L’uomo delle dolcezze? Sì, sì, perché no? – rise Jean Luc. L’idea gli piaceva. Trovando quel lavoretto per il periodo natalizio non si era reso conto di quanto sarebbe stato divertente.
– Signore! Signore! Posso entrare con voi, se non vi dispiace? – Jean Luc stava per abbandonare la partita quando aveva visto arrivare il signore carico di pacchetti, con il bambino. – Devo consegnare un dono al settimo piano, ho suonato tante volte ma non rispondono, forse c’è musica e non mi sentono … –
I due si voltarono a guardarlo.
– Un dono? – disse il bambino sgranando gli occhi. Era un bimbetto biondo sui quattro anni.
Il padre rise: – Vedo, vedo … – Jean Luc non era ancora abituato agli effetti della sopraveste col logo della ditta, ma sapeva che la sua faccia era simpatica. – Una torta del Paradiso e un assortimento di macarons … – sorrise.
– Mhhhh … che buono! – disse il signore – Sì, entra pure con noi … – e premette la combinazione sulla bottoniera.
– Una torta del Paradiso? degli angeli? – disse il bambino mentre il portone si apriva – Col cioccolato? Mi piace tanto il cioccolato … – – No, crema di fragole e spuma di cocco … – disse Jean Luc scivolando dietro di loro. – Specialità della casa … – Era intirizzito e il calore dell’ingresso ben riscaldato lo avvolse piacevolmente.
– Allora tu sei l’uomo delle dolcezze? – chiese il bambino saltellando eccitato mentre entravano in ascensore.
– Francois, non si salta in ascensore, quante volte te lo devo dire? – disse il padre mentre Jean Luc si insinuava con i pacchetti cercando di non prendere troppo spazio.
– L’uomo delle dolcezze? Sì, sì, perché no? – rise Jean Luc. L’idea gli piaceva. Trovando quel lavoretto per il periodo natalizio non si era reso conto di quanto sarebbe stato divertente. Stava facendo consegne dalle otto del mattino, era stanco e infreddolito, ma era stato bellissimo scoprire certi angoli di Parigi, sbirciare dentro le case, chiacchierare con la servitù, portando in giro i pacchi profumati, infiocchettati di rosso e col logo della ditta.
– Questa è l’ultima consegna … – disse mentre l’ascensore si fermava. – Allora, buon Natale anche a te … – La porta al piano era già aperta e una donna in abito da sera aspettava con aria impaziente sullo sfondo di un albero di Natale enorme: – Dove vi eravate cacciati?… – La risposta svanì mentre la porta veniva richiusa e l’ascensore ripartiva. – Sì, – pensò Jean Luc, – questa è veramente un’esperienza favolosa, se uno vuol fare lo sceneggiatore … – Inventare storie gli era sempre piaciuto, “il mitomane”, lo chiamava suo fratello, ma che altro ti volevi aspettare da quello, con la sua Business School a Versailles? In realtà, dopo mille oscillazioni tra possibilità diverse, da una settimana lui era approdato all’idea di scrivere storie per il cinema, un’idea piacevolmente eccitante. Ora stava sempre a orecchie tese, pronto a afferrare qualsiasi possibile spunto nelle conversazioni e negli incontri casuali.
Rimasto solo aveva premuto il bottone del settimo piano, ora uscendo trovò un’unica porta, non poteva sbagliare. Non c’erano le solite decorazioni natalizie, solo una pianta davanti alla grande finestra del pianerottolo. Poggiò per terra uno dei pacchi e suonò con la mano libera, recuperando il pacco subito dopo. Ma il campanello non suonò. Forse squillava in un posto lontano? Attese, non si sentiva nulla. La finestra dava su una grande veduta dell’Arco di Trionfo e sui giardini coperti di neve. Rifece l’operazione per suonare di nuovo: – Consegna pacco! Consegna pacco! – disse forte. Silenzio. Stava per chiedere istruzioni in negozio quando dietro la porta si sentì un fruscio. Qualcuno si muoveva, lì dentro. Bussò vigorosamente. – Aprite, per piacere, consegna pacco da parte del Paradis des Gourmands.- disse a voce molto alta per farsi sentire, e preparò un sorriso professionale. Ancora un fruscio, un gioco di chiavi girate, un’esitazione, poi la porta si aprì.
La visione lasciò Jean Luc interdetto. La stanza era completamente buia e la persona aveva in mano una candela. Una ragazza, piccolina, il viso illuminato dalla fiamma. Due occhi scuri lo guardavano gravemente sotto capelli neri a caschetto. – Sì? – disse enigmaticamente la visione.
