Le donne non sono più questione ma risorsa
Settembre 2021.
Quest’estate sarà ricordata solo per gli effetti di un clima apparentemente impazzito con conseguenze devastanti, temperature surreali, incendi, nubifragi, terremoti.
Per un virus che ha continuato a fare vittime minacciando di restare nelle nostre vite per parecchio tempo nonché per le conseguenze economiche derivate.
Preoccupanti per il quadro di politica internazionale della quale la maggiore catastrofe si è abbattuta sull’Afghanistan.
L’estate sta morendo ma forse è presto fare bilanci.
Ciononostante, nel girone dei fatti drammatici che hanno funestato questi ultimi due anni, emerge un dato positivo e non di poco conto che rimette in discussione vecchi schemi identificativi
di genere. L’impegno assunto dalle donne in ognuna di queste circostanze indica, forse, il 2021 come un anno “speciale” per esse ed uno spartiacque nella “politica”.
Cosa è cambiato e cosa sta cambiando.
Le donne, da che la storia ci rimanda la loro presenza nell’evoluzione del mondo come una massa generica senza nome, colpevoli- innocenti-sante-madri-prostitute ecc., sono state ricordate più
per i loro drammatici vissuti che per le qualità da loro messe a disposizione al progresso delle società e quindi del mondo, salvo la maternità come dovere.
In particolare nel nostro Paese, anche la memoria più recente della partecipazione attiva nella guerra-resistenza, l’impegno nella ricerca, la cultura e molti altri campi, appaiono fortemente datate nel ricordo collettivo e nei percorsi formativi. Più in generale, la storia delle donne è fatta risalire, erroneamente, al protagonismo femminista degli anni’70 mentre, quello che è avvenuto successivamente negli anni 1980/2000, appare genericamente scontato quanto insufficiente.
Infatti oggi la riflessione che permane sulla differenza di genere ma ancora di più sul raggiungimento di una parità effettiva, che se è ancora presente vuol dire che non è risolta, si
divide tra chi ritiene che la questione sia superata grazie alle “conquiste” ottenute ( tali vengono considerate normali acquisizioni di diritto) e chi obietta-rivendica ancora maggiori opportunità
secondo una scala di valori “tradizionali” che non tiene in conto i cambiamenti in corso.
Per esempio le conseguenze di una diversa spartizione di aree geografiche che ci obbliga ad essere una società aperta e inclusiva rispetto alla propria identità, in un obiettivo generale d’integrazione economica e lavorativa delle persone.
Nel particolare :
Donne- Covid
La devastazione che questo virus ha portato a livello mondiale, in un caos unificante davanti alle molte conseguenze drammatiche e all’incapacità iniziale di avviare una difesa comune a livello scientifico, in questo secolo appunto, le questioni ideologiche sono state assorbite, rinviate, pur restando fondamentalmente presenti, come dimostra la posizione dei “no vax”.
Nell’ingovernabilità della prima ora, la necessità di fare uso del sapere, di metterlo a disposizione di tutti, di puntare alla sopravvivenza e alla solidarietà, è stato il contenitore che ha risvegliato e caratterizzato l’impegno oltre il genere.
Eppure una differenza, non sostanziale ma significativa, è emersa in questa direzione proprio dal mondo scientifico: i dati hanno evidenziato che il virus colpiva meno le donne degli uomini e che
esse rispondevano in modo differente alle cure. Da come è stato rappresentata dai media, questa osservazione scientifica è apparsa quasi un privilegio femminile anziché sottolineare come sia
necessario che la ricerca, la medicina e quindi le politiche sanitarie affrontino la questione delle differenze da tutelare anche in questo campo.
Donne-Società
Esse hanno rappresentato un’ enorme risorsa di assistenza sociale nell’occuparsi delle famiglie, dei soggetti fragili, anziani e malati, dei bambini piccoli e di quelli in DAD, del proprio lavoro e di quello casalingo. Sostegno che non si è certo limitato a quello fisico-assistenziale ma anche psicologico della struttura familiare nel suo insieme. Impossibilitate a svolgere normali attività,
sono state capaci di “reinventarsi” unendo adattamento emergenziale, creatività e tolleranza ingaggiando una forma di resistenza peculiare nelle lunghissime file per l’acquisto di beni di prima
necessità e per ogni genere di rifornimento alimentare e medicale. Spesso dimenticando se stesse.
Donne-Sanità
Esse hanno contribuito in ogni settore medico-infermieristico della sanità pubblica e privata per combattere l’epidemia e sottrarre molti pazienti alla morte. Le immagini d’infermiere stremate in
corsia, a volte usate retoricamente, sono drammaticamente vere.
