Di Clint Eastwood, Cry Macho, 39esimo film diretto dall’attore californiano, in anteprima fuori Concorso al 39esimo TFF, è tratto da un romanzo di Richard Nash del 1975.
di Adriana Moltedo
Mike Milo, ex campione di rodeo, deve recuperare Rafo, il figlio del suo ingrato boss fino in Messico dove vive con la madre “mezza matta”.
Mike” Milo. Un tempo è stato un vero purosangue, un macho, ma ora è solo un vecchio con la schiena spezzata, rovinatosi con l’alcol e gli antidolorifici a causa di due distinti incidenti che gli hanno portato via, dopo la fama, anche gli affetti.
L’anziano cowboy non sembra andare d’accordo con Rafo che vive con Macho, un gallo fighter, da combattimento molto bello. I due personaggi all’inizio sembrano lontanissimi, l’alchimia non esplode. Clint quasi fatica a recitare con un filo di voce. Ma i due personaggi hanno bisogno l’uno dell’altro, per crescere e ritrovarsi.
Cry Macho, offre un punto di vista sul maschile, sulle aspettative che la società impone riguardo l’atteggiamento degli uomini, spiazzante rispetto a quello che ci ha narrato fino ad ora Clint Eastwood e sulla vecchiaia.
Ormai vecchio Miko prova a spiegare a giovane Rafa cosa voglia dire essere uomo, evidenziando come sia qualcosa di ben differente dall’essere un macho, offrendogli la possibilità di redimersi dai demoni del passato.
«Un tempo eri forte. Un macho.» – dice Rafa –
«Un tempo ero un sacco di cose. Ma ora non più… Sai, ti dirò una cosa. Questa storia del macho è sopravvalutata. Sono solo tipi che cercano di fare i duri per dimostrare che hanno grinta. E quello è tutto ciò che si ritrovano fra le mani. Come in ogni altra cosa della vita, credi di avere tutte le risposte. Poi ti rendi conto che stai invecchiando, e non ne hai nessuna. Tutti noi dobbiamo fare delle scelte nella vita, ragazzo. Tu devi fare le tue»
“Il machismo è sopravvalutato quando si è giovani – dice a un certo punto a Rafa -. Lo capisci solo troppo tardi quando sei vecchio e tutte quelle cose che riuscivi a fare prima diventano impossibili”.
Cry Macho è un film di struggente introspettiva, che ha a che fare con un percorso di redenzione e una riflessione su come cambi la percezione delle cose con il passare degli anni.
Clint Eastwood riflette sull’evoluzione della mascolinità. una lezione generazionale e di decostruzione del mito del macho.
Il ragazzo è spavaldo ma anche molto ingenuo. Mike è semplicemente tanto vecchio e quella missione pesa oltremisura.
Per loro sarà così obbligatorio un provvisorio buen retiro in un isolato paese messicano dove Miko, nonostante l’età, riesce persino a domare un cavallo selvatico, a dare un sonoro pugno a un malcapitato, a seminare la polizia e anche a far innamorare un’altra donna: Marta (Natalia Traven).
La coppia è costretta a fermarsi nel pueblo di confine, pernottando dentro una chiesetta e sfamandosi presso una taverna gestita dalla matura vedova con nipotine a carico. Ed a questo punto Cry macho prende colore: Mike farà amicizia con la donna, aggiusterà il jukebox, insegnerà a Rafo a cavalcare e diventerà suo malgrado una sorta di dottore che cura anche solo con qualche consiglio pratico caprette, maialini e cagnetti del vicinato contadino.
Altra novità un lieto fine, Miko torna da Marta, la donna di cui ormai è innamorato. Mai fatto prima!
Questo è un western per una storia on the road di redenzione,con momenti di eccezionale tenerezza come una scena al buio in cui una voce quasi rotta tradisce commozione con una recitazione solo vocale eccezionale. Un momento di vero cinema in cui si respira un’atmosfera particolarissima.
l vecchio incattivito e rugoso stavolta non è poi così duro, non è così incattivito e nonostante un caratteraccio e una testa durissima, ha un fare incredibilmente affabile: amico di tutti, gran socievolezza e spirito di collaborazione.
Eastwood mantiene tutto semplicissimo anche per raccontare sentimenti e decisioni complicate con la dovuta complessità. Lascia scivolare le scene con naturalezza, economia di parole e grande uso della recitazione.
Gli attori interpretano personaggi fasulli ma sembrano naturali, fanno cose da film, ma con una tranquillità e ordinarietà che riconosciamo e alla fine, nelle loro continue contraddizioni, risultano sempre terribilmente umani.
Gli spettatori invece che porsi contro qualcuno riescono a stare dalla parte di tutti, del poliziotto che è una brava persona, dei gangster che interagiscono con il vecchio Miko come fratelli, perché lui non è mai aggressivo con loro.
“È come per tutto nella vita: pensi di sapere tutto, di avere le risposte. Poi invecchi, e scopri che non sai un bel niente.”
di Adriana Moltedo:
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.