Il confinamento ha chiuso in casa molte donne con un partner abusante, in 11 casi con esiti fatali solo in Italia. Perché ci si coinvolge, spesso senza accorgersene, in una relazione “tossica”? Quali sono i primi campanelli di allarme che suggeriscono l’urgenza di interrompere un rapporto malato?
Un’analisi del tipico maltrattatore: un abile prestigiatore relazionale che dietro una maschera amabile nasconde il volto oscuro di uno spietato predatore.
Svariate sono state le testimonianze di disagio relazionale che ho ricevuto, prevalentemente da donne, durante il periodo di confinamento in casa a causa della pandemia da Covid-19.
Chi ha realizzato con maggiore consapevolezza e costernazione crescente di convivere assieme ad un partner maniaco del controllo ed ipercritico, chi ha dovuto gestire rabbia ingiustificata e mancanza di rispetto, chi ha scoperto dolorosi segreti della persona accanto che credeva molto diversa e chi infine ha visto letteralmente scomparire qualcuno con cui era legato in un momento cosí delicato che avrebbe dovuto avvicinare.
Sono situazioni, quelle rappresentate, da cui si evince che il maltrattatore tipico, il narcisista, complice la situazione, ha dato il meglio di sé rendendo sempre più avvelenate le relazioni nelle quali è coinvolto, le cosiddette “relazioni tossiche”.
E’ molto importante affrontare il tema di questi rapporti avvelenati, connotati da mancanza di empatia, sostegno reciproco, rispetto e coesione, ma soprattutto caratterizzati da una elevata conflittualità, dal sopruso di uno sull’altro e da una devastante dipendenza affettiva che si configura come una vera e propria tossicomania. Si è visto infatti che tale tipologia di legami costituisce la culla dei maltrattamenti intrafamiliari che colpiscono in misura prevalente, e purtroppo crescente, donne e bambini culminando talvolta in atti di violenza efferata fino al femminicidio.
Il protagonista negativo della relazione tossica, come abbiamo anticipato, è lui, il narcisista, che è affetto da un disturbo di personalità i cui elementi fondanti sono un senso grandioso di importanza, fantasie di successo fascino e bellezza illimitati, convinzione di essere speciale e unico, richiesta di eccessiva ammirazione e pretesa di trattamenti di favore, sfruttamento dei rapporti interpersonali per i propri scopi, mancanza di empatia, credenza di essere invidiato mentre invidia, nonché comportamenti arroganti e presuntuosi.
Il problema è che un disturbo che coinvolge la personalità influenza pervasivamente e stabilmente le percezioni e le reazioni di chi ne è affetto ed è egosintonico, ovvero non è percepito come un problema dalla persona che lo ha, in quanto è come se vi fosse intessuta ed è coerente con l’immagine e con la percezione che ha di sé anche se devìa marcatamente dalla cultura di appartenenza e dalle regole basilari del buon vivere civile.
Questo aspetto va opportunamente sottolineato per smontare la tragica illusione di molte vittime di superare con l’amore e la comprensione quanto è già molto complesso da trattare con l’intervento specialistico.
In genere il narcisista nell’immaginario collettivo è rappresentato dalla ridondante figura dell’istrione, ma ve ne è anche un tipo meno estroverso denominato covert o ipervigile, più difficile da individuare ma non meno negativo, non fosse altro che per il fatto di entrare in confidenza con la sua vittima indossando il suo habitus preferito che è quello del lupo travestito da agnello.
Menzione speciale va fatta per il tipo patologico sempre più comune, il cosiddetto narcisista maligno, praticamente la versione 2.0 del comune narcisista che condivide alcuni tratti con l’Antisociale e dunque si percepisce come onnipotente, al di sopra delle regole ed è in buona sostanza un mentitore fraudolento, sadico, crudele, senza rimorso e manipolatore alla massima potenza.
La vittima predestinata del narcisista è la personalità dipendente che è sensibile, fragile, empatica e teme sopra ogni cosa l’abbandono, per cui è perennemente alla ricerca di un grande amore cui affidarsi che la sostenga e le riempia la vita.
Tuttavia non è affatto infrequente che cadano nella rete di un manipolatore tossico anche persone normalmente assertive, autosufficienti, con una buona posizione lavorativa ma che però, come può capitare a ciascuno di noi, stanno vivendo un momento di fragilità e/o di crisi esistenziale e che rappresentano per lui una occasione ghiotta di puntare al bersaglio grosso ed avere la soddisfazione di maltrattare qualcuno cui normalmente non potrebbe neanche avvicinarsi.
