La vita di Mika accompagna la storia dei movimenti rivoluzionari durante tutto il Novecento.
di Andrea Zennaro
La vita di Mika accompagna la storia dei movimenti rivoluzionari durante tutto il Novecento. Nata a Buenos Aires nel 1902 da genitori ebrei russi con il nome di Michèle Feldman, cresce e studia nella capitale argentina.
Mika e Hippolyte
Mika ha solo 15 anni quando la Rivoluzione russa fa tremare il mondo. Le potenze capitaliste sono terrorizzate nel vedere i servi della gleba che rovesciano un impero immenso sotto la guida di pochi uomini istruiti proprio in Occidente: la guerra imperialista è stata interrotta e trasformata in lotta di classe. Da Pietroburgo l’eco della rivoluzione si propaga in fretta e scuote tutto il mondo: nei Paesi industrializzati le agitazioni sono molto più forti che in quelli agricoli. Due anni dopo Mika entra nella redazione di Insurrexit, un giornale rivoluzionario argentino legato al partito comunista. Lei è più vicina ai movimenti anarchici che ai partiti comunisti, ma queste distinzioni non la interessano più di tanto, è convinta che la lotta rivoluzionaria sia un variegato fronte unico, posizione che presto avrà modo di rivedere. È qui che incontra Hippolyte Etchebéhère, un ragazzo forte e carismatico di origini francesi che in Argentina si fa chiamare Hipólito. Tra di loro nasce subito un amore tanto forte che la ragazza sceglierà di usare per sé il cognome del compagno. Una donna in un collettivo comunista? In un primo momento Mika ne è intimorita, ma il gruppo la accoglie calorosamente. La presenza femminile è necessaria per allargare la partecipazione, coinvolgere altre donne e costruire un mondo migliore.
Con la morte di Lenin, Trozkij viene espulso dalla Russia e con lui l’idea di rivoluzione mondiale permanente, schiacciata dalla dottrina staliniana del comunismo in un unico Paese: l’Unione Sovietica deve essere l’unico Stato socialista e nessuna rivoluzione deve prendere piede in Occidente; in cambio le potenze occidentali rispettano e riconoscono il nuovo governo russo rinunciando a ripristinare il potere zarista.
Uno dei primi temi che Mika affronta per Insurrexit è quello del suffragio elettorale femminile in cui lei, in quanto anarchica, non crede. «Non è certo il voto che ci darà l’indipendenza: il voto oggi è una grande farsa, come il Parlamento. […] Finché la donna lavorerà non per la propria realizzazione ma perché costretta dalle circostanze, potranno arrivare il suffragio, il divorzio, l’assoluta uguaglianza civile e politica, ma saremo sempre a mille secoli di distanza dal benessere cui aspiriamo. […] Se vogliamo l’uguaglianza, prima dobbiamo lottare per l’uguaglianza di tutti, perché fino a quando pochi vivono di quello che producono molti altri, finché esiste lo sfruttamento, finché ci sarà una classe che dà tutto e una che prende tutto, la donna non sarà indipendente e non occuperà neanche il posto che merita. […] È una questione elementare ma le nostre sorelle suffragette non lo capiscono. Le ho viste in un falansterio di Rosario mentre pronunciavano frasi magniloquenti sui diritti politici della donna e sull’emancipazione, e davanti avevano donne affamate che vivono stipate in una stanzetta con figli e mariti. Il voto le strapperà forse alla miseria, darà pane ai loro figli, le scalderà in inverno?, devono aver pensato. E le suffragette si stupivano dell’indifferenza delle operaie… Patetico».
Hipólito è forte e determinato, dotato di un carattere impulsivo e testardo, ma la sua salute è assai precaria e i suoi polmoni sono gravemente compromessi. Il medico è stato chiaro: non si deve affaticare e deve stare lontano dai luoghi umidi. Mika, spaventata, ha giurato a se stessa che lo avrebbe protetto da quella maledetta parola pronunciata dal dottore: tubercolosi. Con la scusa di diffondere le idee rivoluzionarie, la donna riesce a far affidare a entrambi l’incarico da parte del partito di un viaggio in Patagonia, dove il clima e il riposo forzato permettono a Hipólito di riprendersi. Ma il loro destino li chiama. A volte nella vita le persone hanno una missione che vale più della salute. La missione di Mika e Hipólito è la Rivoluzione. E la Rivoluzione è in Europa.