Donne-Economia
Il lockdown ha sconvolto infatti un sistema lavoro basato su tempi, orari, trasporti e organizzazione di cui il carico maggiore è sicuramente ricaduto sulle donne in particolare per
problemi di spazi-tempi da condividere con la famiglia. La capacità delle lavoratrici di tenere complessivamente salda l’ attività lavorativa ha contribuito in misura efficace a non fare crollare il
sistema economico paese..
Donne-Violenza
E’ incontrovertibile che la violenza contro le donne, nelle tante forme in cui essa si declina (fisica, sessuale, psicologica, economica), si è manifestata con maggiore recrudescenza in particolare tra
le mura domestiche.
E’ evidente che questi fenomeni non possono essere ridotti ad elenchi che non tengano conto diogni specificità, ogni forma paese, ogni gruppo sociale, ogni cultura, ogni luogo geografico.
Quello che emerge è che le donne sono state uno dei piloni portanti su cui il nostro Paese ha potuto poggiare. Anche a livello internazionale si è dovuto riconoscere il loro fondamentale ruolo
durante la pandemia, a partire da uno dei paesi meno generosi nei loro confronti come la Cina .
Ma la questione è un’altra. E cioè se può bastare l’ essere riconosciute come esseri esistenti o cambiare il modo di esistere?
La differenza tra queste due visioni, tra passato e futuro, deve passare necessariamente attraverso un presente attivo e determinato.
Eppure nel dibattito di genere sono ancora presenti due modi diversi di affrontare la questione: da un lato un continuum di analisi dei perché e dei come, dall’altro la formulazione di proposte più
avanzate e perseguibili. Difficile dire chi frena e chi traina in questo dualismo contraddittorio difficilmente risolvibile a livello ideologico.
Ciononostante il mondo e la storia creano le situazioni.
Quanto accade in Afghanistan è la dimostrazione che per le donne il tempo sembra si sia fermato. A meno che non si pensi che la questione femminile riguardi solo l’Occidente, alcune
aree geografiche, alcune forme di governo.
La “questione femminile”, di per sé, c’è o non c’è. Altrimenti non si può definirla tale ma solo rivendicazione parziale di alcune scartandone automaticamente altre.
Altresì conviviamo con un mondo che, e non solo con le donne, se da una parte agisce nel nome del progresso, dall’altra contiene forme atroci di sterminio di popolazioni, persecuzioni etniche e
religiose.
Il problema dunque è se, in un mondo così conformato, le donne debbano porre i loro diritti come una faccenda “privata”. Perché il diritto ai diritti, alla vita, alla libertà individuale,
all’autodeterminazione, religiosa, politica e privata non può che appartenere a ciascun essere umano.
In quest’ottica è fondamentale manifestare (come sta avvenendo) una solidarietà attiva verso ledonne sottoposte ai principi della “sharia” (nella forma in cui questi ci vengono esibiti dal mondo
talebano) con la quale sono previste punizioni corporali , vengono esercitati sia il diritto matrimoniale che quello successorio, costrette a coprire il proprio corpo, impedite di lavorare e di
rappresentanza ad ogni livello) che infrangono gli stessi per i quali le donne si sono battute nel tempo.
In questo quadro complesso, dove conta dove sei e cosa puoi fare, le donne, non più soggetti generici, hanno il dovere di dare corso in modo visibile e costruttivo alla “sorellanza” intesa come “uguaglianza”. Salvo non liberarsi mai dal fardello.
Dunque questo 2021 è o sarà l’anno delle donne?
Una sfida e una speranza.
Che si sostanziano nella tessitura a tela di ragno sparsa per il territorio, ramificata nelle istituzioni, aderente al sociale, di movimenti e associazioni. Una base per una vera alleanza, non ancora
formalizzata politicamente ma già esistente. Oltre i propri confini, oltre propri interessi.
Niente potrà essere più come prima e la ripartenza più equa e sostenibile per tutte e tutti.
Le donne non potranno più costituire un apartheid.
La loro condizione originale è cambiata rispetto al passato nel senso che esse sono divenute parte integrante del dibattito sociale, economico e della politica sia come presenza sia come pensiero.
E come tali le rivendicazioni da loro sollecitate devono essere prese necessariamente in considerazione, lavoro, imprese, società, sostenibilità ecc.
Non più in contrapposizione di genere ma confronto, proposte, integrazione e collaborazione tra generi.
Azioni in favore di questo progetto complesso e complessivo verso il progresso e il cambiamento si sono avviate (G20, PNRR).
Le donne dunque non più questione ma risorsa.
La trasformazione-ricomposizione di aree geografiche, la diversificazione di aree d’influenza, l’appartenenza al proprio Paese non consentono una visione minimalista degli interessi collettivi
dei quali le donne ormai sono protagoniste e pilastro.
Se appare prematuro, in questo momento, affermare di essere all’ultimo passo affinché la “questione femminile” trovi una sua possibile definizione e termine, certamente sembra arrivato il penultimo passaggio che cancelli e superi la fase del conflitto permanente.