Non possiamo vanificare il lavoro ed il sacrificio di chi ha fatto e continua a fare Antimafia seriamente con coraggio e dignità
Il 23 Maggio di 28 anni fa “ la strage di Capaci” ha segnato per sempre le nostre coscienze. Quel giorno 1000 chili di tritolo misero fine alle vite di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Dopo qualche mese fu la volta di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Walter Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina.
Le persone oneste reagirono, si indignarono.
Ventotto lunghi anni e la mafia è ancora presente, più forte e arrogante di prima. Non uccide più.
I mafiosi si sono evoluti, messi da parte tritolo e mitra hanno indossato gli abiti migliori: camicie bianche inamidate e gemelli d’oro. Si sono insediati ovunque.
Così, tirati a lucido, pochi pupari hanno iniziato a muovere le fila di migliaia di pupi per avvelenare le nostre terre, le nostre Istituzioni, le nostre economie: da sud a nord.
In questo squallido teatrino tanti spettatori ingenui continuano ad applaudire e altri, con opportunismo vorace, tentano di salire sul palco.
I pupari hanno osato ancor di più: si sono infiltrati nell’antimafia, hanno confezionato slogan, inscenato proteste, gridato ai quattro venti le parole legalità e giustizia continuando ad agire indisturbati nei loro affari criminosi. Il caso Montante docet.
Quest’anno non ci saranno manifestazioni, cortei e slogan e forse questo silenzio ci farà bene. Abbiamo bisogno di riflettere, di capire, di cercare la verità.
Pupi e pupari si muovono tra noi, si annidano nei palazzi del potere, nelle Istituzioni, negli organi di stampa.
Sarà difficile individuarli tutti.
Ma ognuno/a di noi deve continuare a dare il proprio contributo e ad essere più accorto/a nei confronti dei falsi paladini della giustizia e della legalità.
Non sarà facile ma è necessario.
Non possiamo vanificare il lavoro ed il sacrificio di chi ha fatto e continua a fare Antimafia seriamente con coraggio e dignità, oltre che nei luoghi istituzionalmente preposti anche nelle scuole di ogni ordine e grado, nei mezzi di comunicazioni, sulle pagine di un libro o di un giornale. Così, senza clamore, senza applausi o riconoscimenti, nella routine quotidiana di una legalità per tanti e tante non solo doverosa ma semplicemente ovvia.