Ha negli occhi il mare di Napoli, la città in cui è nata, e nei capelli il vento di Trieste, la città di cui si è innamorata e in cui vive. Chiara Gily, già autrice di chick lit per Cento Autori e di manuali sul wedding, continua le sue riflessioni sul rapporto tra le due città di mare – già iniziato con Triestini & Napoletani. Istruzioni per l’uso – in un romanzo solo in apparenza leggero.
Perché Napoli-Trieste solo andata non è soltanto il racconto dell’“esperienza” (l’autrice tratta giocosamente questo termine un po’ abusato) che la 25enne Celeste Napoli fa nella masterclass culinaria dello chef stellato Pier Dupont, nella città da cui si è trasferita, ma che in fondo le è rimasta nel cuore. È un libro che fa riflettere sulla opportunità della vita e sulle relazioni umane. Su chi prende e su chi, invece, dà. Su come ciascuno di noi può raggiungere i suoi obiettivi attraverso il pensiero positivo ma anche, nel suo piccolo, contribuire a migliorare il mondo. Ne parliamo con l’autrice, partendo dalle frasi che colpiscono di più il lettore.
“Quando si pianifica troppo si toglie anche molta magia nelle cose. L’importante è avere il metodo. Quando c’è quello, l’improvvisazione non genera ansia perché si hanno gli strumenti per affrontare qualsiasi cosa.” Sono le riflessioni del tuo personaggio principale, Celeste Napoli. Le hai fatte tue? Mentre scrivi, il tuo metodo ha più a che fare con la pianificazione o con l’improvvisazione?
Non vorrei far cadere il mito dello scrittore che scrive solo in preda all’ispirazione, magari di notte o agli orari più impensati. Per me la scrittura è soprattutto pianificazione e disciplina. Credo, inoltre, che – fatta eccezione per pochissimi casi – il talento non basti per poter scrivere dei buoni romanzi, ci vogliono soprattutto allenamento e dedizione. Questo vale per tante altre cose: per lo sport e per altre attività creative. Insomma, di Maradona ce n’è uno solo. Tutti gli altri sono bravi perché si sono allenati giorno a notte.
La tua protagonista, a un certo punto del romanzo, nota che alcune persone hanno un proprio “tratto distintivo che non fagocita il loro essere, la loro anima. Anzi, li fanno venire fuori.” Quale pensi sia il tuo tratto distintivo?
Non credo di averne uno solo, anche perché mi sento sempre in divenire. Se devo sceglierne uno, direi la determinazione. Se credo in qualcosa, io vado fino in fondo e accetto anche le cadute, le considero parte del mio percorso di vita. Poi ci si rialza e si continua a camminare.
Una tua teoria che ha riscosso molto successo tra i lettori è quella delle persone “prendi”, contrapposte alle persone “dai”. Ce ne vuoi parlare? Qualche “Dai” significativo nella tua vita?
Sicuramente i miei genitori. Sono le persone più autenticamente generose che io abbia mai incontrato. E lo sono con tutti, dal vicino di casa agli amici. È un loro tratto distintivo, ritornando alla tua domanda precedente. Per me e mia sorella è stata una fortuna crescere con il loro esempio. Infatti, è una “dai” anche lei. Non siamo molto brave a schivare le fregature (mi ci metto anche io…) ma con il tempo siamo migliorate e, soprattutto, sappiamo affrontarle e riderci anche su.
“Le cucine vanno possedute, utilizzate, sporcate”, dice nel libro lo chef Pier Dupont ai suoi allievi cuochi. A te cosa e come piace cucinare? Segui i programmi di cucina che oggi vanno tanto di moda?
Mi piace quello che cucinare rappresenta: un momento d’amore per la famiglia e, in particolare, di convivialità. Quando sono da sola, infatti, apro la classica confezione di bresaola e la mangio facendo altro. Quando sono con la mia famiglia o con gli amici, invece, stare ai fornelli è un piacere. D’altronde, parafrasando un vecchio detto, senza sentimenti non si cucina, ma si prepara solo da mangiare.
“Io, i miei libri, li voglio vedere ogni giorno, ho bisogno che alcuni di loro mi parlino e mi ispirino”, pensa Celeste, la tua protagonista. Hai anche tu qualche libro che ti parla e ti ispira?
Vado a periodi, negli ultimi anni ho letto tutti i romanzi di Lorenzo Marone e Lorenzo Licalzi. Di quest’ultimo ho amato L’ultima settimana di settembre; tra i romanzi di Marone è difficilissimo scegliere, perché ognuno è un pezzetto di cuore per me. Forse Un ragazzo normale è quello che ha toccato più corde della mia anima.
“Questo deve saper fare uno chef, trovare possibilità anche quando nessuno ne vede”. Dalle lezioni dello chef Pier Dupont alla vita vera: anche tu, come Celeste, sei decisa a mettere in pratica il pensiero positivo, scovando “interstizi e nicchie dove poter far nascere opportunità. Nel lavoro, nel rapporto con gli altri, con la famiglia. E, perché no, anche in amore”?
Sempre! Guai sennò. Per fortuna mi viene naturale – forse per autoconservazione – pensare al classico bicchiere mezzo pieno che ho sempre la possibilità di riempire.
Celeste, nel romanzo, cita spesso l’amica Flora, il cui mantra è “fake it till you make it”. È anche il tuo principio guida?
Credo seriamente che proiettare quello che desideriamo sia un’arma potentissima per far avverare i nostri sogni. Esiste la teoria della “Legge dell’attrazione”, che credo aiuti a modificare le nostre abitudini per raggiungere un determinato obiettivo. Inoltre, ritengo che sia un meraviglioso atto di ottimismo pensare a noi stessi come già detentori di ciò che sogniamo.
“I sogni non scadono”, dice Daniela, una dei protagonisti del libro. Il tuo sogno non scaduto?
Fino a quando viviamo, possiamo sempre fare e disfare e prenderci cura dei sogni. Di questo sono convinta. Dopo, d’altronde, siamo morti!
Il libro
Chiara Gily, Napoli-Trieste solo andata, “L’Arcobaleno”, Cento Autori, 2021, pp. 208.
Photo credits:
Foto di Chiara Gily da Instagram https://www.instagram.com/lagily/?hl=it
Immagine in evidenza: Foto di Helena Volpi da Pixabay