Il Comune di Brescia ha messo in atto la loro esumazione senza avvertire quelle madri e quei padri a cui la natura ha sottratto il bambino atteso e amato ancor prima di venire al mondo, mondo che i piccoli hanno abitato per pochi attimi rispetto alla vita dei bambini più fortunati.
Leggo sul Il Giornale di Brescia una notizia che mi lascia sbigottita scavando nel profondo di un dolore che appartiene all’umanità: la morte di una persona cara e la riesumazione del suo corpo senza avvertire i congiunti. Non sto parlando di un vecchio lontano parente per cui trovare chi ancora lo ricorda può rivelarsi un’impresa, ma della morte di piccole anime innocenti come i bambini vissuti poche ore, pochi giorni o solo nel grembo materno da cui sono usciti già privi di vita.
Il Comune di Brescia ha messo in atto la loro esumazione senza avvertire quelle madri e quei padri a cui la natura ha sottratto il bambino atteso e amato ancor prima di venire al mondo, mondo che i piccoli hanno abitato per pochi attimi rispetto alla vita dei bambini più fortunati. Nessuna comunicazione personale: le madri intervistate raccontano il dolore, “ora il mio bambino l’ho perso per sempre” dice una di loro, provato dopo aver visto scomparire la tomba di loro figlio insieme a tutti i giocattoli, testimoni silenziosi della presenza di piccoli corpi sepolti. Non posso dimenticare la mia prima esperienza quando a cinque anni ho perso un cuginetto dopo un paio di settimane di vita e della sua piccola tomba messa in fila a tante altre: uno strazio che non posso scordare, un dolore per una morte inaccettabile.
Come tollerare la morte di un piccolo essere? Un po’ di consolazione ce l’ha donata Ugo Foscolo nella sua i Sepolcri dove analizza con rara sensibilità poetica la condizione di chi resta e soffre. La tomba, ci dice, dà quella fondamentale corrispondenza di amorosi sensi di cui abbiamo bisogno, la tomba rende immortale chi non c’è più e visitarla diventa l’unica nostra possibilità di incontrare i suoi resti insieme al suo ricordo.
Ciò che è accaduto nel cimitero di Brescia è violenza sulla sofferenza, è dimenticare il senso dell’umano presente anche in certi animali quando, come gli elefanti, fanno il funerale ai loro membri del gruppo, è cancellare il ricordo con la violenza di una ruspa, è impedire alle madri e ai padri di ricordare quei figli che hanno vissuto poche ore senza poter esistere. La violenza si manifesta anche quando viene negato il dolore degli altri e il loro diritto di ricordare. In un caso come questo, così delicato, un avviso ad personam sarebbe stato veramente umano.
Qui l’articolo a cui faccio riferimento