A partire dal 1931 i due giovani abitano a Parigi, nel Quartiere Latino, insieme alla coppia di amici Katia e Kurt Landau, comunisti tedeschi antistalinisti. Intanto studiano la situazione europea, dove la conflittualità sociale è incandescente. Il proletariato europeo è una polveriera pronta a esplodere, ma è frammentato in tante formazioni con idee e interessi divergenti. In particolare a numerose di queste formazioni non convince la nuova linea di Mosca, quella del “comunismo in un unico Paese” imposta da Stalin.
Parigi è bella ma faticosa e abitare in una soffitta non aiuta. La salute di Hipólito li spinge a spostarsi di nuovo, stavolta al Sud della Francia, dove il clima è più mite e la vita è più tranquilla. Dopo alcune settimane di permanenza a Sud, Mika ha il sospetto di essere incinta. Questo le pone alcuni interrogativi sulla maternità e sul ruolo della donna nella società e nella rivoluzione. A lei avere un figlio da Hipo non dispiacerebbe. Ma se lo possono permettere? O meglio: accudire un figlio è compatibile con la scelta di vita che i due hanno fatto? La maternità è il ruolo naturale della donna o è una scelta? Per Mika un figlio deve essere un impegno consapevole e responsabile, non un fardello da accettare passivamente. E invece la rivoluzione non lascia spazio per la vita privata e per la famiglia. Per fortuna si tratta di un falso allarme che le evita di porre realmente il problema.
Il 1932 è un anno fondamentale per l’Europa. Di nuovo, la salute di Hipo passa in secondo piano. La classe operaia sta giocando una partita da cui tutta la Storia dipenderà. E la partita in questione si gioca a Berlino. Qui Mika e Hipo alloggiano in casa di Ilse Schwartz, un’ebrea tedesca della media borghesia, ingenua e totalmente confusa dalla drammatica fase che il proprio Paese sta vivendo. Sono gli ultimi mesi di agonia della Repubblica di Weimar. Nessun governo dura più di due mesi, tutte le coalizioni sono fragili e precarie, le manifestazioni comuniste finiscono in scontri con la polizia e con il partito socialdemocratico, la popolazione ridotta alla fame è esasperata.
Di questa situazione approfitta il partito nazionalsocialista, che guadagna consensi a una velocità spaventosa cavalcando il nazionalismo il razzismo e il militarismo sorti in risposta all’umiliazione imposta alla Germania con i Trattati di Parigi. I partiti tradizionali hanno perso enormi fette di consensi; su tutte le finestre di Berlino sventolano bandiere rosse, la falce e martello si alternano alla svastica. Il partito comunista tedesco è fortissimo, siamo a un passo dalla rivoluzione. E se la rivoluzione trionfasse in Germania si propagherebbe rapida per tutta l’Europa. Industriali e banchieri premono sul capo dello Stato affinché faccia qualunque cosa pur di evitare una vittoria comunista. Socialdemocratici, stalinisti e trozckijsti insieme potrebbero impedire l’ascesa del nazismo. Ma unire queste formazioni è impossibile: i primi sono ormai radicati nell’apparato statale, i secondi obbediscono alla linea secondo cui nessuna rivoluzione dovrà prendere piede in Occidente, mentre gli ultimi lottano per rovesciare il sistema capitalista. Persino Ilse Schwartz, un po’ per ingenuità e ignoranza e un po’ per esasperazione, dà il suo voto al partito nazista, e non solo perché coinvolta dall’entusiasmo febbrile delle folle: è convinta che non succederà niente di male, che il governo di Hitler durerà poco come poco sono durati tutti i governi precedenti, ma intanto riporterà l’ordine, caccerà soltanto gli ebrei stranieri arricchiti alle spalle della Germania, non quelli tedeschi. Mika e Hipólito partecipano a tutte le riunioni del gruppo comunista antistalinista in un clima sempre più teso. Hanno la chiara sensazione che qualcuno stia remando contro i loro sforzi, o meglio, che qualcuno stia mandando la Storia in una direzione totalmente diversa da quella rivoluzionaria. Mika è scettica verso la linea ufficiale dell’Internazionale secondo cui il male peggiore è sempre e comunque la socialdemocrazia e la vittoria di Hitler potrà al massimo accelerare la rivoluzione.
All’interno del loro gruppo compare un individuo molto strano: i suoi interventi sono confusi e fuorvianti e seminano zizzania nel collettivo, parla tedesco con accento russo e dimostra un modo morboso di rivolgere l’attenzione verso Mika. Il suo nome è Jan Well.
