O l’anima o la vita: educare a fuggire dal predatore affettivo
In qualità di Psicologa dello Sviluppo ed Educazione e Psicoterapeuta di lunga esperienza mobilitata anche nei media per la prevenzione della violenza di genere, rilevo un incremento preoccupante di relazioni tossiche tra i minori che causano gravi danni all’autostima e alla dignità di chi le subisce e possono esitare in atti di grave violenza sino al femminicidio. Come possono i genitori aiutare le loro figlie a proteggersi?
Pochi giorni fa il padre di Chiara Gualzetti, la quindicenne uccisa il 27 Giugno scorso a coltellate e a calci da quello che credeva un amico, ha postato una foto col letto vuoto della figlia accompagnato da queste strazianti parole: “Il tuo letto resterà sempre vuoto. Come il nostro futuro”. Quello di Chiara è l’ultimo di una inquietante catena di femminicidi operati da giovanissimi e di cui sono rimaste vittima coetanee, ragazzine, poco più che bambine. Anche se la sanità mentale del sedicenne carnefice di Chiara deve essere accertata, benché il GIP dell’inchiesta lo abbia già definito un killer lucido e senza scrupoli, gli scambi del ragazzo in una chat con un parente e con la vittima stessa, sono forti indicatori di una relazione tossica. Infatti il minore, dialogando col congiunto, disprezza Chiara dicendo che è appiccicosa, mentre a lei che gli confidava in un momento di sconforto di aver pensato di uccidersi e di nutrire il timore che non sarebbe mancata a nessuno, il ragazzo, ben lungi dal rassicurarla del contrario, rispondeva che, se lo avesse voluto, un aiuto a compiere l’atroce gesto glielo avrebbe dato lui.
In qualità di Psicologa dello Sviluppo ed Educazione e Psicoterapeuta di lunga esperienza, rilevo un incremento preoccupante di questi legami avvelenati e pericolosi tra i minori che causano non infrequentemente gravi danni all’autostima e alla dignità di chi li subisce e possono esitare in atti di grave violenza sino alle estreme conseguenze. Del resto nel 2020 si è registrato un boom di richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522 con un forte incremento delle giovanissime fino ai 24 anni di età. Ciò non deve stupire: nella narcisistica società dell’immagine, legami di attaccamento genitori-figli sempre più perturbati e stili educativi inappropriati (iperprotettivo e permissivo) concorrono a formare personalità dipendenti e narcisistiche che, incontrandosi ed incastrandosi con un perfetto meccanismo chiave – toppa, tendono a sviluppare un legame tossico caratterizzato da elevata ed aperta conflittualità, mancanza di rispetto, coesione e sostegno reciproco, ma soprattutto dall’abuso di un partner sull’altro.
Va sottolineato che l’abusato non riesce ad allontanarsi dalla relazione a causa di una devastante dipendenza affettiva che si instaura precocemente, alimentata ad arte dal partner narcisista: costui infatti, attraverso una escalation di maltrattamenti mirati che indeboliscono la fragile identità della personalità dipendente, rende la sua “vittima” incapace di reagire tempestivamente e correttamente e quindi di porre fine al rapporto malato in cui si è coinvolta. Percentualmente si è visto che le personalità narcisistiche si trovano maggiormente nella popolazione maschile e quelle dipendenti tra le persone di sesso femminile. Perché? Perché sul legame di attaccamento e sui sistemi educativi agiscono in modo carsico e potente gli stereotipi di genere della cultura di appartenenza dei genitori. Basti pensare che nel nostro Paese, secondo dati Istat relativi all’anno 2018, su un campione di popolazione adulta tra i 18 ed i 74 anni, il 32,5% pensa che sia più importante per l’uomo che per la donna avere successo nel lavoro e nel 31,5% dei casi che gli uomini siano meno adatti delle donne ad occuparsi delle faccende domestiche. Il 27,9% ritiene che sia l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia e ben il 39% che la donna se vuole possa sottrarsi ad un rapporto sessuale non voluto così come sia nella possibilità di provocare la violenza col modo di vestire per il 23,9%. Dunque non dobbiamo stupirci se nell’immaginario collettivo le bambine sono fragili, vanno protette, indirizzate, devono essere carine e sorridenti, gentili ed accomodanti. Non sta bene che si arrabbino o che rifiutino decisamente qualcosa che tocca la loro sensibilità, perché il loro destino per gran parte degli adulti è quello dell’angelo sottomesso del focolare, o dell’oggetto del desiderio che ha un valore, o per la sua capacità di occuparsi di marito e figli, o di piacere agli uomini per l’avvenenza del proprio corpo. La donna ancora oggi ed in troppi casi si percepisce, viene considerata, ed acquisisce status sociale, solo attraverso l’uomo che la sceglie e la promuove piuttosto che per se stessa e le proprie capacità, come invece dovrebbe essere.
