Intervista a Eva Degl’ Innocenti manager del Museo Archeologico Nazionale MARTA di Taranto.
Si è molto parlato, negli ultimi anni del ruolo della donna nel mondo dell’arte e di come le posizioni ai vertici del settore siano state spesso di monopolio maschile. Ma il vento sta cambiando anche nei musei ed oggi la situazione pare finalmente mutata grazie a donne che sono riuscite a mettere davanti ai possibili ostacoli creati dalla disparità in un ambito nel quale queste possono esplicitare la propria professionalità. Tra le donne direttrici di importanti realtà museali in Italia abbiamo scelte d’intervistare Eva Degl’ Innocenti manager (e non solo direttrice) del Museo Archeologico Nazionale MARTA di Taranto.
Scelta insieme agli altri 19 nuovi dirigenti museali dal Ministero per i Beni culturali, Eva Degl’Innocenti può vantare un interessante curriculum. Infatti dopo una laurea, conseguita a Pisa, in Conservazione dei Beni Culturali, con indirizzo archeologico, e di una Specializzazione in Archeologia Eva ha conseguito il dottorato di ricerca europeo presso l’Università degli studi di Siena in Storia, archeologia e archivi del Medioevo e nel 2013 ha diretto il Servizio dei beni culturali e del museo Coriosolis della Comunità dei Comuni Plancoët Plèlan in Bretagna. Dal 1995 al 2008 ha condotto scavi archeologici in Italia e in Tunisia ed è autrice di numerose pubblicazioni, oltre ad aver insegnato in diverse università italiane e francesi.
L’abbiamo intervistata per capire come stia attuando il cambiamento di un museo che pur trovandosi nello sperone d’Italia ha accolto moltissimi visitatori da tutto il mondo
Come è arrivata a questo incarico prestigioso?
Attraverso i miei studi universitari e attraverso la mia formazione di laurea e post-lauream, durante il dottorato, ho frequentato corsi di archeologia classica, anche di levatura internazionale. Tra l’altro nei miei scavi, ad esempio in Tunisia, abbiamo trovato una città anche romana, mentre ho partecipato a scavi anche a Roma, quindi ho come esperienza anche quella dell’archeologia classica. Poi in Francia, dove ho deciso di trasferirmi perchè mi dava più possibilità professionali, ho diretto un museo del territorio in cui l’archeologia gallo-romana è l’elemento più importante e me ne occupo ormai da cinque anni. E da lì è partita la mia carriera che mi ha portato ad una svolta quando dopo aver vinto un concorso, sono tornata Italia per dirigere il MARTA a Taranto.
Come si trova una toscana dove la cultura e l’arte fa da padronain in Puglia e soprattutto cosa avvicina o differenzia le culture di queste due regioni?
Ho molti amici pugliesi ed un forte legame con queste terre. Queste due regioni che sembrano così differenti in realtà hanno in comune la stretta connessione tra cultura e paesaggio che può sembrare di primo acchito non così evidente ma invece lo è. Nonostante le differenze peculiari ci sono delle fortissime interazioni tra il paesaggio fisico e quello culturale.
Il museo archeologico di Taranto, affollato di tante bellissime ed interessantissime opere ma spesso precluso ai più è cambiato da quando è stato ristrutturato ed è diventato un museo a livello europeo. Cosa cambia da essere direttrice di un museo ad esserne invece la dirigente?
Il direttore deve saper valorizzare il museo applicando una vera e propria strategia di marketing museale. Quindi avere competenze di tipo manageriale e una capacità di gestione non soltanto delle risorse umane, ma del museo come struttura e come sistema, anche economico, per far sì che il museo diventi un volano di sviluppo economico e turistico del territorio. In Italia purtroppo manca questo approccio manageriali nei musei pubblici.
Cosa intende per strategia di marketing museale?
La necessità di unire elementi legati alla fruizione di un museo, specie quando è pubblico e dunque è necessario assicurare la divulgazione e una democrazia culturale, ad un’accessibilità per un pubblico sempre più ampio. E’ necessario rendere comprensibile, interessante e fruibile quello che si vuole comunicare. Non tutti i visitatori sono archeologi:)
Inoltre un museo ha anche come principio quello di poter creare dei ricavi e non solo delle spese, deve quindi diventare un elemento di sviluppo territoriale ed economico. E quindi deve ricavare dall partecipazione al museo, seppure pubblico, dei ricavi.