Una sera di febbraio del 1933 Mika, Hipólito e Jan camminano per le fredde strade della capitale tedesca. La gente è in preda a un delirio collettivo senza precedenti, gruppi di tutti gli schieramenti girano armati per la città, la tensione nell’aria è altissima e tutto sembra solo star aspettando una scintilla per esplodere. Manca una settimana alle elezioni.
L’incendio del Reichstag
All’improvviso un urlo scuote l’aria. Si vede gente che corre in preda al panico. Polizia e pompieri corrono nella direzione opposta, lungo la strada che porta al palazzo del Reichstag, il Parlamento tedesco. I tre non fanno in tempo a vedere con i propri occhi ma le urla di una donna li mettono al corrente dell’accaduto: il Reichstag è in fiamme. E la donna sa per certo che la colpa è dei comunisti (un tempo sorprendentemente rapido per avere le idee così chiare).
Jan afferra Mika per un braccio e la porta in un palazzo vuoto, mentre Hipólito non fa in tempo a mettersi in salvo e viene catturato dalle squadre armate al servizio del partito nazionalsocialista. Nel palazzo tutto tace, arriva lontana soltanto l’eco dei rumori di fuori. Mika è spaventata per il suo compagno ma Jan la convince a tacere e aspettare. È lui a uscire per vedere la situazione e comunicarle che Hipólito non è più lì. Poi tenta di approfittarsi della debolezza della donna in un momento di dolore e paura: è buio e nessuno può sentirli, lui allunga le mani, la blocca contro la parete, cerca di baciarla, di palpeggiarla, di convincerla… Rapida Mika gli sferra un calcio tra le gambe e corre via mentre lui è piegato a terra; potrebbe inseguirla ma non lo fa, vuole sedurla, non costringerla. Nella fuga gli sente pronunciare una parola: «shlyuha», “puttana”, in russo.
Hipólito viene rilasciato l’indomani in quanto non ebreo. Ma alle elezioni della settimana seguente il partito nazionalsocialista ottiene il 44% dei voti, tra cui quello di Ilse Schwartz. Il Parlamento vota i pieni poteri al governo. Iniziano immediatamente le persecuzioni e gli arresti di massa. Mika procura un rifugio in Argentina per Ilse, convinta che non sarebbe stata toccata in quanto ebrea tedesca, e invece le persecuzioni iniziano fin da subito. Ma anche Mika ha cognome ebraico e la Germania ora è un posto troppo pericoloso. Così Mika e Hipólito tornano a Parigi, come Katia e Kurt Landau, anche loro ebrei, e molti altri comunisti d’Europa. Per non aggiungere ulteriori preoccupazioni a una situazione già difficile, Mika non fa parola con Hipo di quanto accaduto con Jan Well la notte dell’incendio del Reichstag.
La faticosa militanza che occupa tutta la loro vita, insieme all’umidità della soffitta in cui alloggiano, alla mancanza di riposo e allo scarso cibo, continua a infierire su Hipólito e quella macchia di sangue nei suoi polmoni non guarisce mai, anzi continua a peggiorare. Stanchezza, febbre, tosse, sangue, fino al momento del ricovero; mesi in un sanatorio presso Oise, a Nord della Francia e lontano dall’inquinamento di Parigi. Mika non vorrebbe rimanere sola, ma una frase di lui le infonde coraggio: sarebbe egoista lasciarsi andare allo sconforto. Mika, non essendo la moglie di Hipo, non può ricevere sue notizie né parlare con i medici; e poi lei continua ad avere brutti presentimenti: se nel caso, un giorno… continuerà a portare il cognome di lui. Così nel 1935 si sposano: ovvio che il loro patto affettivo non aveva bisogno di passare per lo Stato, ma questa è una garanzia in più in caso di difficoltà. Lentamente, nel giro di alcuni mesi di sanatorio la salute di Hipo migliora. Ma non fa in tempo a godersi questo miglioramento: la Storia li chiama di nuovo. Sta per cominciare un’altra grande battaglia del proletariato europeo, l’ultima. Il Komintern ha cambiato linea: se prima la socialdemocrazia era il peggiore dei mali, adesso pur di arginare il fascismo per via elettorale e non rivoluzionaria si ricorre a grandi coalizioni di sinistra che portano il nome di Fronte Popolare.
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Andrea Zennaro, laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.