Incontro-non incontro con una conoscenza sul web
di Max Bonfanti
Che non abbia mai avuto una gran fiducia per gli incontri nati su internet è risaputo e quando, casualmente, iniziai un carteggio con una certa Francy, certamente un nickname, nulla faceva presagire che un giorno avrei desiderato incontrarla. Furono sufficienti due mesi di fitta corrispondenza perché il desiderio di conoscerla di persona si facesse sì forte da indurmi, andando contro a quanto avevo fino ad allora predicato, a chiederle di incontrarci. Lei desiderò una mia foto ed io, dopo averne vagliate un cospicuo numero, le mandai quella che ritenevo fosse non tanto la più bella quanto la più accattivante, quella che forse meglio di ogni altra ritenevo potesse esprimere la mia caratteristica principale, la simpatia.
Anch’io le chiesi una foto, ma dopo che ricevette la mia, disse di non averne trovata nemmeno una che la rappresentasse appieno e così il giorno che decidemmo di incontrarci l’unico segno per riconoscerci ero io: mi avrebbe riconosciuto lei, in fondo per me sarebbe potuta essere anche una bella sorpresa, almeno lo speravo nel mio intimo.
Decidemmo di incontrarci martedì a Venezia, raggiungibile per entrambi senza dover cambiare treno, tra Milano e Trieste, la sua città.
L’appuntamento era per le undici davanti al binario numero uno, avremmo avuto a disposizione quasi un’intera giornata. Un’ultima mail di conferma la sera prima e il mattino seguente, alle sette ero già davanti al treno che dopo un quarto d’ora sarebbe partito per portarmi da lei. Più volte le avevo chiesto il suo numero di telefono, ma solo dopo reiterate mie insistenze mi diede il numero di un cellulare da usare però solo in casi eccezionali, diceva di nutrire una forte idiosincrasia per il telefono, soprattutto per i cellulari. Non stetti troppo ad indagare sul perché e presi nota.
Salii su una carrozza, una di quelle ancora con gli scompartimenti e mi fermai davanti ad uno ancora vuoto, entrai, mi sedetti pensando a Francy; in fondo non avevo neppure idea di che aspetto potesse avere, sapevo solo che tutto quanto ci eravamo scritti metteva in luce una grandissima affinità tra noi. Poco dopo entrò una signora con un bambino di cinque o sei anni che da lì a poco si sarebbe palesato pestifero e a breve distanza un’altra donna che, molto gentilmente, chiese se si poteva accomodare. Le feci un cenno di assenso e si accomodò di fianco a me, visto che il bambino si era sdraiato e la mamma aveva occupato un altro posto con una grossa borsa. Se si fosse presentato un altro compagno di viaggio probabilmente qualcuno avrebbe avuto qualcosa da obiettare. Alle sette e un quarto comunque il treno partì in orario senza complicazioni.
Nonostante i capricci del moccioso, mai redarguito dalla madre, che fortunatamente scese a Brescia, il viaggio si dimostrò estremamente gradevole grazie soprattutto alla giovane donna che si era seduta accanto a me. Parlammo per tutto il tragitto, un po’ di tutto, le raccontai il motivo del mio viaggio e lei, Sonia, mi disse che oggi era il suo giorno libero per cui aveva deciso di fare una gita a Venezia, città che non aveva mai visitato. Mi trovai talmente a mio agio a conversare con lei da non accorgermi neppure dei viaggiatori che si alternavano nel nostro scompartimento e il tempo passò così in fretta che alle dieci e cinquantuno il treno si fermò, puntualissimo, a Venezia santa Lucia senza che mi accorgessi di essere arrivato, quasi dispiaciuto.
– Beh, siamo arrivati, ho trascorso tre ore in piacevolissima compagnia, ti ringrazio e…chissà.
– Anche per me è stato molto piacevole, ti faccio tanti auguri per l’incontro di oggi e…chissà.
La vidi allontanarsi lentamente, si voltò un paio di volte verso di me per un ultimo saluto e solo allora mi accorsi che era leggermente claudicante.
Poco prima delle undici ero fermo al binario uno in attesa di Francy, con una certa ansia mi guardavo attorno in cerca di uno sguardo, un gesto che propendesse per la sua presenza. Alle undici e dieci nessuno si era presentato per cui mi informai sul suo treno che, come il mio sarebbe dovuto arrivare alle undici meno dieci. Anche il suo treno era giunto in orario. La chiamai più volte al telefono, questo era un caso eccezionale, ma risultava sempre non raggiungibile. Rimasi lì ancora un po’, incerto sul da farsi, aspettare il prossimo treno da Trieste mi sembrava assurdo, sarebbe giunto non prima di due ore e in quel caso mi avrebbe senz’altro avvisato. Non seppi più cosa pensare nonostante l’idea del bidone iniziasse a farsi strada.
Ormai ero lì e tornare indietro non mi andava, decisi così di rimanere a Venezia. Ogni cinque minuti provavo a chiamarla ma il risultato era sempre lo stesso. Una volta uscito dalla stazione vidi Sonia seduta su una panchina che guardava una cartina della città.
– Sonia!