– Un dono, – fece Jean Luc – un dono per i padroni di casa … – Lei sospirò e rise: – Che paura! È andata via la luce, e stavo cercando una candela … – la agitò nell’aria, facendo oscillare la fiamma. – È andata via la luce e non so dove cercare … dove diavolo sarà il contatore? dove stanno i contatori, di solito? La mia amica non c’è … –
– Io debbo consegnare … – disse Jean Luc esibendo i pacchi.
– La mia amica non c’è, – ripeté lei, – è partita, ma sì, sì, entra, magari mi puoi aiutare … –
– Aiutare? – – Sì, a cercare il maledetto interruttore … è stato il fon, è stato quando ho acceso il fon, deve aver fatto contatto o chissà che … – aggiunse la ragazza facendo cenno di entrare.
La stanza, un grande salone, era vagamente illuminata dalle luci esterne. Nell’oscurità sembrava in disordine, Jean Luc intravide su un divano un borsone gonfio di vestiti che scappavano fuori, e scarpe, scarpe per terra, lussuose, con tacchi molto alti e strass luccicanti – Sì, bisogna che mi aiuti, voi uomini ne capite, di queste cose … Metti i pacchi qui sul tavolo … di che si tratta? – fece lei muovendosi nell’oscurità. – Torta Paradiso – disse Jean Luc – e un assortimento di macarons. Freschissimi, appena fatti, una meraviglia. Ecco la ricevuta, una firma per piacere. –
– Un momento … devo raccogliere le idee … la mia amica è in aereo, a quest’ora, non la posso contattare … Di che si tratta? Ha ordinato e poi se n’è scordata? C’è qualcosa da pagare? –
– No, credo che si tratti di un dono, una sorpresa forse …-
– Una sorpresa! Una sorpresa talmente grande che lei se n’è andata! Beh, allora ce li possiamo mangiare noi … –
– Mangiare noi? – disse Jean Luc sempre più stupito guardandosi intorno per la stanza che, man mano che i suoi occhi si abituavano all’oscurità, sembrava sempre più disordinata.
– Sì, lo prometto, in cambio dell’aiuto a trovare il contatore. Se me lo trovi e fai tornare la luce ci facciamo un caffè e ci mangiamo i dolci. Sono buoni? Chi hai detto che li fa? –
– Sono ottimi. Au Paradis des Gourmands, la migliore pasticceria di Parigi.-
– Mhh mhh – fece lei. – Sono disperata. Mi devi aiutare, devo ritrovare la luce … in tutti i sensi – aggiunse enigmaticamente. Perplesso, lui guardò l’ora sul cellulare. Quasi le nove. Troppo tardi per tornare al negozio per la distribuzione dei dolci ai dipendenti, com’era tradizione, gli avevano detto. – La torta, – disse – potremmo mangiare la torta, ma i macarons si mantengono. – – Ma no, i macarons te li puoi prendere, – disse lei – tanto sarebbe inutile … la mia amica è partita per un paio di mesi. – – Due mesi? – – Sì, due mesi. Sta andando in Cina. È una che viaggia parecchio, una trottola … – e rise. – E ora, sarai il mio ‘uomo del contatore’, cerchiamo la luce … al lavoro! il buio mi fa paura … – e accese un grosso cero rosso che stava su un ripiano. – Ecco, ce n’è anche per te … – e glielo porse. Fu così che Jean Luc, perplesso e eccitato, si trovò con un cero in mano a cercare in giro per una casa sconosciuta in compagnia di una ragazza sconosciuta che sembrava un po’ matta.
Mentre frugava dietro i quadri notò qualcosa (ma era un Matisse autentico, quello? non grande ma bellissimo … e ops, c’era pure un Picasso, periodo blu?? Piccolo anche quello, ma niente male, almeno come sembrava a lume di candela …). Ma dietro ai quadri niente, finì invece per trovare il contatore in cucina, una cucina enorme, moderna, con vista sul parco. Il contatore tanto cercato stava dietro un pannello a cui erano appesi due strofinacci piuttosto sporchi. – L’ho trovato! – avvertì e fece scattare il tasto. Fasci di luce illuminarono la cucina: pavimento bianco non proprio pulito, due piatti sporchi sul tavolo da bar con gli alti sgabelli, un bicchiere e una bottiglia di Chivas Regal negligentemente stappata.