Esistono dei segnali precoci di una relazione tossica? Assolutamente sì. Il narcisista ha come suo tallone d’Achille la prevedibilità e la rigidità del copione che segue, che rendono facilmente identificabile la dinamica che mette in atto come tossica.
All’inizio questo individuo è pieno di gentilezza, e soprattutto di interesse verso la persona che sta puntando, perché è in cerca del maggior numero di informazioni su di lei e sui suoi bisogni per poi, a stretto giro, circondarla con un vero e proprio bombardamento d’amore a base di tutto ciò che questa più ama fare, sentirsi dire etc. Quando poi è sicuro che il suo obiettivo abbia sviluppato una buona dipendenza affettiva, ecco che cominciano i maltrattamenti. Assenze, distrazioni, distacco si alternano alle prime velate disconferme e alle sottili svalutazioni.
Il partner, notando il cambiamento, all’inizio chiede spiegazioni e lamenta il proprio disagio. A questo punto il narcisista mette in atto i maltrattamenti più gravi, quali il silenzio punitivo, il gaslithing (negare la realtà facendo porre in discussione all’altro la propria percezione degli eventi), il ghosting (sparizione nel nulla) il crazy making (banalizzazione attraverso giochetti delle proprie responsabilità), lo screditamento del partner con gli altri e la minaccia di abbandono di fronte a qualunque protesta da parte della vittima che si fa sempre più confusa, con l’autostima in caduta libera e l’identità via via pericolosamente erosa, fino quasi alla incapacità di giudizio.
Alcune vittime di tali maltrattamenti si ribellano apertamente o lasciano l’abusante in modo più dimostrativo che convinto. L’indecisione è un errore che può essere fatale ed innescare l’escalation della violenza: per il narcisista, infatti, l’altro è una immagine nella sua mente, una cosa dunque, di cui lui può disporre e che può distruggere senza remore se qualcosa nel suo modo di essere o nel suo comportamento lo minacci interiormente o leda la sua immagine pubblica. Quindi, se ci si determina a lasciare il maltrattatore, che sia per sempre, senza farsi riportare indietro o condurre ad ultimi appuntamenti chiarificatori che sono quasi sempre teatro di una tragedia.
Ma anche in assenza di violenza fisica i danni psicologici di questi legàmi sono estremamente gravi: ho visto donne nella mia lunga esperienza professionale arrivare ad isolarsi da tutte le relazioni precedenti a quella abusante e risultarne a tal punto traumatizzate da non essere quasi più in grado di svolgere le normali azioni del quotidiano perché il partner non le faceva guidare, le riteneva incapaci di lavorare, di badare ai figli, di fare la spesa, svuotandole interiormente e facendole morire dentro.
Anche per i bambini e i ragazzi le conseguenze sono pesanti: oltre all’esempio di infelicità familiare subìto, hanno alte probabilità di ripetere lo schema disfunzionale nel quale sono stati coinvolti, o nel ruolo di vittima o identificandosi col carnefice, quando non restano soli a causa del femminicidio della madre, perdendo entrambi i genitori.
Se durante il confinamento avete subìto anche solo alcuni dei comportamenti che ho descritto, sappiate che avete a che fare con un abile prestigiatore che ha simulato in un primo momento un amore per voi che non esiste, semplicemente perché il narcisista non sa amare. E’ questa la sua dannazione.
Ed è per lo stesso motivo che ricava piacere nel distruggere chi gli sta accanto, perché ne invidia profondamente l’umanità, ne odia gli entusiasmi, giacché lui non prova niente. In realtà, dietro quella maschera accecante che gli permette di ottenere consenso sociale, di contornarsi di un carrozzone di persone compiacenti da lui messe le une contro le altre e che utilizza come le scimmie volanti del Mago di Oz per fare il lavoro sporco, si nasconde un predatore relazionale, un vampiro energetico pronto a spogliare la sua vittima di ciò che ha di più prezioso: più spesso l’identità, a volte la vita.
A quanti/e di voi riconoscono di essere coinvolti/e in una relazione tossica dico che, se in prima battuta sentite di non riuscire a porre fine al legame, la prima cosa da fare è smettere di lottare pensando di cambiare la situazione o il partner, perché sarà come agitarsi nelle sabbie mobili ottenendo di sprofondarvi sempre di più. E’ vitale piuttosto dare la minore attenzione possibile al maltrattatore e occuparsi di sé, al fine di ritrovare i propri spazi, anche minimi come tornare a frequentare gli amici e i familiari da cui senz’altro siete stati allontanati.
