Riconoscere e “disinnescare” il sessismo. Perché ? Come?
di Pina Arena
Riparto da me e dalla scuola. Da un episodio minimo successo 15 giorni fa, ma sarà successo anche un’infinità di altre volte e tante altre volte accadrà.
Ultimo giorno prima delle vacanze natalizie. Davanti alla scuola, richiamo S. (un alunno che in classe ho sempre visto mite e gentile) perché “fischia la compagna” che esce anche lei da scuola. Mi fermo perché il fischio è plateale e perché la ragazza (la chiamerò M.) è visibilmente in imbarazzo. S. ridacchia e si difende dicendo che alla ragazza, sua amica, il “complimento” “piace, fa la santa ma lo sa che è una gran “figa”. S. sfodera uno guardo innocente e autenticamente inconsapevole. Il suoi compañeros ridono, uno gli dà un pacca sulle spalle come per congratularsi e incoraggiarlo a non cedere.
Scene di ordinario sessismo. Involontario, subdolo. Pervasivo. Disegna il ragazzo come corteggiatore che deve avere la prima e l’ultima parola, la ragazza come preda, oggetto o vittima. Il branchetto a supporto.
Ripartirò da qui con il nuovo anno, dalle parole di S. Metterò insieme grammatica, storia, geografia e letteratura, consapevole che si tratta di un’operazione culturale complessa e delicatissima.
È un mare magnum che tocca l’educazione linguistica, la riflessione sul sé, sulle relazioni, attraverso i saperi che la scuola e noi donne e uomini di scuola veicoliamo.
È un mare magnum in cui abbiamo bisogno di aiutanti e, in questa difficile ripartenza, mi farò guidare dal saggio “Sessismo”* di Stefania Cavagnoli e Francesca Dragotto, docenti di linguistica dell’Università di Roma «Tor Vergata», per continuare l’opera difficile di disinnescare il sessismo quotidiano che abita la cultura patriarcale di cui siamo intrisi, donne e uomini, giovani e meno giovani.
Dico “disinnescare” perché il sessismo è una mina che vaga, viaggia insieme a noi, sembra muto ma è sempre pronto ad esplodere. Siamo noi ad innescarla, quasi sempre perché non sappiamo, non lo riconosciamo, lo potenziamo e facciamo esplodere. Disinnescarlo richiede, invece, arte, conoscenza, consapevolezza. Se esplode ci travolge e brucia, ottuso e prepotente, tutte e tutti. Lento o travolgente. Inesorabile.
Ripartirò dal titolo e dalla parola”sessismo” che definisce un abissale vizio storico che pretende pratiche culturali ed impegno sociale e politico permanente perché nascono da cultura sessista la violenza contro le donne, le discriminazioni di genere nel mondo del lavoro, le molestie nei luoghi di lavoro così diffuse che governi devono pronunciarsi ed emettere decreti appositi, i persistenti stereotipi e vuoti di memoria femminile nei libri di scuola, l’asimmetrica rappresentatività femminile nella politica o nei ruoli alti dei mondi di potere disegnato dal modello maschile, roccaforti in cui le donne hanno aperto brecce ma tanto è da fare. E la lingua lo disegna e fa esistere, gli dà forma e consistenza.
Come dipanare questa intricata matassa, come entrare in tema, come far sentire ad S. che le sue sono parole della cultura sessista, che il suo fischio è un pezzo, minimo, del disastro, non è il libero fischiettare gaio e le sue parole sono pietre che mettono in gabbia lui, i suoi compagni e la ragazza? Sono violazioni della libertà e della dignità della compagna.
Ed ecco entrare in gioco il libro di Stefania Cavagnoli e Francesca Dragotto, un’opera che noi insegnanti dovremmo tenere con noi, e anzi dovrebbe stare nella biblioteca di ogni scuola.
Per 10 ragioni almeno:
- Chiama in causa le nostre parole quotidiane e partire dalle parole è necessario: le parole che ci raccontano, ci fanno esistere in un modo e non in un altro. Le parole sono pietre.
E gli stereotipi gabbie.
- Consente una lettura a diversi livelli, coniugando formazione linguistica teorica e guida didattica pratica
- Espande lo sguardo dalla linguistica e dai linguaggi su problemi sociali e culturali duri del nostro tempo, attraversando classici, giornali e social
- Aiuta a costruire percorsi metalinguistici che sostengono la costruzione di sé ed il pensiero critico
- Aiuta noi insegnanti a rispondere alle domande minime e meno minime, che ci arrivano dallo studente pensante ma confuso. Un esempio: se tu sei avvocata io mi posso definire atleto?
- Aiuta noi insegnanti a leggere diversamente i libri di testo. Sarà poi nostra cura continuare la rivoluzione (perché di rivoluzione si tratta)
- Collega la lingua ed il linguaggio al valore della democrazia: comprese le norme ribadite ma mai diventate prassi, che, vedi caso, danno tutte centralità all’educazione e all’istruzione
- Porta l’ attenzione oltre il sistema binario. È necessario
- Non riguarda solo dei saperi umanistici, ma ogni sapere, fino ad approdare alle neuroscienze.
- Apre una via di libertà e consapevolezza di sé, per chi insegna e per chi apprende
Partirei dall’immagine di copertina dell’opera: ha tonalità grigie, da un lato c’è un muro ostile, tanto erto che sembra impossibile scalarlo, dall’altro una scala che porta in alto, sempre più su; la scala è opportunità e apertura, il muro è ostacolo e fatica; la scala è nel mondo dell’uomo, il muro della donna. C’è poi un titolo rosso. Severo e di fuoco. SESSISMO. Riparto da qui.
*Stefania Cavagnoli, Francesca Dragotto, Sessismo, Mondadori Università, 2021