Emanuela Carniti primogenita di Alda Merini, la famosa e conosciuta poetessa italiana, ha scritto un libro ”Alda Merini, mia madre” in cui traccia una sua autobiografia, strettamente connessa con quella della madre scomparsa. Abbiamo voluto fare quattro chiacchiere con lei per parlare non solo delle note intimamente biografiche sulla madre ma anche e soprattutto di lei e di quello che voglia dire avere un’eredità così’ pesante sulle spalle. Ricordiamo che infatti Alda Merini fu più volte ricoverata in manicomio prima che la legge Basaglia fosse promulgata nel 1978, a testimonianza che la diversità sia stata spesso considerata follia.
Emanuela Carniti racconta nel libro l’ appassionante, eccentrica e disperata vita della grande poetessa dieci anni dopo la sua morte. Una vita, eccezionale e unica, intensa, passando da precoce talento letterario (con la frequentazione fin da ragazzina di intellettuali e premi Nobel da Giorgio Manganelli a Salvatore Quasimodo a Pier Paolo Pasolini), alla malattia mentale e ai vari ricoveri negli ospedali psichiatrici, i grandi amori e la passione costante per gli uomini, il successo, anche televisivo, arrivato quando era anziana, la vita di quartiere sui Navigli…
In questo libro, la figlia Emanuela, nata quando Alda aveva 24 anni, fu l’ unica tra le 4 figlie a non essere data in affido e ad essere rimasta in casa con i genitori fino ai 20 anni. Racconta la storia della madre con grande amore e lucidità. Ne viene fuori un ritratto franco, ben più complesso di quello che era finora noto: l’infanzia nel dopoguerra, il forte attaccamento al padre, il desiderio dei ricoveri che, nonostante tutto, la “curavano”, la difficoltà ad adattarsi alla vita di moglie e di madre, la generosità, il narcisismo, le eccentricità. Il libro contiene un inserto di foto di famiglia.