Lavorare da casa su base volontaria, senza discriminazioni di formazione, informazione, retribuzione e carriera, per periodi più o meno lunghi, credo sia il futuro del lavoro.
di Sabrina Cicin Marzetti
E mo’ basta!
Sono una strenua difenditrice dello SW ante covid. Poter lavorare da casa su base volontaria, senza discriminazioni di formazione, informazione, retribuzione e carriera, per periodi più o meno lunghi, credo sia il futuro del lavoro.
La tecnologia lo consente, adesso necessita l’adeguamento della filosofia e della normativa del lavoro. Lo trovo un modo utile per conciliare la vita di uomini e donne, single o con famiglia, ma soprattutto ecologicamente compatibile con le esigenze ambientali, di riduzione delle emissioni di co2, di impatto sugli spazi adibiti a uffici e sui consumi per mantenerli. Non trascurabile il contenimento sull’uso dei mezzi pubblici, sull’assetto viario e sul traffico, al collasso nelle megalopoli. La pandemia ha imposto un radicale cambiamento e accelerazione di questi processi.
Lockdown, tutti a casa, anche gli scettici. Ma non ha significato “vacanza“, come i restauratori del vecchio regime del controllo fisico vogliono far passare. E titolare “tornare a lavorare” o “per i dipendenti pubblici è vacanza” o “la pacchia è finita” lo trovo ingiurioso per i milioni di lavoratori e lavoratrici che hanno continuato a fare il proprio dovere con impegno e dedizione e senso civico verso il Paese, nonostante le difficoltà pratiche e psicologiche. (Per info: oltre a pontificare, hanno letto che nel periodo di lockdown è aumentata la produttività e quasi azzerato l’assenteismo???)
Lavorare per obiettivi (del singolo e del team cui è addetto) impone una valutazione della prestazione e l’utilizzo ottimale della risorsa, ben oltre i criteri fisici del cartellino: responsabilizza il/la lavoratore/trice e impone il ruolo di gestore delle risorse al datore di lavoro. Ben differente e complesso rispetto a fare lo sceriffo. Difficile e impegnativo adeguarsi…
Sulla Pubblica Amministrazione, poi, la moda di sparare a zero non è mai passata.
Più che sull’attività del pubblico impiego, mi porrei la domanda: a che punto è la digitalizzazione della PA? Perchè nel 2020 la PA non è ancora dotata di infrastruttura informatica sufficiente a garantire lo smart working in sicurezza? Lo Stato non si è mai fermato: ove, per ragioni di sicurezza, per tipologia di lavoro o per carenza strutturale, non sia stato possibile garantire il lockdown, si è lavorato in split team per assicurare la continuità operativa. Questi liberi pensatori dalla penna facile (spesso retribuiti con lauti incarichi) avrebbero preferito restare in presenza per le logiche distorte del controllo a scapito della salute pubblica? Non è bastato lo scempio della Lombardia? Oltre guadagnarsi l’onore delle prime pagine con titoli sensazionalistici, vorrei sapere cosa abbiano fatto loro per il Paese, oltre a fomentare un odio civile di guerra tra poveri…Questa è stata una emergenza mondiale, pensabile solo nei racconti di fantascienza, continuare con queste iniezioni di veleno, non veritiere, che fomentano sentimenti divisivi non credo porti a nulla, se non al livore da rivalsa e lo trovo offensivo per chi continua a prestare servizio, in modalità differente, ma con diligenza e assiduità. Che chiedano scusa a chi ha permesso che la pandemia sanitaria non si trasformasse in paralisi del Paese.
Sabrina Cicin – Laureata in Scienze Politiche. Consulente fiscale con Master in Diritto Tributario Internazionale. Giornalista pubblicista. Dirigente sindacale, responsabile del Coordinamento Donne e Inclusione. Ha approfondito le tematiche relative alla cultura di genere con un Master in Gender’s Studies e il Corso Donne, Politiche ed Istituzioni. I suoi interessi sono focalizzati sul linguaggio e la toponomastica.