Elena, Hedy Lamarr e Marylin Monroe: le più belle del mondo e l’ombra dell’autismo. Intervista con Liliana Dell’Osso, psichiatra
Elena di Sparta, Hedy Lamarr, Marylin Monroe: tutte e tre donne eccezionali, dotate di un potente appeal, alla base delle loro ascese, delle loro miserie che, con grande probabilità, derivava da un’anomalia genetica.
Tutte e tre non solo belle, ma pericolosamente affascinanti, capaci di ingoiare come buchi neri chiunque le incontri. Guardarle significa perdere il proprio baricentro e unirsi al Mondo.
Ma se le tre portano dietro di sé una specie di magma incandescente, capace di piegare e risucchiare chiunque capiti sulla loro strada, una ragione c’è. E sarebbe tutta neurobiologica.
Parola di due psichiatri, Liliana dell’Osso e Primo Lorenzi, che alle tre bellezze leggendarie, e ai loro giochi da incanto hanno dedicato un libro, in uscita nei prossimi giorni, da Edizioni Ets, intitolato: Elena e le altre – il lato oscuro della seduzione, in cui si arriva ad una conclusione: Tutte e tre hanno una grave sofferenza psichica. Una drammatica involuzione del funzionamento mentale e relazionale, impressa nel loro corredo genetico.
Tutte e tre portano un tarlo, premessa e trampolino per il successo, ma anche per le drammatiche cadute.
“La seduzione – scrivono i due – come dono e condanna. Tutte e tre nate diverse, tutte e tre travolte da esperienze traumatiche. Accomunate dall’essere la più bella del mondo, con la trappola sottostante della loro fragilità, che sembra essere stata premessa del loro successo planetario. Successo cercato per rimediare all’interiore fragilità, ma insieme potenziatore della stessa fragilità”.
Ma di quale fragilità si tratta? Secondo gli psichiatri, le tre sono affette da una forma di autismo. E alla diagnosi sarebbero arrivati tramite una sorta di autopsia psicologica.
Si diceva donne eccezionali. Quella delle tre discepole di Venere, un’eccezionalità segnata dalla nascita, che le porterà, a fasi alterne, ad essere inseguite, bramate, ma anche maledette.
Anaffettive, geniali, camaleontiche, irresistibili, perché capaci di interpretare e dare concretezza ai sogni di chi le desidera.
Basta un semplice sguardo, spesso rivolto all’infinito, distratto, tipico di chi è incapace di socialità – in quanto privo di una identità definita – perché chi le brami si butti ai loro piedi.
Incantano la loro postura, la loro voce, perché insieme e misteriosamente suggeriscono la possibilità di restaurare l’antica perfezione, la sintesi dialettica tra Io e l’Altro. E lo fanno perché hanno una identità indefinita e indefinibile.
Come Zelig, le tre femmes fatales sopravvivono, ricorrendo proprio alla seduzione. Dunque, il fascino per non far soccombere un io simile ad un insignificante blob.
“Credo proprio di essere un’apparenza”, dice Marylin Monroe, che con la Lamarr (la scienziata che inventò e brevettò la tecnologia, alla base degli attuali sistemi wireless e della criptazione dei messaggi) condivide non solo la bellezza, l’eccentricità, ma anche alcuni amanti. Leggi Gianni Agnelli e i fratelli Kennedy. Tanti uomini, sì, ma alla fine è sui Menelao di turno che ripiegano per sentirsi più sicure.
Sulla seduzione, strumento che, in sintesi, alle tre serve per camuffare una identità borderline, parliamo con Liliana Dell’Osso, direttore della Clinica Psichiatrica e della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università di Pisa.
Professoressa, leggendo il vostro libro, si sedurrebbe per sopravvivere e l’arte di trascinare a sé sarebbe l’effetto di un difetto di fabbrica. Roba che neanche Renée Zellweger, paladina delle sfigate, avrebbe mai voluto avere nei panni di Bridget Jones, per conquistare prima l’introverso Colin Firth. Ma il desiderio di sedurre nasconde sempre un trauma e le Sharon Stone di Basic Instinct avrebbero tutte un Dna segnato?
In prima battuta la capacità seduttiva non è una scelta. Semmai è vissuta come una violenza da parte di terzi. Spesso drammaticamente attualizzata nello stupro, così frequente fra questo tipo di persone. Poi, alcune imparano a servirsene, spesso per attenuare le proprie difficoltà. In sintesi è espressione di una identità precaria, che, però, dà a queste persone una marcia in più. Le rende capaci di attualizzare i sogni di coloro con cui si relazionano.
Il meccanismo oscuro della seduzione è uguale anche negli uomini? Mi viene in mente un Rodolfo Valentino. Anche lui con una personalità sulfurea?
Nel nostro lavoro abbiamo analizzato soprattutto la versione femminile, e ci siamo accorti che la seduzione sessuale è solo un aspetto del problema. Comunque, senz’altro, sì: il meccanismo di base è lo stesso e non dipende dal genere.
Quanti tipi di seduzione esistono? E soprattutto, come cambiano le forme di seduzione con il tempo? E’ una variabile dipendente dalla cultura, dal momento storico?
Il cuore della seduzione sta nel suggerire a chi si ha di fronte che i suoi sogni si possano realizzare attraverso quella persona, ma anche attraverso quel contesto, quella situazione. Che si possa instaurare quella coincidenza fra Io e Mondo che era prima della Caduta nel Paradiso Terrestre. Qui il nucleo metastorico, che naturalmente si declina in base allo spirito del tempo.
Che rapporto hanno queste persone con il proprio Sé? E con le proprie prede?
