di Daniela Tuscano
Piera, alias Marina. Avevo appena terminato l’omonimo romanzo epistolare di Dacia Maraini quando scoprii che il precedente libro era dedicato proprio a lei. Questione
di faccia. Degli Esposti possedeva un sorriso scombinato, sincero al limite della sfrontatezza. Un sorriso, in ultima analisi, maschile, che possono permettersi le
sante o le prostitute. O le artiste – non tutte. O, ancora, le donne troppo lacerate, intimidite. Un sorriso che ripescò negli anni maturi, pronto a cominciare daccapo, a sorprendersi, a entrare nelle famiglie, e lei le ha avute tutte, dopo che era stata massacrata la sua. Chi se non Piera poteva incarnare Clitennestra? La contemporanea, godotiana Marina e la mitologica sovrana, giustamente vendicativa, tutta occhi e denti.
Dedicarle un libro-paradigma, sorta di “Confessione” agostiniana, fu scelta felice, perché Piera fu naturalmente femminista: ai margini,
sperimentale, ma non soltanto viscerale: proprio stramba, e per nulla snob. Attrice, produttrice, così tanto donna da riassumere anche l’uomo. E questo devastante 2021
ci ha sottratto pure lei, condannandoci a un orfelinato senza scampo.