Finalmente una statua dedicata ad una donna a Milano: Cristina Trivulzio di Belgioioso. Ma chi era?
di Silvana Citterio
Il 15 settembre 2021 è stata inaugurata la prima statua che il Comune di Milano ha eretto per una donna. Fino a questa data recente, tra le 121 statue innalzate nella città si potevano calcolare una nutrita schiera di personaggi maschili (più o meno illustri), una svettante Madonnina dorata, qualche madonna o santa di minor conto, ma nessuna figura storica femminile.
Dunque, bene che, sia pur tardivamente, Milano abbia voluto onorare una delle sue figlie più nobili: Cristina Trivulzio di Belgioioso (1808 – 1871), patriota e filantropa, la prima donna d’Italia, come la definì Carlo Cattaneo. La statua è stata collocata al centro di piazza Belgioioso, davanti all’omonimo palazzo, a due passi dalla Scala, nel cuore di Milano, patria di illuministi quali Pietro e Alessandro Verri e Cesare Beccaria. Non poteva esserci luogo più adatto ad ospitarla.
Secondo i promotori del progetto (Fondazione Brivio Sforza, Banca di Credito Cooperativo e Comune di Milano con il patrocinio di Regione Lombardia) il monumento vuole essere un punto di partenza più che una commemorazione, un invito a conoscere la figura di Cristina, più che una celebrazione retorica, nel centocinquantenario della sua morte.
Ma chi era Cristina e quale immagine di lei ci rimanda la statua che è stata realizzata da Giuseppe Bergomi?
Una breve cronologia ci aiuta a collocarla nel suo contesto storico e a comprenderla.
1808 Cristina nasce il 28 giugno a Milano da Vittoria Gherardini e Gerolamo Trivulzio, in una famiglia di antica nobiltà.
1812- 1823 Restata orfana di padre in tenera età, è il patrigno Alessandro Visconti D’Aragona a occuparsi della sua educazione: le affianca i migliori insegnanti del tempo, tra i quali la pittrice Ernesta Bisi che le resterà amica per tutta la vita e che la introduce negli ambienti della Carboneria lombarda.
1824 Sposa il principe Emilio Barbiano di Belgioioso, di idee liberali, dal quale si separa, di fatto, dopo pochi anni. La separazione non sarà mai formalizzata.
1830 – 1840 In esilio a Parigi, frequenta i migliori artisti e intellettuali: gli storici Augustin Thierry e François Mignet, i musicisti Franz Liszt e Gioacchino Rossini, gli scrittori Victor Hugo e Alexander Dumas e il poeta Heinrich Heine. Il suo salotto è punto di riferimento per i rifugiati italiani.
1838 Nasce la figlia Maria, legittima erede dei Belgioioso, non avendo mai Cristina voluto rivelare il nome del padre.
1840 – 1847 A Locate, nella proprietà di famiglia, organizza un welfare ante litteram: asilo e scuola elementare maschile e femminile, scaldatoio e mensa per i suoi contadini, assistenza per malattie e maternità.
1848 – Le Cinque Giornate di Milano (18 – 22 marzo) Cristina vi accorre con un battaglione di 200 volontari napoletani. Scrive e pubblicherà a Parigi il diario di quella insurrezione (L’Italie et la révolution italienne de 1848-L’insurrection milanaise) in cui è descritto l’esodo dei milanesi, al rientro degli austriaci in città (6 agosto 1848).
1849 – Per la Repubblica Romana organizza, su incarico di Mazzini, il servizio ospedaliero, reclutando un corpo di infermiere volontarie.
1850 – 1855 In esilio in Asia Minore, impianta, vicino ad Ankara, una comunità di produzione agricola sul modello del falansterio.
1852 Intraprende un avventuroso viaggio a Gerusalemme e ne pubblica il reportage nel 1855 sulla “Revue des Deaux Mondes”
1856 Rientra in Italia, dove continuerà a svolgere la sua attività di pubblicista (Histoire dé la Maison de Savoie, 1860; Della presente condizione delle donne e del loro avvenire,1866).
Vive tra Milano, Locate, Blevio (lago di Como).
1858 Muore il marito, Emilio Barbiano, principe di Belgioioso
1860 La figlia, finalmente riconosciuta Belgioioso, sposa il marchese Ludovico Trotti Bentivoglio.
1871 Cristina muore il 5 luglio, è sepolta a Locate Triulzi.
Perché l’artista Giuseppe Bergomi rappresenta Cristina seduta?
Perché, mi sono chiesta, un’esule, una fuggitiva, una donna che sperimentò, come una “rifugiata” dei nostri giorni, sia la lontananza da luoghi come Milano e Locate che per lei erano casa e patria, sia le difficoltà di inserirsi, a volte senza mezzi, in comunità nuove e straniere, viene raffigurata seduta sia pur col busto inclinato in avanti quasi stesse per alzarsi?
Un destino da esule che Cristina, patriota in fuga, a volte scelse per affermare un proprio stile di vita, controcorrente e anticonvenzionale (è il caso del decennio parigino, 1830 – 1840 e del lungo soggiorno in Anatolia, 1850 – 1856) o, al contrario, subì insieme a gran parte dei suoi concittadini, come nell’agosto del 1848, al rientro degli Austriaci in Milano, dopo la parentesi delle Cinque Giornate e del successivo governo provvisorio della città, come ci testimonia lei stessa.
