Shtisel, una serie seguita per curiosità su Netflix (dopo aver visto però Unortodox che consiglio vivamente) che mi ha preso il cuore e fatto capire che poi alla fine siamo tutti uguali, ma che le donne di qualsiasi razza o religione siano…tirano sempre il carretto. La serie parla della quotidianità di una famiglia di ebrei ultraortodossi in un quartiere di Gerusalemme.
La regia è della e studiosa di ebraismo Miriam Camerin vive tra l’Italia e Israele e che lo definisce «Un lavoro molto aderente alla realtà» Ed è questo che mi ha colpito. Quante delle situazioni riportate non sarebbero condividere dalla nostra società occidentale ? E che forse oggi definiremmo però fuori dal tempo, come lo sono infatti gli ultraortodossi? Gli ebrei haredim considerano la loro dottrina l’estensione di una catena ininterrotta che fa capo a Mosè e alla consegna della Torah sul monte Sinai da parte del Signore.
La serie è stata considerata molto innovativa persino in Israele perché per la prima volta non ha ritratto la comunità ortodossa in un’ottica solo politica, ma ha rappresentato i protagonisti come persone normali, e con molta ironia.
Alcuni hanno commentato che la serie ha contribuito a far entrare in contatto due settori della società israeliana molto separati e in opposizione: la comunità ultra-ortodossa e la maggioranza laica. Infatti, le comunità ultra-ortodosse evitano l’uso della televisione (ma non del cellulare), ma si è saputo che una melodia cantata da uno dei personaggi (la nonna, Malka Shtisel) ha iniziato a circolare e a essere cantata anche all’interno dei quartieri ultra-ortodossi.
Ma sono le donne che fanno la differenza. Spesso con le teste coperte da copricapi e vestono molto frequentemente vestaglie improbabili in casa e vesti castigate fuori casa. Anziane, giovani, giovanissime, bambine. Sanno spesso quello che vogliono anche se lasciano spazio e tempo libero ai loro uomini ultraotodossi sempre chini a studiare sui voluminosi libri della Torah con i loro cappelloni e le vesti tipiche uguali per tutti ( ma che non coprono però spesso la prominente pancia)
Shtisel piace a tutti. Piace ai non ebrei che abbiano voglia di conoscere un mondo altrimenti inaccessibile; piace agli ebrei che ci si riconoscono; e forse piacerebbe anche a chi, nella comunità haredi, si vedesse rappresentato. Ipotesi difficilmente verificabile però perchè nei tanti quartieri ultraortodossi di Israele la tecnologia non è spesso ammessa. E nelle case la Tv non c’è (o non ci dovrebbe essere, anche se attira gli anziani soli, come da noi in occidente).
Ma non c’è, neanche nelle comunità haredi, una policy rigorosa ed è questo forse che ci attrae ed incuriosisce. E’ come se fosse un mondo nella realtà contemporanea fermo al passato ma dove tutto ancora può cambiare e sta cambiano con le nuove generazioni che contravvengono alcuni deile credenze della vecchia.
In realtà Shtisel parla del percorso di un ragazzo “Akiva” Michael Aloni che cresce in una famiglia di chassidim, una comunità che ha regole se possibile ancora più arcaiche di quelle che governano il mondo haredim. Il giovane ha un talento grandissimo per il disegno e questo è un problema, perché l’ebraismo è contrario alla raffigurazione. Akiva ha un dono. Lo sa. E ci fa i conti». Finendo per scegliere sé stesso, pur restando con in piedi ben piantati nella tradizione.
Shtisel tocca altri temi importanti. Come quello del matrimonio, della ricerca di una fidanzata o fidanzato con i famosi “combinati” ma questa è è solo una necessità pratica, perchè .quello degli haredim è un mondo molto strutturato, come qualunque società umana che decida di vivere secondo un obiettivo condiviso . Chi ne fa parte ne accetta le regole.
L’’uomo e la donna hanno ognuno la propria funzione, finalizzata al benessere dell’intero gruppo.
Ma non sono i genitori che decidono. Non c’è imposizione. C’è, che non si debba “perdere tempo” con la gente dell’altro sesso: ti incontri con una persona al fine di sposarti, punto». Magari aiutato da un sensale. In fondo alla fine è uni specie di arcaico uno “speed date” che si svolge in genere nelle hall degli hotel di Gerusalemme. Non si spendono troppi soldi, non si cena e non si indulge in grossi piaceri: un succo d’arancia o un caffè possono bastare.
E spesso sono proprio le donne a decidere. Sono le donne che lavorano, perché gli uomini studiano in yeshivà, sono le donne che mantengono la famiglia, e alla fine sono le donne che hanno il potere di scegliere e indirizzare. Vedremo uno dei personaggi femminili decidere a un certo punto di comprarsi una macchina (anche se ostacolata dal marito che però nulla può), che già è considerata un mezzo superfluo per gli uomini. Ce la farà, conquistandosi la sua libertà (ma addirittura facendo fare un giro in auto al coniuge alla fine estasiato, se lo dimentica a bordo). Stereotipo distrutto quindi. Come tanti altri che la serie, con intelligenza, ironia e naturalezza, riesce a decostruire.
I membri del cast : nessuno di loro ortodosso di nascita, tutti oggi famosi (e sottoposti a ore di trucco per andare in scena)
In una intervista Michael Aloni, l’adorabile Akiva, esprime il pensiero di tanti spettatori: «Ho parlato con molte persone della comunità, per la prima volta si sono sentiti rappresentati come sono davvero. Io non ho cambiato opinione su di loro, ma questo è un modo di guardare senza giudicare, che mi ha molto arricchito».
Qui sotto sono riportati alcuni degli attori principali
Dov Glickman come Shulem Shtisel il rabbino nonno
Michael Aloni come Akiva Shtisel il talentuoso pittore
Neta Riskin come Giti Weiss figlia e madre determinata a seguire le regole
Shira Haas come Ruchami Weiss la giovane sposa e madre
Sarel Piterman come Zvi Arye Shtisel lo zio furbacchione
Zohar Strauss come Lippe Weiss, ama infrangere le regole
Serie da seguire con i sottotitoli perchè non tradotta vocalmente in altre lingue. Restiamo in attesa delle successive serie!