Una cantautrice di notevole spessore, una performer, un giovane attrice.
Sto parlando di Susanna Parigi, già pianista di Baglioni, di Cocciante e della Mannoia, cantautrice, compositrice, musicista, chansonnière definita l’iniziatrice del pop-letterario.
E di Francesca Lolli, attrice, videoartista e performer, che fa della performance, provocatoria e sempre originale, il suo metodo espressivo più significativo.
E di Martina Galletta, attrice teatrale e cinematografica di talento che ha già fatto molta strada nel mondo dello spettacolo.
Le avevo già intervistate sulla eccellenza del Femminile ma ora le ho di nuovo cercate per capire come il Covid possa avere cambiato la loro vita.
Il mondo dello spettacolo ha subito una forte scossa. A seguito dell’emergenza da Coronavirus , da marzo 2020 sono stati sospesi su tutto il territorio nazionale gli spettacoli di qualsiasi natura, inclusi teatro e cinema.
*Come il Covid ha cambiato la vostra vita ?
SUSANNA PARIGI: “Partiamo dal principio. Non ho mai pensato che siamo invincibili, che siamo invulnerabili, che siamo forti. Come ho scritto in una mia canzone dal titolo “Fa niente”, “tutti perdiamo, vicini stiamo, come le canne”… Fino dall’adolescenza, forse anche prima, ho convissuto con la sensazione vivida della precarietà dell’esistenza. Quindi lo stato attuale di preoccupazione non mi è nuovo. Come non è nuovo per me lo stato, in questo caso forzato, di distanza dalle persone.
FRANCESCA LOLLI: Non è semplice rispondere a questa domanda perché solo sette mesi prima dell’inizio della pandemia ho scoperto di avere un cancro al seno e sono entrata nel vortice della malattia (intervento, trattamenti, ecc..). In questo modo si è andata a creare una connessione tra “pubblico” e “privato”. L’esperienza del cancro è diventata un potente filtro personale, una maniera sicuramente diversa nel vedere – gestire – vivere la pandemia.
MARTINA GALLETTA: La pandemia ha cambiato radicalmente la mia esistenza. Invece della mia solita vita frenetica, emozionante, faticosa, piena di stimoli, mi sono ritrovata chiusa in casa, senza prospettive e senza avere un’idea di quando tutto sarebbe ricominciato.
*Come avete affrontato e vissuto questa nuova solitudine?
SUSANNA PARIGI: Sono sempre stata molto solitaria e proprio per questo apprezzo la buona compagnia. Proprio perché convivo bene con il silenzio, vivo più intensamente i rapporti e gli affetti. So stare con me stessa, posso passare giornate intere a leggere, a scrivere musica, a suonare
MARTINA GALLETTA: Dopo un momento di stordimento iniziale, ho deciso di reagire: e da qui è nato il mio primo libro, scritto appunto durante la quarantena. Ora è in mano a un editore: non posso dire di più, per ora, ma spero presto di poterti dare belle notizie!
FRANCESCA LOLLI: L’isolamento non mi pesa. Ho continuato a lavorare ai miei progetti, ovviamente in maniera diversa dal solito, e posso affermare di essere diventata sempre meno un “essere sociale”. Ho bisogno di calore umano, questo si, e mi sento fortunata nell’affermare che ho tutto il calore di cui ho bisogno: quello di poche persone che, durante gli anni, ho sempre avuto accanto. Non mi serve altro.
Quindi cosa é cambiato, concretamente, nella vostra vita, anche in quella professionale?
SUSANNA PARIGI :Quello che è cambiato è l’assistere ogni giorno alla sofferenza, pensare a quante persone sono morte e quante continuano a morire. Quante persone sono disperate economicamente, quante sono malate e subiscono ritardi per operazioni, analisi, visite ecc..E sono cambiate tante cose dal punto di vista pratico. Per esempio è un anno che non si fanno concerti, che gli artisti tutti, ballerini, attori, cantanti, musicisti, non lavorano. Questo per noi è drammatico e credimi non solo dal punto di vista economico. Per noi il palco e il contatto con il pubblico è emozione, passione, amore, in una parola vita. Un cantante non è niente se non può cantare davanti alle persone.
FRANCESCA LOLLI: Durante il primo lockdown , insieme ad alcune colleghe video artiste, abbiamo dato vita a “My name is Francesca” (un progetto artistico dedicato al lavoro delle tre performer e filmmaker italiane Francesca Fini, Francesca Leoni e Francesca Lolli in collaborazione con la curatrice d’arte e autrice Francesca Interlenghi. Il progetto, nato come articolata proposta di mostra fisica per spazi tradizionali, ha avuto a il 16 marzo 2020 il suo improvviso debutto in rete, come risposta attiva alla crisi del contatto e del contagio che abbiamo vissuto sulla nostra pelle a causa dell’emergenza Coronavirus SARS-CoV-2 e questo progetto mi ha aiutata moltissimo nella gestione dell’ansia dovuta alla concomitanza di questi eventi.