“Dopo i fatti dell’agosto quasi 100 mila milanesi ebbero asilo nel Cantone Ticino: […] Un gran numero di lombardi, specialmente coloro, che tutto sperano dalla casa di Savoia soltanto, si portarono in Piemonte: dove ebber accoglienza poco fraterna: a Parigi stessa furono freddamente ricevuti coloro, che v’eran venuti a dimandare il soccorso francese. L’Austria aveva fatti precedere i nostri lagni da ogni calunnia.” 1
Perché una donna curiosa e intraprendente, una viaggiatrice coraggiosa ci viene presentata seduta? Cristina, sconsigliata da molti, nel 1852 volle e seppe affrontare con determinazione un avventuroso viaggio via terra dalla Cappadocia, dove risiedeva, a Gerusalemme. Intraprese il viaggio, insieme alla figlia quattordicenne, alla fidata governante Miss Parker e a pochi amici. Ce ne ha lasciato testimonianza nel reportage pubblicato nel 1855 sulla “Revue des Deaux Mondes”.
Apro una parentesi per annotare come, da tale testimonianza, possiamo ricavare giudizi illuminanti sulla posizione subordinata della donna. Le osservazioni di Cristina, pur riferendosi alla società islamica del tempo, ci suonano di grande attualità e valide, purtroppo, ben al di fuori di quel contesto.
Nell’impero ottomano, la donna aveva valore solo come oggetto di piacere sessuale e, soprattutto, come fattrice. Totale, infatti, era la discriminazione e la condanna sociale verso la donna sterile. A tale destino non scampavano neppure le più belle tra le favorite dei principi. Un destino che suscita tutta la ribellione e la riprovazione di Cristina, come ci documenta lei stessa.
”Dietro le due donne si teneva umilmente in disparte una figura su cui i miei occhi si fissarono subito e rimasero ostinatamente attaccati […]. Non mi ricordo di aver mai visto niente di più bello. […] Ognuna delle due nuove venute trascinava, attaccati ai vestiti, i propri bambini, proprio come la madre dei Gracchi. La mia bella, invece camminava da sola dietro […] Teneva la testa bassa, con l’aria umiliata più che umile […] In Oriente non c’è niente di più vituperato, più disprezzato, più negletto, di una donna sterile. […] Non mettere al mondo figli, ecco una vera disgrazia, la più grande delle disgrazie, una disgrazia irreparabile che vi sbatte nella polvere, nel fango, e che autorizza l’ultima delle schiave (purché sia incinta) a calpestarvi.” 2
Dunque, Giuseppe Bergomi ci propone una Cristina seduta, verosimilmente in un salotto, luogo d’incontro, di confronto e, soprattutto, di elaborazione culturale nella Parigi come nella Milano del primo Ottocento.
Cristina è seduta ma non ferma, aperta verso il mondo, tesa verso gli altri e pronta ad alzarsi, a incamminarsi verso nuove imprese per rendere concreti i progetti che viene elaborando nella mente. Gli occhi “grandi come piattini” sono ben aperti e capaci di vedere oltre le convenzioni e gli usi del tempo. Le braccia, pronte ad accogliere, tengono in mano gli oggetti d’uso quotidiano: un libro, fogli scritti, una penna.
È l’immagine di un pensiero in movimento: per un verso esprime un pensiero razionale e solido (Cristina è seduta su un cubo) che si concretizza in precisi oggetti culturali: le lettere private e i libri pubblicati in vita, per l’altro rappresenta una tensione intellettuale che va oltre il tempo e che si iscrive nel retro del cubo, nel messaggio di Cristina alle “donne che verranno”.
«Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicità!» 3
È l’immagine di una donna solida e solidale, riservata e concreta, curiosa del mondo e animata da una tensione positiva verso gli altri, capace di difendere la propria privacy, il buon nome e il patrimonio della figlia e, al contempo, capace di allestire e governare il servizio ospedaliero nella Repubblica Romana del 1849.
Questo è il lascito di Cristina Trivulzio di Belgioioso alle future generazioni.
Un lascito ben rappresentato nella statua del Maestro Bergomi che dal 15 settembre 2021 arreda significativamente piazza Belgioioso, nel cuore della Milano del Settecento, l’età dei lumi.
1 Da Principessa Cristina Triulzi-Belgioioso, dalla “Revue des Deux Mondes” del 1848, successivamente tradotte in L’Italia e la rivoluzione italiana; aggiuntovi: Gli ultimi tristissimi fatti di Milano (narrati dal Comitato di Pubblica Difesa, con documenti), prefazione di Arcangelo Ghisleri, Remo Sandron Editore, Libraio della R. Casa, Milano-Palermo-Napoli 1904, in http://www.liberliber.it, pp. 35-36.
2 Cristina di Belgioioso, Vita intima e vita nomade in Oriente, Ibis, Como – Pavia, 1993 (Nuova edizione 2016), pp. 118-121. Rieditato dalla “Revue des Deaux Mondes” del 1855.
3 Cristina di Belgioioso, Della presente condizione delle donne e del loro avvenire in Nuova antologia di scienze, lettere ed arti, 1866. Cfr. https://it.wikisource.org/wiki/Della_presente_condizione_delle_donne_e_del_loro_avvenire
Autrice. Silvana Citterio
È stata dirigente scolastica e ricercatrice presso l’IRRSAE Lombardia, dove si è occupata prevalentemente di valutazione e curricolo, curando la pubblicazione di volumi specifici. Attualmente è vicepresidente dell’associazione IRIS (Insegnamento e Ricerca Interdisciplinare di Storia), socia di Toponomastica Femminile e fa parte dello staff operativo (Comitato organizzatore e Segreteria) di Milanosifastoria. È autrice di testi scolastici per la scuola secondaria di primo grado.