Non cedete alla tentazione del conflitto perché per il narcisista è un nutrimento, comunicate con lui con la maggiore povertà espressiva che riuscite ad improvvisare nella speranza che si stanchi di voi e rivolga altrove la sua venefica attenzione.
Chiedete aiuto ad uno Psicoterapeuta esperto in queste dinamiche. Quando finalmente lo lascerete, con la determinazione di non avere più alcun tipo di contatto diretto o indiretto con lui, ne avrete bisogno perché il narcisista torna sempre per completare l’opera e servirà tutto l’aiuto specialistico che il professionista potrà darvi per non ricadere nelle sue spire e neutralizzarne l’azione.
Se già subite violenza fisica e/o vi sentite in pericolo chiedete subito aiuto al 1522, fatelo per voi stesse, per i vostri bambini, per chi vi è caro e anche perché il sacrificio di tutte le donne morte per mano omicida, 11 soltanto durante la quarantena, non sia stato vano.
Questo articolo, con affetto, lo dedico a tutte le vittime del femminicidio ed in particolare a Susy, Marisa, Alessandra, Maria Angela, Viviana, Gina, Lorena, Rossella, Bruna, Barbara e Larisa uccise durante il confinamento, onorandone la memoria con questo proverbio sudamericano: “Pensavano di averci seppellito, ma non sapevano che noi eravamo semi”.
Alexia Di Filippo – Psicologa, Psicoterapeuta – Psicologa dello Sviluppo ed Educazione dal 1997 (laurea con lode) Psicoterapeuta specialista in Self Analisi Bioenergetica e Psicologia Clinica Strategica Conduttrice diplomata di classi di esercizi bioenergetici. Consulente per la Asl RM D in Progetti di Promozione della Salute e Prevenzione del disagio Psichico che hanno interessato centinaia di adolescenti delle Scuole superiori del Distretto.Coordinatrice di Progetti di Prevenzione del rischio ambientale che hanno coinvolto migliaia di bambini, ragazzi e personale docente di scuole elementari e medie del Comune di Roma Docente in corsi sul controllo dei rischi ambientali rivolti ad educatori di asili nido Docente di Educazione stradale in corsi per alunni di scuola superiore. Autrice di articoli per la Rivista della Protezione Civile DPC informa. Consulente di équipe bariatrica per la valutazione ed il trattamento dei disturbi alimentari Ideatrice e Docente dei metodi registrati Bioenergetidanza e Bioenergetitango scelto dalla giornata dello stile di vita 2019. Autrice dell’Articolo inerente il metodo Bioenergetitango sulla Rivista Psicoclinica. Organizzatrice di Eventi benefici per la promozione del benessere psicocorporeo La sua professionalità viene spesso richiesta per approfondimenti in trasmissioni radiofoniche. Svolge la libera Professione di Psicoterapeuta.
2 commenti
Gent.ma Dott.ssa Alexia Di Filippo, sono sempre alla ricerca di suoi articoli e questa volta mi ha fatto venire dei brividi incontrollabili…. come ha saputo essere precisa sia nell’esteriorità che nell’intimo del Narcisista, delle sue varianti, del suo comportamento “criminale”.
Lei – da illustre psicologa e psicoterapeuta – è riuscita a farmi visualizzare questo distruttore in modo perfetto! Il pensiero va a tutte quelle donne che non hanno avuto la forza di “urlare” il loro dolore…… grazie, sempre grazie della Sua preziosa presenza, della Sua immensa preparazione professionale e della Sua grande Umanità, sentita in ogni Sua parola espressa. Tutta la nostra comunità di danza La segue!! Mi permetto di inviarLe un affettuoso saluto.
Gentilissima Gabriella… non trovo parole sufficienti per ringraziarla dei pensieri bellissimi che ha rivolto alla mia persona e al mio operato. Le sono grata dell’attenzione che mi riserva assieme alla comunità di danzatori di cui si occupa, in quanto so che per Lei la prevenzione della violenza sulle donne è un tema centrale per cui si spende in molti modi, tutti importanti.
È fondamentale diffondere la più corretta informazione per creare una cultura del rispetto della donna che contempli la valorizzazione del contributo unico ed insostituibile di cura, attenzione, perizia professionale e creatività che dona alla collettività. Grazie ancora a Lei dunque, un abbraccio.