Cronache dall’ Afghanistan
SCRITTO DA BARBARA SCHIAVULLI IN DATA GIUGNO 17, 2021
Shukria Barokzai decide di vederci anche se negli ultimi tempi è stata un po’ in disparte dalla scena politica. La prima volta che ci siamo incontrate era candidata alle presidenziali. Aveva già subito il suo primo attentato e viveva in una casa trasformata in bunker. Era una donna energica, senza peli sulla lingua, con una gran voglia di battagliare e non è cambiata affatto. Femminista musulmana afghana, nasce come giornalista prima di darsi alla politica, ed è questo che è tornata a fare. Due dei lavori più pericolosi in Afghanistan, se non si considera che è anche una donna.
Ci riceve nel suo salotto inondandoci di dolcetti e tè come come nella migliore tradizione afghana, e va dritta al punto prima ancora che le si faccia una domanda. «Sono una donna di principi, non pregherò i talebani perché facciano la pace. Noi donne vogliamo giustizia ed essere parte del processo politico, invece ogni messaggio che ci arriva da questa gente è che ignorano qualsiasi bisogno degli afghani e soprattutto delle donne. Chi diavolo sono per darmi ordini? O per darne a chiunque di noi. Parlano di voler instaurare un stato islamico, e questo che cos’è? Siamo musulmane, siamo velate, preghiamo. Ma qui finisce la storia, l’Islam non nega i diritti delle donne di studiare, lavorare, essere felici. Perché gente che uccide dovrebbe governare il paese? Perché dovremmo permetterlo? Perfino gli uffici in Qatar (l’ufficio ufficiale della delegazione politica talebana), non è civile. Un’amica che fa parte della delegazione dei negoziati, mi ha detto che quando parla la ignorano e mettono la testa sul tavolo per non guardarla. Davvero dovremmo tornare al Medioevo?».
È un fiume in piena Barokzai ma poi si modera. Anzi no. «Voglio vedere come la comunità internazionale tratterà con i talebani, se accetteranno che facciano quello che vogliono, forse se si tratta di amministrazione, possono anche farlo, ma il governo? L’Esercito? Non hanno neanche idea di cosa sia un leadership o come si governi un paese. Se chiedi alla gente se preferisce l’insicurezza ma con la libertà di pensare, o stare a casa prigionieri, credimi per quanto terribile sia, si sta meglio così. La pace non è assenza di guerra, è giustizia, libertà, giustizia sociale, sviluppo, condivisione del potere, libertà di espressione, la sicurezza è una collana. Se non ci sono tutti gli elementi che servono, non è pace».
Shukria dice che gli afghani sono stanchi della guerra, della crisi politica e dell’insicurezza, ma ci sono stati dei progressi, le donne esistono e il giornalismo, per esempio, per quanto sotto attacco, è libero e attivo. «Non dico che questo governo mi piaccia, sono stati fatti molti errori come politicizzare la sicurezza, ma è stato votato. Questo paese è complesso, non si possono mettere delle persone in certi posti solo perché ci si fida di loro, servono competenze, serve una coalizione che lavori insieme perché l’Afghanistan stesso è un agglomerato di diversità. E se fossimo uniti, mentre ora nel governo e nel parlamento si scannano tra di loro, i talebani non avrebbero speranza. La gente non si sente ascoltata e ora che gli americani se ne vanno, bisogna imparare a fare i compiti da soli, altrimenti questo caos continuerà e i soli a rimetterci saremo noi».
Shukria sorride alle donne che fanno arti marziali e che in qualche posto si armano. «Quanto mi piacerebbe vedere un talebano schiaffeggiato da una donna. I talebani sono solo il lungo braccio di altri paesi per tenere questo paese sotto scacco, per mantenere vivo il terrorismo. Davvero qualcuno crede che i talebani combattono l’Isis o al-Qaida? Chi lo pensa è un idiota. L’Isis fa il loro sporco lavoro, è funzionale a mantenere questa situazione. Si completano a vicenda. E non sono certo parte di me. Chi sono? Solo militanti che vogliono uccidere. L’opinione pubblica occidentale dovrebbe porsi domande su questi vent’anni, anche l’Italia ha sacrificato delle vite, ha costruito delle scuole, davvero vogliono vedere i talebani che distruggono tutto? Forse servirebbe una coalizione internazionale fatta di generali che gestisca la sicurezza del paese e che controlli l’esercito». Senza contare, spiega Shukria, che i talebani sono l’ombra dei militari pakistani influenzati da altri paesi. «Non sono certo il gruppo degli anni Novanta, ora sono più sofisticati, più addestrati, ma davvero possono aver sconfitto i più potenti eserciti del mondo? Chi diavolo sono? Il problema è che si è semplicemente combattuto senza che ci fosse un piano strategico a lungo termine». Ma ora neanche gli afghani sono più quelli di 20 anni fa, che non sapevano di avere dei diritti, che erano senza internet, che non si parlavano, che erano chiusi al mondo. E le donne ancora di più: «Le donne la pensano diversamente, sono pronte a combattere, lo faranno nelle strade, nelle scuole, al lavoro. Meglio morire combattendo da libere, che sconfitte e con la bocca cucita».
Fonte https://www.radiobullets.com/rubriche/afghanistan-giorno-7-la-pace-non-e-assenza-di-guerra/