La bellezza esteriore è diventata un diktat nella nostra società dell’immagine
Le donne dell’Occidente: libere e belle! Quando si dice progresso! Eppure qualcosa vistosamente non torna in questa modernità il cui entusiasmo strombazzato è stato offuscato dal virus pandemico e dai dati sui femminicidi in Italia durante il confinamento. Triplicati.
Siamo il Paese fanalino di coda in Europa per occupazione femminile, ma il quarto al mondo per numero di interventi di chirurgia estetica l’anno.
La bellezza esteriore è diventata un diktat nella nostra società dell’immagine e il non aderire ai canoni estetici imposti, irraggiungibili, artificiali, omologanti ed insani è vissuto come una grave effrazione punita col body shaming, una piaga che ha patito il 94% delle nostre ragazze e con ricadute tali che il legislatore ha dovuto prevedere un ampliamento della legge sul cyberbullismo e renderlo un reato penale.
Diciamo che però certe tradizioni si sono conservate. Le chiacchiere delle comari, la piazza colpevolista, la gogna pubblica che con i social ha visto il proprio trionfo facendo moltiplicare un insulto all’ennesima potenza attraverso il meccanismo delle condivisioni.
E quindi attraverso i social si inchioda soprattutto la donna per alcuni guasti per così dire della libertà odierna: il sexting, il revenge porn, il victim blaming sono pane quotidiano per il genere femminile.
Dunque, oltre ad essere violate, offese, svergognate, oggettificate e deumanizzate, le donne sono anche inesorabilmente incolpate, per come si vestono, vivono e soprattutto autodeterminano.
Potenza delle parole che in origine, come amava dire Sigmund Freud, erano incantesimi ed anche nel mondo moderno hanno conservato la loro potenza magica. Attraverso le parole gli uomini si influenzano l’un l’altro, un insegnante può trasferire il proprio sapere agli allievi, un oratore può arringare la folla orientandone il pensiero e determinandone le azioni, le parole suscitano affetti e creano realtà.
Da come la donna viene appellata e rappresentata oggi (come non citare l’imperdibile lezione di sensualità al supermercato impugnando un carrello, andata in onda sul servizio pubblico), sembra che le lotte di liberazione dall’indissolubile e spesso violento vincolo del matrimonio, dalla ferocia del delitto d’onore (solo nel 1981!) ed i diritti acquisiti attraverso la riforma del diritto di famiglia siano passati invano.
Eppure sono state conquiste pagate a caro prezzo dalle nostre madri e nonne che avevano tracciato per noi il sentiero verso la piena emancipazione, che si cerca di farci abbandonare porgendoci caramelle avvelenate di vecchie schiavitù travestite da seducenti opportunità.
Una volta essere belle, seduttive e scelte da un uomo per divenire casalinghe mogli e madri garantiva la sopravvivenza, ora è diventato fondamentale per essere riconosciute, brevemente considerate e consumate ferinamente da uomini narcisisti, eclissati, distratti, sempre più in fuga dalle relazioni e annoiati da un femminile artificiale, oggettivato, confuso, affettivamente sofferente, a tratti mendicante, esteticamente splendente ma ai loro occhi intercambiabile e insignificante.
Forse se si tornasse a parlare di sentimenti ci sarebbe speranza, oltre che per noi, per le nostre bambine.
Stringe il cuore a vedere la sessualizzazione del corpo di piccole di 5/6 anni nelle pubblicità, nelle serie televisive e sapere che sempre a quell’età si riscontrano forme di auto-oggettivazione in loro, per cui finiscono per percepirsi e definirsi attraverso lo sguardo esterno che vorrebbe rubargli l’infanzia, un loro diritto.
Una forma evoluta per così dire, patinata e virtuale delle spose bambine per cui tanto ci scandalizziamo, che denunciamo nei dibattiti e che riguarda il “progredito Occidente” più di quanto non si sia disposti ad ammettere.
Una giostra di iniquità ed infelicità dalla quale basterebbe scendere, rifiutando che l’unico nostro valore risieda in questa bellezza senz’anima e plastificata, o negli unici due ruoli per cui siamo riconosciute: mogli e madri o oggetto del desiderio. La speranza risiede nel rendersi conto del nostro valore in quanto Persone che hanno una capacità affettiva, competenze relazionali, intellettive e sentimenti che andrebbero rispettati.
Ribelliamoci. Siamo ancora in tempo.
2 commenti
Articolo pieno di verità, anche se amara, cara dott.ssa Alexia Di Filippo. Una fotografia nitida, realistica, a tratti agghiacciante, della donna occidentale “libera”.
Mi aggancio al suo passaggio che ho trovato poetico: “… sono state conquiste pagate a caro prezzo dalle nostre madri e nonne che avevano tracciato per noi il sentiero verso la piena emancipazione, che si cerca di farci abbandonare porgendoci caramelle avvelenate di vecchie schiavitù travestite da seducenti opportunità”.
Non ci sono esaustive parole di ringraziamento per il Suo grande impegno.
Gent.ma Gabriella,
grazie di cuore per queste parole così gentili e di apprezzamento per l’articolo e per la mia persona. Considero di prioritaria importanza parlare di questo tema, anche perchè ne colgo le gravi implicazioni da un punto di vista clinico, oltre che sociale.
Ritengo che sia fondamentale proteggere dall’illusione della bellezza e dallo stigma delle parole soprattutto le nuove generazioni.
Alexia Di Filippo