Ecco perché un manager deve assicurare una gestione finanziaria e fare anche delle scelte di marketing, privilegiando alcune azioni rispetto ad altre.
Per fare questo è necessario evidentemente una conoscenza approfondita anche delle tecniche di marketing, quindi ad esempio capire il pubblico di un museo e riuscire a conquistare il non-pubblico, che è una categoria importante in una strategia di marketing. Non-pubblico può essere ad esempio anche la popolazione locale, gli abitanti di una città.
Valorizzazione e tutela fanno invece parte di un tutt’uno, sono un elemento unico basato due aspetti fondamentali: conoscenza e ricerca. Se l’aspetto scientifico non è garantito, non si può parlare neanche di marketing. Inotre intendo creare una task force di ricercatori e di specialisti anche dei singoli materiali e dei singoli contesti che permettano di avere un avanzamento negli studi e un aggiornamento scientifico delle varie classi di materiali e dei vari contesti. Questo è un approccio molto archeologico, perché nell’archeologia oggi ci sono i vari specialisti e non c’è più un unico archeologo che sa tutto, ma si circonda dei professionisti e delle figure giuste per le varie tematiche e problematiche. Questo come in molte altre professioni…
Inoltre vorrei aprire e consolidare un rapporto diretto con le Università, soprattutto pugliesi, e quindi riuscire ad avere degli stagisti che permettano un aggiornamento scientifico dei materiali.
Le esperienze all’estero le sono state d’aiuto?
Certo. La mia esperienza francese me lo dimostra. In Francia non si è avuta difficoltà a capire che cultura e mangerialità non sono in contrasto tra loro, ma sono elementi che devono assolutamente unirsi in un connubio per assicurare una buona gestione di una struttura museale. Comr è stato per esempio col Louvre.
E i musei italiani sembrano essere rimasti indietro quanto a tecnologia e innovazione. Quali novità pensa di introdurre a Taranto?
In un museo come quello di Taranto si potrebbero introdurre progetti di interattività, quindi utilizzare nuove tecnologie come gli schermi tattili, che permetterebbero di acquisire un altro pubblico molto importante come quello dei portatori di handicap, che spesso è completamente sconosciuto ai musei italiani e che invece è un pubblico molto attento e consistente. E’ un pubblico molto esigente, che trovando una struttura in grado di accoglierlo in modo adeguato, con un’offerta culturale soddisfacente, può creare itinerari turistici che generano poi sviluppo territoriale anche al di là del museo.
Altro elemento importante può essere l’idea di creare percorsi per smartphone. Ci sono app interessantissime che si possono semplicemente scaricare e rendere accessibili a tutti, permettendo una buona pubblicità per il museo, dato che il visitatore può prepararsi alla visita già da casa e poi scegliere tra le opere che preferisce una volta giunto nella struttura.
Inoltre attraverso questo strumento si potrebbe anche coinvolgere il territorio, dato che grazie alle tecnologie mobili si può arrivare a creare dei veri e propri itinerari culturali, che comprendano non solo il museo ma anche il suo territorio. Nel caso di Taranto, ad esempio, si potrebbero includere tutti i siti archeologici a cui i singoli reperti sono legati o un percorso attraverso l’intera città.
Inoltre possono essere proposte ricostruzioni 3D, che in archeologia sono fondamentali perché il pubblico ha difficoltà – come del resto gli stessi archeologici – a immaginare come fossero le strutture, conservate solo in parte. Dunque un approccio che potenzia la conoscenza anche visiva e permette al grande pubblico di capire quelle strutture architettoniche che altrimenti avrebbe difficoltà ad immaginare.
Il museo archeologico non deve essere solo un luogo dove si conserva il patrimonio culturale del nostro passato, ma deve essere in primis un centro di educazione e ricerca, quindi accessibile a tutti e la sua funzione educativa deve essere il fulcro stesso del suo valore.
Il visitatore non è un cliente ma un visitatore e quindi deve essere al centro del museo che frequenta. Ed aver compreso questo è molto importante anche se l’Italia che ha una grande esperienza e professionalità sulla conswervazione, è arrivata tardi al concetto che il museo deve essere un centro pedagogico ed educativo e deve e può essere uno strumento di crescita economica e culturale col territtorio in cui si trova.