Usciremo dal Covid, dice Erica Arosio, perché ne usciremo, di sicuro diversi, e la lotta è non arrendersi. Ci stiamo adeguando a una digitalizzazione che galoppa selvaggia, inevitabile e crudele nel lasciare indietro chi non ha dimestichezza con la tecnologia. Sono come tanti preda dell’incertezza ma combatto e alla depressione sostituisco la voglia di ribellarmi. Non saremo più quelli di prima ma cerchiamo di trovare il buono, di non arrenderci e di non buttare alle ortiche il buon senso e la capacità di ragionare su ampi spazi, ampi orizzonti e tempi lunghi.
Giornalista, critica cinematografica, scrittrice, ho intervistato Erica Arosio alla fine del 2017 e mi sembra di averlo fatto l’altro ieri. In questi tre anni il Covid ha già lasciato un segno indelebile, mondo é cambiato e la consapevolezza di questo mutamento così radicale mi spinge a cercarla di nuovo. Parlando con lei, nella intervista precedente, mi aveva colpito quanto mi aveva detto sul suo rapporto con la ingiustizia e il giudizio. Si era espressa in questo modo: Mi monta una rabbia sorda nei confronti dell’ingiustizia e della sopraffazione, dalle piccole cose – chi salta la coda – alle grandi. Mi imbestialiscono quelli che sono disposti a vendere anche la madre per obiettivi microscopici e meschini. Sono più indulgente nei confronti degli spregiudicati che aspirano a obiettivi grandiosi. Sono troppo indulgente nei confronti di chi ha intelligenza e talento. Sono consapevole di questo mio limite ma cerco di essere obiettiva e quindi severa, ma confesso di non riuscirci sempre. Sono curiosa di vedere come ha vissuto e sta vivendo questo improvviso cambiamento di vita
Come il Covid ha cambiato la tua vita?
Sono stata travolta da una trasformazione radicale, quella che Jung definirebbe “coincidenza significativa”. Il 5 febbraio 2020 sono entrata nella nuova casa, dopo due anni intensi, faticosissimi in cui ho venduto (e svuotato!) la casa dove abitavo da 30 anni, con figli e, fino alla separazione, con marito. Un’abitazione enorme, 300 m2 con giardino, venderla e risistemare è stato un incubo vero, anche perché negli ultimi anni mi ero occupata della casa della mamma (venuta a mancare) e quella di una zia carissima (scomparsa) , ho liberato anche la casa che avevamo a Levanto dove ormai non andava più nessuno (era solo un peso) e pure la casa dove mio figlio ha vissuto a Bra per tre anni, durante l’università a Pollenzo. Arrivare a un punto fermo con la complicata ricerca della nuova casa (il mercato immobiliare a Milano non conosce tregua né sconti) e con la ristrutturazione di quella per mio figlio (la vecchia della mamma) è stata credo la fatica più imponente di tutta la mia vita.
Si sa che il trasloco é la terza fonte di stress in assoluto, dopo un lutto e una separazione..
Certo! Per via del Covid ho anche inevitabilmente rallentato la scrittura, travolta da inghippi burocratici di un sistema amministrativo ottuso. Senza contare la questione economica, perché bisognava far quadrare tutto. Bene, entro nella nuova casa il 4 febbraio, mio figlio nella sua il 20 e… ci sorprende, inatteso, chi se l’aspettava?, il Covid.
E come hai reagito in questa primissima fase?
Sulle prime non ci penso più di tanto perché sono alle prese coi problemi pratici (gli operai e i traslocatori sono bloccati, sia io che mio figlio rimaniamo sospesi con una serie di lavori da ultimare), poi mi ritrovo a vivere sola, per la prima volta dal 1986, con tutti i rapporti affettivi e sociali censurati dal Covid e dal lockdown. Riempio le giornate aprendo scatoloni e sistemando la nuova casa, passo ore al telefono anche con persone che non sentivo da una vita, mi mancano le mie serate fuori, il cinema (avevo almeno tre anteprime a settimana), il teatro (ci andavo spesso), le cene, la pizzeria, gli inviti a casa di amici, mi mancano i viaggi, le mie settimane in Maremma, le passeggiate. Mi manca tutto. Iniziano le penose presentazioni di libri su Zoom e non mi bastano. Mi mancano gli odori, la pelle, la carne, gli abbracci.
