I maschi, da adulti, hanno inventato il maschilismo, cioè la gerarchia, cioè la violenza, cioè la guerra.
di Daniela Tuscano
La prima dovrebbe essere Mia, il secondo un maschietto ancora ignoto, la terza si chiama Havva, cioè Eva. I primi due sono nati ieri notte in un rifugio antiaereo di Kiev, Havva ha visto la luce la scorsa estate su un volo della Turkish Airlines che la portava via dall’Afghanistan talebano. Da sempre i bambini nascono, da sempre nei luoghi più impensati tanta è la loro ansia di venire al mondo. Chi glielo fa fare, direte voi. Per fortuna non possono rispondere. Non comprendono alcun linguaggio, sono ancora nel terreno sconfinato della lingua primordiale, non hanno patria, non razza né tempo. Nascono. Anche per poche ore, per segnare il mondo della loro presenza, che non è mai vana e mai la stessa. E rammentano che tutti siamo stati così, usciti da un pertugio materno, nudi e piangenti ma vivi. E unici.
Mia, come Havva, appare carezzevole, perfetta nella sua rotondità. Il bimbo urla le sue origini. Ma non chiamatelo guerriero, non complimentatevi con la madre per la “riuscita”. Ogni nascita è la negazione radicale della guerra, un maschio non è un merito né un valore aggiunto, è soltanto un essere umano che si spera diventi uomo. I maschi, da adulti, hanno inventato il maschilismo, cioè la gerarchia, cioè la violenza, cioè la guerra. I neonati non sono piccoli guerrieri, sono Mie-Nostre, delle Havva-Eva; ossia generatrici. Le bambine e i bambini sono i primi genitori perché non combattono, nutrono. La loro forza è grumo di sangue, latte, ventre, linfa. Segno di contraddizione per ogni logica di potere e violenza. A queste nuove Havva, a qualunque sesso appartengano, è oggi aggrappata la Mia-Nostra speranza nel futuro.