MARTINA GALLETTA: Quando, ormai un anno fa, è scoppiata l’emergenza mondiale, mi trovavo in un periodo lavorativo davvero meraviglioso. Era appena uscito al cinema “Permette? Alberto Sordi”, diretto da Luca Manfredi, in cui avevo avuto l’onore di interpretare Giulietta Masina. C’era stato il lancio del film, interviste, proiezioni: un’emozione incredibile. Interpretare Giulietta è stato il coronamento di un sogno: oltre all’ammirazione sconfinata che provo per questo gigante del cinema, ho anche avuto il privilegio di lavorare accanto a colleghi quali Edoardo Pesce, Pia Lanciotti e tantissimi altri. Oltre a questo film, ero appena stata sul set internazionale di una serie Sky, “Domina”: una colossale operazione cinematografica, che ha trasformato Cinecittà nell’Antica Roma dei tempi di Livia Drusilla, interpretata da Kasia Smutniak. Qui recitavo (in inglese) il ruolo di Ursula, una giovane danzatrice che diviene l’amante di Agrippa (ma non voglio spoilerare, quindi mi fermo qui!). La serie dovrebbe uscire a breve: sono emozionatissima! E, come se non bastasse, prima della pandemia ero in tournée con Galatea Ranzi con lo spettacolo “Lezione da Sarah”, per la regia di Ferdinando Ceriani.
*Quale é la vostra opinione sulla situazione dei lavoratori dello spettacolo dopo un anno di pandemia?
MARTINA GALLETTA La situazione è gravissima. La recente riapertura, ventilata dal nuovo Dpcm, non garantisce affatto le condizioni minime di sopravvivenza per i Teatri, soprattutto quelli più piccoli. Il 25 percento di capienza non è neanche lontanamente sufficiente per consentire un reale guadagno: tenere aperto significherebbe soltanto andare incontro a una perdita economica sicura e disastrosa. Tantissimi lavoratori dello spettacolo stanno cercando di mantenere se stessi e le proprie famiglie col solo ausilio dei sussidi statali: con questa riapertura, che a mio parere è quasi una presa in giro, perderanno anche quell’unico aiuto. Tutto questo è profondamente ingiusto.
SUSANNA PARIGI: La situazione del mondo dello spettacolo dall’avvento del Covid è drammatica nel vero senso della parola. A parte rare realtà che riguardano personaggi molto noti, che indubbiamente hanno messo da parte negli anni discrete somme di denaro, la maggior parte dei lavoratori dello spettacolo non ha contratti continuativi, non percepisce alcun stipendio fisso. Non avendo la possibilità di fare spettacolo non percepiscono più alcun reddito. Ci sono stati degli aiuti durante questi mesi, ma la situazione è precaria. Già lo è normalmente figuriamoci ora. Non parlo per me perché io ho cattedra al Conservatorio e questo mi permette di avere almeno uno stipendio tutti i mesi, ma non è così per la maggior parte dei miei colleghi. E questo per quanto riguarda il lato economico
FRANCESCA LOLLI: il mondo dello spettacolo è stato messo in ginocchio da questa situazione. Soprattutto quello più libero, indipendente, di ricerca. Tantissime realtà importanti sono state messe a tacere.
MARTINA GALLETTA:Sono un’attrice professionista da quattordici anni, e mi sono sempre mantenuta col mio lavoro: mi rendo conto però che, nella coscienza collettiva, il nostro non è un lavoro, ma un hobby, un privilegio. Permettimi di dire che non è affatto così. Dietro ad uno spettacolo, a un film, a un cortometraggio, ci sono ore ed ore di prove, di studio, di riunioni, di fatica, di litigi, di passione, di mal di testa. Per non parlare degli anni di formazione che permettono agli artisti e alle maestranze di poter esprimere il proprio talento affiancandolo alla tecnica e all’esperienza. Il nostro è un lavoro operaio e culturale. E, come tale, merita tutele.
SUSANNA PARIGI : . Non parliamo del significato che ricopre per ogni artista l’esibizione. Non fare concerti da un anno, non ballare in pubblico da un anno, non recitare in teatro da un anno, significa stare molto male perché per noi il lavoro nasce da una grande passione, non è soltanto un modo per tirare avanti. In fondo siamo quelli che non servono a niente, ma servono a tanto: portiamo l’evasione, a volte persino la bellezza e la cultura, momenti di condivisione e di emozione. Spero possa ripartire tutto al più presto e si possa tornare a vivere insieme la musica, il teatro e la danza
FRANCESCA LOLLI: Io non sono complottista ma ho sempre creduto in un terrorismo massmediatico. Chi, con la propria arte, cerca la verità è stato sempre ostracizzato e, con questa pandemia, annientato. Spero vivamente che da questo letame (ri)nascano dei fiori più forti e colorati di prima.