Ti lasci andare a quello che succederà oppure ti organizzi?
Reagisco con grande disciplina, a parte la sistemazione impegnativa della casa, mi impongo di curarmi moltissimo, creme, balsami, profumi, bagni. Mi impongo di vestirmi sempre come se dovessi uscire, di apparecchiare e sparecchiare, anche se la tentazione di mollare e vivere in tuta come un carcerato è lì, dietro l’angolo. Sei ancora in pigiama o sei già in pigiamo è una spada di Damocle da tenere alla larga.
E la tua attività di scrittrice così prolifica?
Io e il mio coautore, alle prese con gli stessi miei problemi che poi erano (e sono) quelli di tutti, decidiamo di non mollare e scriviamo il seguito del giallo uscito a maggio e lo ambientiamo durante il lockdown, un modo per esorcizzare quello che stavamo (e stiamo) vivendo.
E il cinema?
Mi abbono a Netflix, io che non passavo praticamente mai una sera davanti alla tv, aggiungo Amazon Prime e infine il meraviglioso canale dedicato al cinema d’autore Mubi che ha un’offerta incantevole e copie restaurate. Ho il terrore di abituarmi e trovare normale la nuova vita e non soffrire più per dover rinunciare alla magia di un film in sala io che fin dai 14 anni vivevo nei cineclub. Mi sembra così lontano il tempo in cui andavo a teatro almeno tre volte al mese, chissà se davvero sono stata a decine di Festival del Cinema, a mostre e incontri letterari. Tutto si sfuma e sembra irreale.
Cosa ti manca di più? Cosa ti spaventa ancora oggi?
Mi manca disperatamente ogni cosa, dal volo intercontinentale al cappuccino con la brioche, a un viso senza mascherina. Mi spaventa la radicalizzazione delle persone, ormai divise fra talebani del lockdown e negazionisti, mi terrorizza il tramonto del buon senso. Ne usciremo migliori, si diceva, e non ci crede più nessuno.
E tu cosa credi che succederà?
Ne usciremo, perché ne usciremo dal Covid, di sicuro diversi, e la lotta è non arrendersi. Ci stiamo adeguando a una digitalizzazione che galoppa selvaggia, inevitabile e crudele nel lasciare indietro chi non ha dimestichezza con la tecnologia. Sono come tanti preda dell’incertezza ma combatto e alla depressione sostituisco la voglia di ribellarmi. Non saremo più quelli di prima, vero, ma cerchiamo di trovare il buono, di non arrenderci e soprattutto di non buttare alle ortiche il buon senso e la capacità di ragionare su ampi spazi, ampi orizzonti e tempi lunghi.
Cosa farai appena sarai un po’ più libera, Milano non é messa bene..
Appena riaprono, andrò a Ischia. Come ho fatto la scorsa estate: sono arrivata sull’isola il 19 giugno, primo giorno utile e avevo prenotato quando ancora non si sapeva se avrei potuto partire. Sogno il mare, i viaggi, penso al Laos e al Madagascar, ultime mete nel 2017 e 2018, sono felice di avere passato l’estate a Capalbio a respirare libertà e iodio, con amici a cui voglio bene, sono felice di essermi concessa una settimana rubata a settembre a Giannutri con un uomo a cui continuo a volere molto bene. Sull’isola non c’era nessuno, noi due e un’altra coppia. Mi nutrono ancora le albe, i tramonti, i tuffi e le cene sotto le stelle con il pesce appena pescato di quel magnifico settembre. Covid, non mi avrai!