– Fabio! Cosa fai qui? Solo? Dov’è Francy?
– Non so più cosa pensare, non si è presentata all’appuntamento.
Pareva stupita anche lei, cercava di consolarmi adducendo le motivazioni più disparate, ma ormai ero sempre più convinto che mi avesse fatto un bidone sebbene non riuscissi a farmene una ragione.
– Cosa intendi fare? Mi chiese Sonia
– Non ne ho la minima idea, tu cosa faresti?
– Non lo so, però visto che ormai sei qui, se vuoi unirti a me, possiamo visitare Venezia insieme. Che ne dici?
– Penso che la tua idea sia buona, non vorrei però che pensassi che vengo con te solo perché non è venuta Francy, cioè, sì vengo con te perché non è venuta, ma quello che voglio dire è che…è con grande piacere che mi unisco a te, voglio che tu sappia che non lo devi considerare un ripiego nonostante lo sembri…
“Non c’è bisogno che ti giustifichi” mi disse con un sorriso.
– Senti, Sonia io vengo con te, ma non offenderti se ogni tanto provo a chiamarla al telefono, mi sembra così strano che si sia comportata così che davvero mi lascia incredulo.
– Non pensarci, è comprensibile che ti preoccupi.
– Grazie, non so proprio come ringraziarti.
Un altro smagliante sorriso fu la sua risposta.
Intorno alle tredici decidemmo per un ristorantino dietro piazza san Marco e ci accomodammo. Intanto che Sonia si era assentata per andare in bagno provai nuovamente a chiamare Francy, mi seccava telefonare di fronte a lei nonostante non avesse nulla in contrario. Questa volta dall’altra parte qualcuno rispose, e anche se non avevo mai sentito la sua voce, quella non poteva certamente essere la sua; era una voce maschile, sulle prime pensai di aver sbagliato numero, ma poi dovetti arrendermi all’evidenza. Quell’uomo diceva di essere il marito di Francy, che aveva scoperto la tresca e aveva letto tutte le nostre mail. Nonostante gli assicurai che non c’era nessuna tresca e di non essere mai stato al corrente che Francy avesse un marito, questi tagliò corto aggiungendo che oltre ad un marito aveva anche due bambini e di non cercarla più. Rimasi esterrefatto, non sapevo assolutamente che fosse sposata, né tanto meno che avesse due figli, piccoli; mi pareva tutto assurdo. Quando Sonia tornò dal bagno non riuscii a nasconderle l’accaduto e le raccontai tutto. Parlammo ancora un po’ di Francy ma poi sembrandomi troppo indelicato continuare quel discorso, decisi di non pensarci più, almeno per quel giorno, e di godermi la giornata insieme a lei che in fatto di buona compagnia non era certamente seconda a nessuna.
Pur trovandomi con la persona più affabile e carina che avessi mai potuto incontrare non potevo fare a meno di pensare a Francy e a certi piccoli particolari che, sommati, cominciavano ad avere un certo peso. Perché non mi aveva fatto avere una sua foto? E quella sua strana avversione per il telefono? Non so, ma qualcosa mi diceva che ci fosse una certa premeditazione in questa storia, premeditazione che però non sapevo ancora spiegare.
– Fabio, Fabio
– Sì, Sonia
– Mi sembri pensieroso, c’è qualcosa che non va o stai ancora pensando a lei?
-No, no il pranzo è eccellente, è solo che mi sono venute in mente alcuni piccoli fatti che potrebbero avere una certa rilevanza.
Non potei fare a meno di metterla al corrente delle mie ultime congetture e lei si dimostrò d’accordo con me nel ritenere che qualcosa di strano in realtà ci fosse.
Terminammo il pranzo che meritava i complimenti per lo chef e quella fu l’ultima volta che pensai a lei, decisi di godermi la compagnia della persona che il caso volle generosamente offrirmi. Anche Sonia si accorse che avevo smesso di pensarci e mi accorsi che apprezzò questa mia decisione. La giornata trascorse meravigliosamente.
Poco prima delle diciannove eravamo seduti, stanchi, ma visibilmente soddisfatti, sul treno che ci avrebbe riportati a Milano, la nostra conoscenza sembrava destinata a continuare e più il tempo passava più mi pareva di sapere di lei cose mai dette, chissà, forse Francy e Sonia erano la stessa persona e devo dire che l’idea non mi dispiacesse affatto.
Autore :
Max Bonfanti, filosofo analista, dopo il liceo studia Medicina, Psicologia e si laurea in Filosofia all’università Statale di Milano. È studioso delle dinamiche psicologiche del pianto come comunicazione inter ed intra personale nelle sue varie forme ed espressioni da cui è nato un saggio, unico nel suo genere, ancora inedito. L’incontro con Maria Giovanna Farina crea il connubio culturale e umano per la nascita di Heuristic Institution, luogo di sperimentazione filosofica dove crea il T.F.A.R., trattamento fenomenologico delle aree relazionali, un metodo di cura da applicare alla pratica filosofica. Ha scritto numerosi articoli, ha pubblicato un saggio sul tradimento e un romanzo sulle relazioni. Collabora dalla sua fondazione con la rivista L’accento di Socrate