La ragazza apparve sulla porta: – Ah finalmente! Finalmente! Non ne potevo più dalla paura! Il buio mi terrorizza da quando … – scosse la testa e agitò le piccole mani: – … ma no, non voglio ricordare. È stato terribile … ma ora è passato … Grazie, sei veramente gentile. – Jean Luc notò la sua espressione patetica. Ora la vedeva. Piccola, magra, infagottata in una specie di tuta nera, scarpe da ginnastica nere. Non era proprio il suo tipo. Non ci sarebbero state avventure o tentazioni. Ma faceva tenerezza. Lei gli sorrise timida: – Ora debbo onorare il mio debito, no? Caffè? Cerca qualcosa per tagliare la torta. Che torta è? – – Torta Paradiso, crema di fragole, spuma di cocco e caramello. – – Caramello? Adoro il caramello! È una serata di coincidenze pazzesche, questa, non può essere un caso. – Prese due capsule e le inserì in una macchina, una Nespresso Krups, notò tra sé Jean Luc. – Ti sto facendo fare tardi? Non vorrei creare guai al mio salvatore. Non ho nessuno che mi aspetta, io, … ma tu … –
– Io … – disse lui esitante, mentre pensava cosa dire. Si era fatto l’idea che nella vita della ragazza doveva esserci stata una qualche tragedia, e la cosa lo ispirava. Prese tempo cercando nel cassetto qualcosa per tagliare la torta – beh, solo una vecchia zia … solo una zia, è una vecchietta molto cara … abitiamo a Porte de Clichy, l’appartamento è piccolo, non è come qui, insomma, ma ci si sente a casa … si occupa di me da quando … – disse improvvisando ispirato – insomma, solo lei mi aspetta, ma è molto paziente. Le mando un messaggio che ce ne ho ancora per un po’… – Mentre lui scriveva il messaggio lei mise sul tavolo le tazze da caffè e il pacchetto della torta. Ma per tirarla fuori aspettò che lui finisse, poi gli sorrise con la sua aria malinconica: – E ora, bando alle paure e alle tristezze! La torta è splendida! – esclamò facendola scivolare sul piano. La torta era veramente splendida, con il corpo rosato e le grosse fragole tra i fiocchi candidi di cocco, elegantissimi. – Il caramello è tra gli strati, – spiegò lui professionale ricordando i commenti del capo pasticcere in preda al delirio creativo, – il segreto sta nel contrasto tra la soffice dolcezza della crema di fragole e il croccante del caramello … – – E il cocco? non c’era anche il cocco? – disse lei offrendogli il caffè fumante. – Certo che c’è, è il colpo da maestro, il cocco contrappunta il tutto con la sua pastosità, come dire? sontuosa? – – Oh – disse lei, – roba da resuscitare i morti … – e affondò il coltello nella torta. – I piatti? – chiese lui. – Là, scaffale a destra. Nel cassetto sotto prendi le posate … ma viene voglia di mangiarsela così, con le mani, cacciandoci dentro le dita … –
Lui portò piatti e posate, si sedettero e lei gli dette una strana occhiata: – È così buffo! Ragazza sola e abbandonata trova il suo angelo custode in un fattorino simpatico di una grande maison! – affondò il cucchiaio nella sua torta: – Quanto vi pagano? Nelle manifestazioni di questi giorni c’erano parecchi di voi? O sbaglio? – e si mise in bocca la prima cucchiaiata. Jean Luc stava per dire qualcosa sulle tariffe, ma lei emise un mugolio di profonda soddisfazione: – Mmmmhh, ma è deliziosa, deliziosissima, torta del paradiso davvero! – Lo guardò con aria intensa, col cucchiaio a mezz’aria: – In paradiso stavo per andarci davvero, sai? – – In che senso? in Paradiso?- – Beh, non è garantito che sarei andata proprio lì, forse quelli come me non li vogliono proprio … – – Ma perché? – disse lui assaporando attonito la torta meravigliosa. – I suicidi … mi sembra di ricordare che i suicidi non li vogliono, in Paradiso … – – Suicidi? – fece lui stralunato guardando la sua piccola faccia coi grandi occhi come sperduti. – Suicidi, sì. Beh, credo che mi hai salvato … – e rise. – Quando hai cominciato a suonare, da sotto, la luce c’era ancora. – – Allora mi sentivi? E non mi hai risposto? –
– Certo che ti ho sentito. Ma che senso aveva rispondere … avevo deciso di riempire la vasca, immergermi e lasciar cadere nell’acqua il fon acceso … – Lui la guardò con gli occhi sbarrati: – Dici sul serio? –
Lei sospirò, sembrava sul punto di piangere, ma poi scosse la testa: – Certo, ero così triste, così orribilmente triste. Quando hai suonato la seconda volta … avevo appena acceso il fon, per vedere se funzionava. La mia amica è straricca, ma è una sventata, qui non si sa mai cosa funziona e cosa no … e infatti, vedi, il maledetto fon ha fatto contatto … e tutto è piombato nel buio … sono proprio sfortunata, perfino quando progetto un suicidio le cose mi vanno storte … –
– Eh, non dire così. Hai avuto fortuna invece, no? Sono arrivato io, e questa torta … e tutto va bene questa notte a Parigi … – – L’angelo custode travestito da fattorino … dovrebbero darti un premio extra … – Risero insieme e attaccarono altre due porzioni di torta.
