Lidia è stata una donna che ha lasciato il segno: nella nostra storia per la sua storia.
Di Lidia Menapace, ora che è morta, si racconteranno i molti dati ufficiali, nascita, studi, date e molta memoria scritta. Perché Lidia è stata una donna che ha lasciato il segno: nella nostra storia per la sua storia.
Cominciata molti decenni fa, nella Resistenza, continuata nella politica e nella sua presenza mai interrotta in ogni luogo dove ci fosse da lottare, testimoniare, per il bene comune e la libertà, per i diritti di tutti e per l’uguaglianza di genere.
Perché quando si muore nel corpo ma non nella storia, nei ricordi e negli esempi, si continua a vivere.
Di questa donna, piccolissima di statura quanto grande di pensiero, voglio ricordare solo una pennellata lasciata sulla tela di un incontro.
1979, volo Alitalia per Palermo, relatrici ad una tavola rotonda indetta dalle donne comuniste.
Saluti, strette di mano, sorrisi. Poi il volo ha decollato verso l’isola di Sicilia, carico del nostro impegno. Stanche di rivedere appunti, appena il tempo di sistemare i fogli veniamo sobbalzate per un vuoto d’aria.
Sento che sto per vomitare, impallidisco e Lidia se ne accorge. “sono incinta”, le dico.
Mi chiede di quanto tempo mentre mi tiene stretta la mano, “sette mesi” ho il tempo di dirle mentre mi chino in avanti. Mi porge un sacchetto che stava sotto il sedile, “tieni, chiamo l’hostess”, le faccio cenno di no mentre mi metto il sacchetto davanti alla bocca.
“Non è consentito viaggiare in aereo in queste condizioni” mi dice.
Lo sapevo, ma nascondevo bene la gestazione e non avrei mai rinunciato ad assolvere al mio impegno.
Mi sorrise rassicurante e preoccupata.
“Noi donne”, aggiunse e che dire altro!
Ci trovavamo sullo stesso aereo unite in un sentimento di comprensione e solidarietà che forse ci avrebbe abbandonato su palco, nell’affermazione delle proprie idee . Noi uguali, esse diverse.
Esattamente come pensavamo, allora come ora, che tutti gli individui fossero uguali per diritto, differenti per genere.
Prendemmo a parlare di figli, di ruoli, di politica, del nostro impegno, scambiammo idee. Del ruolo delle donne nella resistenza ricordando lei le sue vicende personali, io quelle della mia famiglia.
Si confrontavano due generazioni. Mi guardava con amicizia, anche se non avevamo mai condiviso altro oltre quell’incontro. Quella donna sarebbe stata da li a poco una delle mie interlocutrici, con opinioni diverse, forse ci saremmo anche irrigidite perché il dibattito politico allora, come ora, non prevedeva variazioni su ideologie precostituite.
“Ci sarà la Menapace!”, mi avevano annunciato quando mi dissero di partire, col tono di chi avrebbe incontrato una personalità. E Lidia lo era. Avevo letto i suoi libri, l’avevo seguita sulla stampa e in ogni altra circostanza; mi sentivo onorata.
Intanto l’aereo aveva iniziato la discesa.
Mi lasciò la mano e cominciò a riporre i fogli nella cartella. “Meglio?”, e fu tutto.
Ci ritrovammo sul palco successivamente, come era stato stabilito, separate dagli altri interlocutori e ciascuna fece la sua parte.
Riposa in pace Lidia.