Quando il maschile cerca di annettere a sé i, già labili e incustoditi, territori del femminile.
Cosa sta succedendo?
Perché facciamo così tanta fatica a denominare le cose, con esattezza?
Mi riferisco al caso “Drusilla“, assurto alla cronaca, per far parte delle co-condutrici del Festival di Sanremo.
Le donne, sui social, hanno iniziato da subito ad inneggiare alla “gran dama” Drusilla, come fosse una di loro: non certo la mia.
La perplessità è grande.
Non ricordo, a memoria, che Paolo Poli avesse acceso simili entusiasmi e identificazioni tra donne.
Eppure come Poli, assolutamente garbato ed elegante, sagace, simbolo meritorio di una liberazione delle affettività, alternative allo standard; per riscrivere i nostri valori civili e di pari dignità per tutti
E se non definiamo non sapremmo mai chi dover tutelare: vedi la legge sull’omofonia e transessualismo, osteggiata.
Ma la questione è un’altra: come possono le donne preferire Drusilla ad una omologa di genere? Io.potrei sentirmi, mentalmente e per indole, un uomo: ma rimarrebbe il fatto che il mio portato culturale, archetipico, personale di donna non potrebbe portare un uomo ad identificarsi con me.
Accade invece oggi l’opposto: le donne pur di non darla vinta alla propria concorrente donna, preferiscono attribuire una autorevolezza riflessa ad un uomo, con movenze di donna.
E Drusilla, che innegabilmente è uomo intelligente, con istanze di sensibilità transgender, ha buon gioco con le donne:
il potere maschile, l’autorevolezza, una incarnazione del femminile-di-più, all’ennesima potenza, in maniera sottile minaccia i confini di territori, così fragili e disarmati, delle donne.
La consapevolezza di genere è fortemente a rischio, per l’incapacità di denominare le nostre specificità