– Mangiamo questa, e poi vai a casa. – disse lei giudiziosa. – Ma tu … – disse Jean Luc, in realtà sollevato perché si stava facendo veramente tardi e cominciava a non poterne più di tutta quella malinconia. – Oh, io … ormai mi è passata … ormai non penso più … Sarei davvero un’ingrata, dopo che sei stato così buono con me … e poi c’è tua zia che ti aspetta … cosa ti avrà preparato? – – Tarte Tatin – improvvisò lui, pensando alla vecchia zia. – Con molta cannella e crème fraiche, ogni anno è così, la fa buonissima … – – Oh, mi piacerebbe avere una vecchia zia che si prende cura di me! Sei fortunato, sono felice per te, e questo davvero, mi fa star bene. Ma ora devi proprio andare, o mi sentirò orribilmente in colpa con la zia. – Era solo un’impressione, o nei suoi occhi luccicava davvero una punta di malizia? Ma sollevato, Jean Luc si alzò in fretta.
– Addio! – – Addio! – Il saluto era stato veloce, e in ascensore Jean Luc tirò fuori il cellulare. – Pronto, maman? – – La signora è occupata con gli ospiti. – Era la voce di Jim, il maggiordomo filippino. – Oh, salve Jim. Dì che sto arrivando. Intanto mi passi un attimo la nonna, per piacere? – Sullo sfondo si sentiva un brusio di voci e della musica. Poi la voce squillante della nonna: – Amore, che fine hai fatto? Qui c’è un sacco di gente che ti aspetta! il cuoco sta diventando isterico per il ritardo e la mamma è piuttosto seccata. Vi sfruttano in un modo vergognoso, a quest’ora di notte ancora a fare le consegne? – – No, nonna, anzi è stato molto interessante, tutto il giorno in giro, e poi alla fine … – – Te l’avevo detto, è esperienza di vita, e non ti fa male ogni tanto alzarti alle sei, invece di poltrire davanti allo smartphone… – rise la nonna. In mezzo alle complicate vicissitudini della sua famiglia, tra liti patrimoniali miliardarie, separazioni e baby sitter, la nonna era sempre stata il grande riferimento per Jean Luc, e ora era così felice che lei ci fosse, di sapere che avrebbe potuto raccontarle tutta la storia, e avrebbe anche apprezzato che lui già la vedesse come lo spunto per scrivere qualcosa …
– Ma sì, ti racconterò, c’è stato un imprevisto … ho salvato una suicida … – – Una suicida? Che mi dici! Che storia incredibile … su, spicciati, voglio sapere tutto … – Si salutarono e Jean Luc saltò in motorino filando verso il XVI ème sui viali bianchi di neve. La luna era grande in cielo, mentre lui già pensava a come migliorare la storia. Ottimo spunto, ma ci voleva una ragazza, diversa, meno pallosa, più sexy, insomma, più interessante.
Nell’appartamento la ragazza si sedette sul divano e fece un numero al cellulare. – Pronto, David? Allora, tra poco prendo l’Eurostar, sì, quello dell’una. C’è stato un contrattempo, ma è venuto utilissimo … Che cosa? È successo che avevo preso quasi tutto quando è arrivato un fattorino, con un pacco. Sai, non volevo aprire, ma poi l’ho fatto entrare, rischiavo che creasse complicazioni, era un vero rompiscatole, insistente, uno di questi che se non consegnano gli fanno una multa. L’ho fatto entrare e ho montato tutta una storia … molto carina … se lo beccano servirà benissimo a confondere le cose, allungherà i tempi delle indagini … è stato qui un bel po’, capisci? Gli ho fatto girare tutto l’appartamento, le sue impronte sono dappertutto … Le mie? Non c’è problema, dei guanti non avevo bisogno, visto che sono stata ospite qui la settimana scorsa … Ma ne parliamo meglio a voce. OK. Sono così felice! Parigi – Londra e domani Dubai!! Ma sì, certo, saremo puntuali con Schwartz. I due quadri sono molto carini, ma ho trovato anche altro …! –
Chiuse il cellulare e guardò sul divano: accanto a lei erano appoggiati il Picasso blu e il Matisse. Afferrò il martello e spaccò i vetri. Estrasse una tela, poi l’altra. Poi, come danzando, li arrotolò, li avvolse in un pigiama e li infilò con cura nel borsone. Si sfilò la tuta nera restando in tanga e reggiseno. Con un sospiro soddisfatto scostò i vetri rotti e infilò un paio di scarpe col tacco altissimo, le stavano proprio giuste. Frugò nel borsone, ne estrasse una parrucca bionda e ancheggiando sui tacchi si avviò in bagno.