Sempre per gli stereotipi di genere i maschi sono più forti e dominanti, non devono piangere o mostrare sentimenti di fragilità, possono arrabbiarsi e mostrare aggressività, ma non va bene che abbiano sensibilità ed interessi simili a quelli delle bambine o che gli piaccia stare in loro compagnia. Ciò accade perché il contatto col femminile è vissuto come diminuente e svalutante per i maschi in una società come la nostra percorsa da una misoginia diffusa, spesso interiorizzata ed agita dalle donne contro le altre donne ed in danno delle stesse figlie che crescono come se fossero creature di serie B. Invece il modo migliore di amare le bambine è farle sentire importanti, viste, riconosciute, ascoltate e soprattutto con le stesse opportunità dei bambini di imparare, evolversi e realizzare i loro sogni qualunque essi siano, perché non esistono sogni di genere come viene ancora loro erroneamente trasmesso. E’ cruciale educarle assertivamente stabilendo poche e semplici regole, consentendosi di essere severi quando le trasgrediscono. Non occorre supportarle eccessivamente, devono poter sbagliare ed assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Inoltre, al fine di promuovere in loro quel senso critico che le aiuterà a valutare bene il prossimo, è necessario dialogare e confrontarsi con loro consentendogli di esprimersi liberamente ed affermare le proprie idee.
Le bambine non devono essere trattate da bamboline, va insegnato loro che essere belle non è né un valore e tantomeno uno scopo: non vanno pertanto incoraggiate ad essere carine con gli altri, a baciare ed avere contatti con gli estranei. Va loro insegnato che il corpo è una parte privata di noi che nessuno deve permettersi di toccare all’infuori dei genitori e del dottore. Abituiamo le bambine sin da piccole a non accettare commenti o compromessi mortificanti nei giochi con gli altri e da adolescenti è fondamentale incoraggiarne l’indipendenza aiutandole a riconoscere i primi segnali di tossicità di una relazione, così da allontanarsene rapidamente. Se i genitori notano la tendenza della propria figlia ad essere adesiva con gli amici, remissiva al limite della sottomissione con i ragazzi che le piacciono adeguandosi a tutto ciò che può far loro piacere, come se sentissero di dover trasformare se stesse pur di mantenersi accanto gli altri, sarebbe un’ottima idea prevedere un percorso psicoterapeutico con uno specialista dell’età evolutiva in modo che possano evolvere ed individuarsi pienamente, evitando di cadere vittima del predatore relazionale di turno che, con spietata precisione, coglierà la tendenza a dipendere e il bisogno d’amore della ragazza, approfittandone indegnamente. Il punto che deve essere chiaro è che il narcisista maligno, sia esso il fidanzato, l’amico, il parente, il collega di lavoro, cova un progetto di distruzione per la persona che ha scelto, alimentato potentemente dall’odio provato per la vittima, colpevole ai suoi occhi per la bontà e l’innocenza che esprime, per l’empatia che possiede e la capacità di provare sentimenti autentici che sono preclusi al predatore affettivo a causa della disumanità che lo abita. E’ molto utile da parte dei genitori essere consapevoli che le relazioni tossiche seguono un copione prevedibile, così da aiutare le figlie ad individuare quei segnali precoci di malignità nello scambio che sono:
1) Eccessivo entusiasmo iniziale (love bombing): in fase di conoscenza il predatore relazionale, attraverso una minuziosa indagine dei bisogni e desideri della vittima, si trasforma camaleonticamente nel partner ideale, non mancando di sottolineare l’intesa perfetta, l’armonia incredibile che si è stabilita, STRA-OR-DI-NA-RIA! Aggiungerà poi, all’acme di quella che è una vera e propria recita inscenata per coinvolgere prima e intrappolare poi la vittima.
