Leonora addio, scritto e diretto da Paolo Taviani, per la prima volta senza il fratello Vittorio, è ispirato dall’omonima novella di Pirandello.
Leonora Addio di Paolo Taviani ha vinto il premio FIPRESCI al Festival di Berlino 2022.
Un film che parla di congedi dalla vita.
Leonora addio racconta i tre funerali fatti a Pirandello, le ceneri dello scrittore dovranno attraversare l’Italia in un viaggio da Roma ad Agrigento, patria di Pirandello.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1936, lo scrittore è stato sepolto nel cimitero del Verano e solo nel ’47 è tornato nella sua terra natale, grazie a un gruppo di studenti che ha esortato il sindaco di Agrigento.
Il viaggio verso la Sicilia è stato travagliato tanto quanto la sepoltura, non avvenuta subito, ma quindici anni dopo la morte di Pirandello, e la storia si intreccia con l’uccisione, avvenuta a Brooklyn, di un giovane immigrato siciliano.
A chiudere la storia delle peregrinazioni delle ceneri dello scrittore, che solo diversi anni dopo la morte hanno trovato pace, è l’ultimo racconto di Pirandello, scritto proprio qualche settimana prima del suo addio a questo mondo, “Il chiodo”, che narra di un giovane, che viene costretto dal padre a lasciare la sua Sicilia e la madre, per raggiungere l’America.
La nostalgia dalla sua terra natale, la lontananza dalla figura materna e la sua nuova vita oltreoceano lo porteranno, però, a compiere un gesto estremo e violento.
Una jeep, un aereo, un viaggio in treno verso il sud in un vagone di terza classe, pieno di speranza e di un futuro migliore. La sfilata delle ceneri in città dentro una bara da bambino, la lunga, lunghissima realizzazione del mausoleo dove sono ancora oggi custodite.
Il viaggio rocambolesco delle ceneri del grande drammaturgo è un viaggio nella vita, nella storia e nel cinema di questo paese.
Dentro il suo film, in bianco e nero fotografato da Paolo Carnera, il regista inserisce spezzoni di film famosissimi: Paisà, L’avventura, Estate violenta, Il bandito, lo stesso Kaos.
La vita e la morte, tra chi se n’è andato e chi è rimasto, tra quello che era e quello che sta diventando, l’uomo, il paese, il pensiero e l’umanità.
Anche quando il film abbandona il bianco e nero per abbracciare il colore con la fotografia di Simone Zampagnia, e raccontare la storia “Il chiodo”, l’ultimo racconto di Pirandello, la dialettica rimane la stessa.
La scena finale, è con un uomo responsabile di una morte che vede le stagioni della vita passare di fronte a una tomba sempre immobile e immutabile.
E poi di nuovo teatro, applausi, chiusura.
E’ un film sugli addii di ieri e quelli di domani.
Il cinema dei Taviani è rimasto lo stesso, eppure diverso, anche se Vittorio se n’è andato. Con la lingua dell’arte, si riflette sul mondo, sul cinema, sulla morte.
Adriana Moltedo
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.