli capire che può contare su di noi.
Dovremmo riempire la nostra mente di fiducia,di affiatamento, di prossimità, dovremmo poter credere ancora negli altri, abbandonando la diffidenza covata in questi mesi e solo allora riusciremo a baciare nuovamente chi ci dona amore senza pensare se potrà essere o no un soggetto con o senza gli anticorpi del Coronavirus.
Buona giornata Caterina.
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MARIACRISTINA PASELLI – Collabora con Dol’s Magazine fin dall’apertura della testata, specializzata in Scienze d’Azienda, Psicologia del Lavoro e delle Risorse Umane, si occupa da molti anni di Alta Formazione all’Eccellenza, Aggiornamento e Preparazione di Manager ed Imprenditori alla Professionalità e all’ Evoluzione Valoriale accrescendo le Aziende nel Management, nella Gestione organizzativa, nel Coaching operativo, nella Leadership personale e nel Marketing strategico. Ha scritto numerosi libri ed articoli dedicati al genere femminile ed alle problematiche di coppia.