2) Mancanze improvvise quando il legame si consolida: assenze, dimenticanze, piccole scortesie, sottili svalutazioni vengono utilizzate al fine di testare la resistenza psicologica della vittima e il grado di dipendenza che ha maturato da questo “mirabolante incontro del destino” e soprattutto dalle emozioni positive che ha provato inizialmente.
3) Escalation: se la malcapitata ha sopportato le prime angherie, il narcisista maligno può procedere a maltrattamenti più gravi come le mortificazioni pubbliche e la diffamazione privata, il far dubitare alla vittima delle proprie percezioni ricordando cose mai accadute e negandone altre evidenti, crearle confusione mentale con giochi di parole, attribuirgli colpe che non ha e che tipicamente appartengono all’offender. Seguono poi inesorabilmente il confrontarla più o meno sottilmente con ex partner definite come pazze e psicopatiche in fase di conoscenza, ma con le quali poi tipicamente il manipolatore triangola, oppure con altre conoscenze comuni che vengono improvvisamente rivestite di lodi ed interesse a lei in precedenza riservate, così come il criticarla direttamente e con malagrazia per il suo modo di vestire e di comportarsi, spingendosi all’insulto, fino ad arrivare all’allontanamento della vittima da tutte le persone importanti nella sua vita, soprattutto familiari ed amici stretti che potrebbero aiutarla. Menzione speciale va fatta per una variante perversa del controllo della vittima che prevede una sulfurea triangolazione con congiunti ostili e svalutanti la partner al fine di umiliarla maggiormente e portare a termine più facilmente e con mefitica efficacia, l’operazione di erosione della sua personalità e di assoggettamento totale al volere del manipolatore.
L’annientamento psicologico è l’obiettivo principale ed usuale del narcisista maligno che viene perseguito fin dall’inizio della relazione e che è stato già raggiunto innumerevoli volte ai danni di altre sventurate che non hanno realizzato in tempo di avere a che fare con un serial killer dell’anima. Infatti, a ben guardare, il passato del narcisista patologico è un cimitero relazionale che descrive come uno sfortunato cammino percorso da cretine, ingrate, incapaci, palle al piede, sfruttatrici, sociopatiche tra cui annovererà l’attuale vittima e quelle successive. E’ solo questione di tempo. Se si aiutasse le ragazze a chiudere la relazione dal punto 2 o al massimo alle prime manifestazioni del punto 3, spiegando loro che quanto di positivo hanno visto nella persona con cui stanno interagendo non esiste perché frutto di una recita, si risparmierebbe tanta inutile sofferenza che seguirà inevitabilmente, perché alla vittima viene lasciata la scelta tra soccombere e perdere se stessa, la propria capacità di giudizio e la dignità, oppure entrare in una spirale di conflitti, umiliazioni, minacce, stalking che in alcuni casi sfociano in gravissime violenze e nel femminicidio.
