Perché gli anziani, ingiustamente discriminati a causa della loro età, trascurati per tutta l’Emergenza sanitaria e persino scavalcati nelle vaccinazioni possono indicarci la strada per la ripresa post crisi pandemica?
Fin dall’inizio della Pandemia mi sono trovata a raccogliere gestire professionalmente, nonché a rappresentare ai media, le difficoltà di due categorie di persone che rischiavano di restare sullo sfondo: i bambini-ragazzi e le persone avanti con gli anni. Gli anziani in particolare che hanno pagato il prezzo più alto dell’Emergenza sanitaria in termini di vite umane, sono stati duramente trascurati quando non trattati come un pesante fardello e persino scavalcati nelle vaccinazioni come se non fossero loro la categoria prioritaria da proteggere.
Purtroppo già prima dell’uragano Coronavirus che ha investito il pianeta la nostra società era poco attenta agli anziani a causa dell’ageismo che dilaga nel mondo occidentale che fa percepire le persone di una certa età di scarso valore rispetto alla popolazione più giovane.
L’ageismo infatti consiste nella discriminazione di una persona a causa della sua età: in base ad uno studio Europeo antecedente la Pandemia veniva lamentato da ben il 28% degli intervistati e si attestava come la forma di discriminazione più diffusa prima ancora del sessismo e del razzismo.
Non solo ma ben il 30 % delle persone di 70 anni dichiarava di essersi sentita trattare ingiustamente, per di più in ambito sanitario, in ragione della propria età.
Per rendere l’idea di quanto l’ageismo sia dannoso è sufficiente considerare i risultati emersi da una ricerca effettuata dalla Società Francese di Gerontologia e Geriatria secondo i quali, gli anziani esposti a comportamenti negativi a motivo della loro età, vivono in media 7 anni in meno dei loro coetanei che non hanno subito lo stesso maltrattamento.
La discriminazione in base all’età ha acquisito forme e proporzioni talmente preoccupanti da dar vita lo scorso anno ad una campagna globale per contrastarla il cui motto è #OldLivesMatter, le vite degli anziani contano.
Qual è il motivo di tanta sottovalutazione? Le società occidentali neoliberiste, digitalizzate, performanti, individualiste e globalizzate hanno privato l’uomo del valore del passato che è percepito nell’assonante accezione di sorpassato e questo vale per le tecnologie, per le mode, i costumi e purtroppo anche per gli esseri umani.
L’unico elemento che viene rivestito di importanza è il presente consumistico in cui ovviamente è degno di attenzione solo chi consuma ovvero i giovani.
Soprattutto per questo motivo che non si è fatto che tagliare la spesa sanitaria negli ultimi decenni e non si sono predisposti i servizi necessari a promuovere la salute psicofisica dell’anziano e la giusta assistenza ai non autosufficienti.
Cosi’ si spiega anche la dilagante gerascofobia tra le persone adulte ovvero una persistente, esagerata, ingiustificata e pervasiva paura di invecchiare che è la testimonianza più evidente dell’angoscia di perdere, con la terza età, il ruolo sociale, il diritto alla salute, all’assistenza e con essi la propria dignità ed infine identità.
Come tutti i momenti di grave crisi la Pandemia ha rivelato tutta la fragilità dell’agire umano fino a quel momento: l’affarismo dell’Occidente ricco che produce precarietà, ingiustizia sociale, solitudine ed infelicità su scala mondiale. Il sud del mondo sempre più depauperato, piagato dalla povertà ed in preda alla barbarie della guerra. Il Pianeta sfruttato per produrre sempre più cibo e merci per pochi che si rivolta contro l’umanità attraverso i cambiamenti climatici e condizioni di vita che hanno favorito lo svilupparsi ed il diffondersi del Coronavirus.