MARTINA GALLETTA: Trovo vergognoso che il nostro mondo, quello artistico, non venga ormai quasi neanche considerato nelle comunicazioni ufficiali. Quando chiesero a Churchill di tagliare i fondi per l’arte per sostenere lo sforzo bellico, lui rispose: “Ma allora per cosa combattiamo?”. Ecco, credo che quella visione fosse molto più lungimirante di quella della nostra politica attuale. L’arte non può essere considerata superflua o accessoria: l’arte identifica un popolo e lo rende culturalmente attivo. In quest’epoca permeata dai social, dove la soglia di attenzione si sta abbassando a dei livelli preoccupanti, io ripenso a quanto abbiano significato per me Cechov, Shakespeare, Tolstoy, Beethoven.
SUSANNA PARIGI : . Non parliamo del significato che ricopre per ogni artista l’esibizione. Non fare concerti da un anno, non ballare in pubblico da un anno, non recitare in teatro da un anno, significa stare molto male perché per noi il lavoro nasce da una grande passione, non è soltanto un modo per tirare avanti. In fondo siamo quelli che non servono a niente, ma servono a tanto: portiamo l’evasione, a volte persino la bellezza e la cultura, momenti di condivisione e di emozione. Spero possa ripartire tutto al più presto e si possa tornare a vivere insieme la musica, il teatro e la danza.
*Dando per scontato quanto é mancato e ancora sta mancando a ogni artista, credete che tutto questo possa cambiare qualcosa nella crescita interiore di ognuno?
SUSANNA PARIGI:L’unica nota positiva, se può essercene una, è che il fermo forzato dalla frenesia del lavoro, ha costretto, credo un po’ tutti, a riflessioni profonde, a bilanci, a considerazioni sul tempo che non va sprecato, a domande sul percorso seguito, sulle scelte fatte. Questo ha gettato molti nello sconforto, ma io sono convinta sia una crisi positiva, perché spesso si va in giro, si corre, si lavora, perdendo di vista il reale senso della propria esistenza. Un’altra nota positiva, anche se non ne sono certa, penso che una volta ci fosse una ripresa e una riapertura di teatri e luoghi dove si fa spettacolo, ecco credo che le persone avranno una tale voglia di uscire di condividere insieme le emozioni che li riempiranno. Io credo questo
FRANCESCA LOLLI:.Spero solo che il protrarsi di questa emergenza non porti alla distruzione definitiva della diffusione della cultura in questo paese. Abbiamo estremo bisogno di alimentare la nostra parte più profonda e fondamentale.
MARTINA GALLETTA:Essere umani è complesso, meraviglioso ed angosciante, soprattutto in tempi come questi: soltanto con l’Arte e con la cultura, che ci permettono di rielaborare la realtà con una visione che si distacca dal materialismo e dalle meschine urgenze quotidiane, potremo (forse) ritrovare un barlume di senso. Questo è quello che spero. Anche se, almeno ad oggi, sono preoccupata. Angosciata. Ma ho una profonda fede che mi sostiene. La fede nella mia comunità artistica, che ha risorse creative praticamente illimitate. E ho fede nel fatto che, nel profondo, l’umanità non possa prescindere dalla Cultura. Noi resistiamo. Ma stiamo facendo sempre più fatica.
*Pensate quindi che quando tutto sarà finito saranno cambiate anche le abitudini delle persone?
SUSANNA PARIGI Non staranno più a casa la sera davanti al televisore o allo schermo del computer. Io almeno farei così. Tutte le sere fuori, insieme, a condividere ciò che fa dell’uomo un essere sorprendente, nel bene e nel male. Auguro a tutti i tuoi lettori di uscire con il minor danno possibile da questo momento drammatico e invito chi vorrà farlo a iscriversi al mio canale Youtube o tenersi in contatto con me su Instagram. Mi piace confrontarmi con le persone. Spesso scrivo post dai quali nascono dibattiti accesi, proprio come accade anche quando faccio i miei cosiddetti “Concerti al citofono” cioè concerti in gallerie d’arte e salotti, e dopo il concerto partono domande e riflessioni. E’ bellissimo, mi ricorda quando stavamo la sera intorno al camino riuniti a parlare e cantare
MARTINA GALLETTA: Provo tanta amarezza, ma mi rendo conto di essere molto più fortunata di tantissimi: e quindi direi che non mi resta che sorridere e continuare a confidare nell’Arte. Sono certa che, come in altri periodi storici bui, ci sarà un Rinascimento altrettanto luminoso.
FRANCESCA LOLLI Credo che quello che stiamo globalmente vivendo sia al di fuori della nostra comprensione. Non mi sarei mai immaginata di dover affrontare un’emergenza così forte, impegnativa. Noi, nati in questa parte del mondo, siamo sempre stati dei privilegiati, abituati a pensare che “le cose” succedono di là, non di qua. Detto questo credo che la pandemia (come ogni altra situazione di totale emergenza) abbia fatto affiorare quello che in realtà siamo, la nostra vera realtà egoica. Non credo che tutto tornerà come prima (non ci ho mai creduto in realtà), credo che le nostre abitudini non cambieranno ma saranno rafforzate dal ” non l’ho fatto per più di un anno, ne ho diritto ora”, dimenticandoci che questo meraviglioso mondo non gira intorno a noi, continuando a distruggere il pianeta solo per assecondare i nostri bisogni.