27 gennaio 2020
“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.”
In questa direzione, il 27 gennaio come Giorno della Memoria, “lo Stato garantisce lo svolgimento di eventi e iniziative sul tema indirizzate soprattutto alle scuole di ogni ordine e grado” perché nessuno si può sottrarre alla responsabilità che storia ci impone rispetto a questi fatti.
Il senso della memoria
Tutta la storia, da quella antica a quella contemporanea, ha prodotto reazioni a catena, mutamenti epocali che nel tempo hanno modificato il tessuto sociale e politico delle popolazioni e del pensiero umano. Durante il suo scorrere si sono formati nuovi costumi e nuovi linguaggi. Niente è avvenuto per caso e tutto ha lasciato un solco su cui proseguire il cammino. Anche la nostra storia più recente, in cui siamo immersi come protagonisti, non è che l’evoluzione di quella dei nostri avi e dei nostri padri, mentre noi stessi ci accingiamo a preparare il futuro delle prossime generazioni. Una regola a cui non si sfugge.
Nello studio e nel racconto testimoniale di essa abbiamo ampliato le nostre conoscenze e formato le nostre coscienze. Eppure a molti appare vero solo il “qui-ora”della propria epoca ritenendo attendibili solo gli anni in cui si vive. In particolare le ultime generazioni appaiono distratte da una nuova, veloce, a volte illeggibile comunicazione che troppo spesso le porta a considerare i fatti del passato come reperti archeologici.
Al contrario, la sedimentazione della storia, i segni del suo passato, la sua forma espressiva nei diversi campi dell’arte, la musica, lo sviluppo economico e sociale, lo scambio di culture, sono arrivati fino a noi tramite testimonianze orali, documenti, archivi ecc. che ne hanno reso possibile l’approfondimento. Con essi si è sviluppata una coscienza storica, che insieme a quella morale impedisce di dimenticare ciò che ci ha preceduto.
E dalla storia si possono trarre gli insegnamenti per non ripetere gli errori o gli orrori che hanno modificato o distrutto tanta parte dell’umanità.
La condivisione internazionale
In uno spirito di coscienza collettiva e di responsabilità condivisa, l’ONU ha formalizzato alcune date simbolo con la funzione di informazione, mobilitazione e sensibilizzazione dei popoli.
Giornate internazionali i cui temi sono sempre collegati a:
– il mantenimento della pace internazionale e della sicurezza
– l’avanzamento dello sviluppo sostenibile
– la difesa dei diritti umani
– la garanzia del diritto internazionale e gli interventi umanitari
27 gennaio, giorno della MEMORIA
Giornata dedicata al ricordo dell’Olocausto in cui morirono milioni di cittadini ebrei in una delle pagine più nere della storia dell’umanità, perpetrata durante la Seconda Guerra Mondiale contro tutto il popolo ebraico, preordinandone la sua totale eliminazione.
Il programma eliminazionista fu pensato strategicamente e si avvalse di potenti meccanismi di distruzione, battaglioni di polizia addetti al genocidio e purtroppo anche tedeschi comuni, volenterosi assassini, il cui lavoro riconosciuto era proprio quello di eliminare fisicamente quanti più ebrei possibile. Questo piano, perpetrato attraverso la deportazione nei lager-campi di concentramento e sterminio di donne, uomini, bambini di origine ebraica, (oltre a minoranze etniche, oppositori politici, handicappati), è ricordato come il più feroce atto della storia contro un popolo. Il numero delle persone che morirono non è ancora definitivo, giacché a tutt’oggi emergono documenti che rivelano nuovi elenchi delle vittime. Probabilmente oltre i 25.27 milioni.
In questa strategia di eliminazione fisica e totale degli ebrei, vennero pensati ed attuati i ”campi di lavoro”, ovvero lavoro e morte, e le marce forzate “della morte”.
Testimonianze:
“Si andava al lavoro. Con gli zoccoli di legno, correvamo spinti dalle bastonate fino a un angolo del campo, dove dovevamo riempire di pietre, melma o sabbia bagnata i berretti o le giacche, e poi correre, tenendole con entrambe le mani, in mezzo a una gragnuola di colpi, per portarle all’angolo opposto del campo, scaricarle, ricaricarle, e ricominciare. Una doppia fila urlante di tedeschi e di prigionieri “privilegiati” armati di bastoni e fruste, ci tempestava di colpi. Era un inferno.”(testimonianza di un sopravissuto al campo dilavoro).
“Le ebree venivano stipate in baracche piccolissime, e dormivano sul pavimento gelato. Le avevano private di tutto. Dovevano affrontare i mesi invernali con indosso solo una camicia. Noi stavamo vicino alle loro baracche, e non riuscivamo a dormire per i gemiti, le urla, i lamenti: era un martirio. Il loro rancio era ancora peggio: solo rape, un volta al giorno. Se quelle poveracce si nascondevano addosso anche un nonnulla dei loro effetti personali, un portafortuna, una fotografia,, venivano picchiate a sangue con il manganello dalle donne delle ss, che poi le spogliavano e le costringevano a stare per giorni e giorni a piedi nudi sulla ghiaia grossa, nel freddo pungente.” (ex detenuta russa in un campo di sterminio di Helmbrechts)
“Oltre alla sofferenza fisica di una notte passata in quelle condizioni, le ebree erano tormentate dalla continua cacofonia di grida e gemiti che si levavano inevitabilmente da una massa di persone affamate, malate, ferite e semicongelate; al mattino parecchie dinne non si alzavano più, vittime del freddo o di altri malanni”. (Cfr. la sentenza, in Dörr,pp.30-89, per una descrizione delle condizioni generali della marcia)
Ogni anno, in ogni parte del mondo, gli ebrei sopravvissuti hanno messo a disposizione il racconto delle terribili sofferenze patite nel ricordo di coloro che sono morti.
Il nuovo che avanza
Da quei terribili anni di guerra e di sterminio il nostro Paese ha attraversato decenni di pace sia pure complessi. Contraddistinti dagli anni del “miracolo economico” a quelli dell’”autunno caldo”, dalla “strategia della tensione” agli “anni di piombo” fino ad arrivare all’”ottimismo” indetto da una diffusa sensazione di benessere sociale degli anni ’80, poi naufragato con l’inchiesta di “mani pulite”. La storia degli ultimi decenni, a completare il quadro, si rivolge particolarmente ai nati a cavallo dei due secoli e quelli nati in questo ultimo ventennio.
Per forza e per necessità, saranno loro a dovere attingere ancora una volta alla memoria per completare l’ultimo pezzo del puzzle storico che la ricomponga verso un futuro tutto da scrivere.