Le fondamenta identificative di queste persone sono molto precarie. A volte estremamente precarie. Al punto di non avere un Sé. Il loro Sé finisce così per essere la parte che l’altro assegna loro e l’altro può essere dato anche da intere collettività. La storia mitica di Elena ne è una splendida esemplificazione. Sono persone anaffettive e la loro anaffettività è data dal fatto che il loro fragilissimo nucleo identificativo è sempre a latere di ciò che appaiono. Questo le rende sfuggenti, imprendibili, ma solo apparentemente. Sono persone anche pericolose. Perché il sedotto di turno si può perdere in loro come Narciso nella sua immagine. O diventare di pietra come di fronte agli occhi di Medusa.
Pensate che seduttori e sedotti si riconoscano o in qualche modo, si scelgano?
C’è una complementarietà in ogni incontro umano. Qui la complementarietà è totale: è coincidenza. Quantomeno si tratta di aspirazione alla coincidenza. Il sedotto o la sedotta trova conferma del suo sogno, il seduttore o la seduttrice vi trova conferma del suo stesso esistere. In entrambi i casi si ha a che fare con il senso di sé. Ci muoviamo in un’area molto pericolosa, in cui si evoca la possibilità dello svanire del proprio esistere. E questo mette in moto risposte estreme. Spesso anche molto violente: il suicidio, l’omicidio.
Come riconoscere subito un seduttore?
Se lo riconosci sei già fuori del suo potere o del suo richiamo. Lo vedi con distacco. Non ti fai prendere dal suo fascino. Che, come dall’etimo, rimanda all’idea di una parola che lega.
Il seduttore è sempre un manipolatore?
Nella seduzione c’è sempre un che di manipolatorio. Il problema sta, però, nella consapevolezza con cui il seduttore porta avanti il suo progetto. Su un piano soggettivo, del portatore di fascino, la seduzione innocente è la forma più torpida. Allusiva ad un malfunzionamento ancora più profondo, più originario. Nel nostro schema di riferimento, ad una neuroatipia più rilevante.
Dalla vostra esperienza, seduttori e sedotti “guariscono”?
Il fondo neuroatipico, che sta a monte, non cambia. Possono cambiare gli aggiustamenti personologici. Marilyn, creando il suo personaggio, sfugge a un destino probabilmente tragico: la prostituzione, la deriva sociale. Il rimedio è un capolavoro: il suo personaggio. Che, però, non sana la fragilità di base. Il rimedio migliore sembra essere la rinuncia al proprio potere e la ricerca di un appoggio sempre necessario su qualcuno, che faccia da intermediario nel delicatissimo rapporto con la realtà. Emblematico il caso di Elena, al suo ritorno a Sparta.
Parlate di autismo, ma non di narcisismo.
Il dramma degli stati autistici sottosoglia, non clinici per la diagnosi di Disturbo Autistico, è che raggiungono un assetto identificativo molto precario. Che si traduce in forme non clinicamente autistiche. Una di queste è il Disturbo Narcisistico di Personalità. E più in generale di quel mare magnum che fa capo al tema del Narcisismo, in cui abbiamo cercato di non entrare più di tanto, proponendo uno schema interpretativo che ne sta a monte. E che ne individua anche una base neurobiologica, sempre più dimostrata negli ultimi anni.
Quanto nel seduttore c’è di spontaneo nell’elaborare e adoperare le proprie armi?
Secondo noi la domanda è da ribaltare. Ossia: quanto vi è di elaborato in quel seduttore nell’usare le armi della seduzione, che gli sono arrivate come un dono, e che, come tutti i doni degli dei, sono spesso una trappola a cui non è possibile sottrarsi?
Come è morta Marilyn? Che idea vi siete fatti?
Marilyn è morta per la sua patologia: un disturbo autistico sottosoglia che si è manifestato in variegate forme cliniche. E che l’hanno portata, fra l’altro, anche all’uso di sostanze stupefacenti, al bisogno compulsivo di successo, alla frequentazione di ambienti torpidi e pericolosi. La fuga da una sua fragilità l’ha consegnata ad altre disfunzionalità, che le sono state fatali.
Quanto sono attendibili le vostre autopsie?
Le autopsie psicologiche sono comunemente in uso, anche da parte dei periti, per cercare di ricostruire gli antefatti di certi comportamenti. Ad esempio, il suicidio. Certo, manca il contatto diretto con il paziente, che si cerca di superare facendo ricorso a molteplici testimonianze tecniche, fornite da chi il paziente lo ha visitato e curato. Con i personaggi famosi è un materiale copioso e accessibile. L’autopsia psicologica è uno dei tanti interessi che accomunano me ed il mio collega. Dopo quella di Elena, abbiamo curato l’autopsia psicologica di “Medea”, che uscirà tra breve. Ne seguiranno altre
Liliana Dell’Osso si è occupata anche del personaggio di Coco Chanel. L’estate scorsa ha scritto un saggio, dal titolo: Contagi (Edizioni Ets), sul contagio inteso come categoria totale della nostra cultura, soffermandosi su Edvard Munch, sulla sua ricerca di senso attraverso la pittura, sul rapporto che l’artista ebbe con suo padre, Christian, e su un contagio che alla fine diventa cura.
Primo Lorenzi si è cimentato con l’autopsia psicologica di personaggi del mito, che, però, hanno molti rimandi con il presente: Oreste e la saga degli Atridi (“La Follia di Oreste. Psicopatologia di un personaggio del mito”, Alpes, Roma 2015), di Arianna, la principessa cretese (“Arianna. Dalla vicenda mitica alla sindrome clinica”, Alpes, Roma 2016) e più recentemente di Elettra (“Fra mito e psiche. Il tempo, la morte e l’aldilà, il simposio, l’identità femminile, il mistero della creazione, il dramma della scelta”, Alpes, Roma 2020).
fonte: https://www.magazine.tipitosti.it/