Se il mondo adulto ha fallito, da dove può venire la liberazione e la salvezza? Come nel migliore film catastrofista o nella più splendente delle fiabe, dai personaggi più improbabili, quelli che non ti aspetti, i bambini che sono il nostro futuro e gli anziani portatori, per fortuna, della memoria del nostro passato.
Gli anziani quelli che oggi hanno 70-80 anni hanno vissuto la precarietà del periodo post bellico, le difficoltà della ricostruzione, i sacrifici, il boom economico, gli anni di piombo, il riflusso, il nuovo secolo, la rivoluzione del digitale ed è come se avessero attraversato tante vite. La loro testimonianza è quella che si può risorgere dalle rovine della guerra, vivere con poco, valorizzando il concetto di comunità, prestando fede ad un progetto di vita, di famiglia e di società.
Pensiamo ad anziani come il Presidente Sergio Mattarella che ha abbracciato la Croce raccogliendo tra le mani l’ultimo respiro del fratello Piersanti ucciso dalla mafia e che sta conducendo il Paese nel momento più difficile dell’età moderna. Vogliamo parlare del novantenne Piero Angela? Un patrimonio di conoscenza, divulgazione e garbo che tutti vorremmo come un secondo padre o un nonno. Come non citare infine la Senatrice Liliana Segre che è scampata alle atrocità del Campo di Concentramento, ha fatto della propria vita un atto di Testimonianza ed è andata in Senato a votare in favore della cittadinanza a Patrick Zaki affinchè venga liberato dalla prigionia in Egitto, con la sollecitudine di una nonna verso un suo nipote.
Vite straordinarie, direte voi, che forse non rappresentano l’anziano medio.
Allora consentitemi di parlavi di persone comuni, grandi di età, che io ho scoperto straordinarie proprio durante l’Emergenza Sanitaria: i miei pazienti che hanno mostrato una duttilità, una capacità di risposta alla terapia, un impegno ed un coraggio stupefacenti ed ammirevoli.
Per tutti vi parlerò di Paola (nome di fantasia), 69 anni, giunta da me in estate con una patofobia da contagio di grado severo.
Paola, a motivo del suo disturbo, aveva grande difficoltà ad uscire di casa e dunque si è resa disponibile a collegarsi con me in videochiamata. In breve tempo, attraverso lo stabilirsi di una buona relazione terapeutica, si è aperta con me seguendomi nel mio approccio che integra le mie diverse specializzazioni destreggiandosi tra prescrizioni strategiche e terapia analitica bioenergetica. Paola in tre mesi circa ha risolto il suo problema ed è tornata con grande sollievo del marito, delle figlie, della nipotina e degli amici ad una vita quasi normale, nonostante il Coronavirus.
Mi ha scritto una lunga e commovente lettera per ringraziarmi dicendo che è stata la mia umanità, la mia solarità ad aiutarla oltre che l’abilità professionale. Io penso invece che il merito di un successo del genere vada a quella flessibilità, disponibilità ed impegno che persino in ambienti clinici si pensa che gli ultrasessantacinquenni non abbiano.
Paola mi invia spesso foto dalle sue passeggiate che mi testimoniano la gioia di un pieno un ritorno alla vita e l’altro giorno ha elaborato per me un disegno in cui ha rappresentato il suo stato d’animo prima e dopo la terapia.
Una porta chiusa dietro la quale Paola ha isolato il buio del disturbo che l’aveva imprigionata, ed una finestra spalancata che rappresenta, tiene a specificare, “la forza mentale di cambiare” e si affaccia su una collina fiorita a strapiombo sul mare. Un paesaggio splendido che trasmette con immediatezza una sensazione di gioia e libertà data dalla connessione col colore ed il profumo dei fiori, la carezza della brina marina ed il calore del sole.
Sotto la finestra questa signora, ormai prossima ai settant’anni, scrive una parola paradigmatica dell’Insegnamento che più di ogni altro, a costo di grandi lotte e sacrifici, ci hanno dato gli anziani e che rappresenta un augurio bellissimo e carico di speranza: Liberazione.