Poiché la prima forma di educazione è l’esempio, mi piacerebbe responsabilizzare tante mamme di adolescenti, a loro volta fragili, sole, alla ricerca dell’amore affinché non cedano per prime a relazioni degradanti i cui effetti negativi ricadono inevitabilmente e sotto tanti aspetti anche sulle figlie: nell’aumento di quasi l’80 per cento delle richieste di aiuto al 1522 si è evidenziato infatti un picco di oltre 4 punti percentuali nella fascia di età sopra i 55 anni. Dalle cronache, ma anche dalla mia esperienza clinica, emergono racconti di donne che generosamente e fatalmente, specie in periodo di confinamento, hanno consentito l’accesso alle loro abitazioni e lo sfruttamento delle proprie risorse economiche a uomini da sempre maschilisti, promiscui, arroganti, inattendibili, che in evidente difficoltà economica e abitativa si sono incredibilmente trasformati, complice il distanziamento sociale, in fidanzati inappuntabili, fedeli, presenti, solleciti, affettuosissimi…di più! IDEALI (vedi punto 1). Vi lascio intuire i risultati a breve termine di tali inattesi e urgenti sperdimenti, per non parlare di quelli a lungo termine quando i partner maligni – manipolatori potranno tornare all’ “allegra” vita di prima.
Mamme care, persino il buddismo parla di compassione idiota; siate caute circa chi fate entrare nella vostra vita, avete il dovere di essere attente e generose in primo luogo verso le vostre figlie e poi nei riguardi di voi stesse rispondendo positivamente all’unica vera domanda che ci restituisce la verità e l’opportunità di una relazione: Mi rende felice? Aggiunge qualcosa alla mia vita? Diversamente se vi sentite umiliate e/o confuse e/o prosciugate emotivamente, chiudete il rapporto tossico ed insegnate alle vostre ragazze a fuggire dai predatori affettivi. Se doveste percepire i morsi della dipendenza affettiva come intollerabili, affidatevi ad uno Psicoterapeuta esperto in queste dinamiche che vi aiuti a divincolarvi dalla morsa del maltrattante ma soprattutto a ricostruire o a sviluppare una relazione di amore, protezione, stima e riconoscimento con ciò che avete di più prezioso: voi stesse. Diceva giustamente Frida Khalo che lo aveva imparato a prezzo di grandi sofferenze: “Se con un tacco ti vedi più alta, con l’amore per te stessa ti vedrai immensa”.
2 commenti
Gent.ma dott.ssa Alexia Di Filippo ancora una volta leggo la sua analisi rabbrividendo…. Ma per poter annientare psicologicamente una ragazza quanto amore manca?!?? e questo papà se le fa le domande giuste? Si dice sempre che la morte di qualcuno non è vana se ha salvato vite umane…
ma tutti questi femminicidi chi salveranno? Si prova abbastanza dolore di fronte a questi episodi per poter CAPIRE ed imparare ad educare? Leggo e provo veramente lo strazio dell’anima.
Grazie dott.ssa Di Filippo per la sua costante opera: è una Mission bellissima ed ammirevole.
Gentile Gabriella, Grazie di cuore per le parole gentili che esprime nei miei confronti e per quelle di riconoscimento del mio operato. Circa quanto mi scrive, desidero dirle che comprendo appieno il suo stato d’animo eppure non è sempre possibile ad un genitore percepire correttamente il disagio di un figlio o il pericolo che sta correndo intrattenendo una certa relazione. Il papà di Chiara Gualzetti al quale esprimo la più affettuosa vicinanza, non ha, ad esempio, colto nessun segnale inquietante nel ragazzo che gli ha ucciso la figlia e che oltretutto aveva effettuato presso di lui un tirocinio professionale.
La povera Chiara era una ragazza dolcissima, molto sensibile e con alcune fragilità che possono essere tranquillamente ascrivibili all’età adolescenziale. È per questo che consiglio spesso ai genitori, se notano in adolescenza che le figlie mostrano qualche difficoltà psicologica e/o relazionale, anche lieve, di farle aiutare subito onde evitare che cadano preda di quei vampiri relazionali che sono i narcisisti patologici.
Circa come si possa fare del male ad una creatura buona che innocentemente si affida e ama ingenuamente il proprio carnefice, va specificato che costui ha una distorsione della personalità talmente grave per cui gli altri sono immagini nella sua mente, oggetti, che può usare, muovere come pedine, ingannare, depredare ed alfine distruggere senza alcuna remora né rimorso.