Il Femminile ad una svolta epocale, per guidare la mutazione dei valori fondanti la nostra umanità.
Mai, come questi momenti critici, in cui monta il panico per una deriva incontrollata della guerra (Russia-Ucraina), sulla spinta degli istinti piu’ irrazionali di sopraffazione e morte – che possono sfuggire con un niente di mano – ci rendiamo tristemente conto di quanto la Donna, quale sesso femminile, non venga contemplata, nel più ampio “genere umano”.
È semplicemente “cosa da maschi”, infatti, la guerra; ma si presume anche che le donne, che mettono al mondo forza per combattere, accettino di buon grado la risoluzione dei conflitti, tramite gestione, di attacco e difesa, armata.
Ebbene, quelle donne proprio non la vogliono la Guerra!
Semplicemente perché non l’hanno mai pensata e mai l’hanno fatta. E mai hanno chiesto loro cosa ne pensassero.
E non è, a loro, costituzionalmente affine.
Ed aggiungo: è proprio questa la “differenza” sostanziale, tra i sessi, che andrebbe solamente valorizzata.
È come se fossero, le femmine, e lo sono realmente, il sesso commissariato ad opera dell’altro, quello maschile, capace chissà perché più di loro, di far fronte a situazioni critiche; ma con l’unico mezzo che il maschio conosca e imponga, e cioè la forza e la predazione.
Ma davvero, più della metà della popolazione della Terra è completamente incapace di far valere ragioni proprie e attuare una variazione antropologica in senso femminile?
Perché diamo per scontato che le donne non abbiamo alcuna voce in questo capitolo?
Davvero non si è capaci di riconoscere il dis-valore, oramai conclamato nei millenni, dei precetti maschili che hanno portato alla rovina il nostro genere e il pianeta?
La beffa arriva solamente quando le stesse donne entrano nel dibattito guerresco, denominando la guerra con lo stesso “nome” dei maschi: assecondando la narrazione e facendo da controcanto alle voci ostili, antropologicamente, al proprio sesso.
E perché non si decide di praticare sin da piccoli, nelle scuole, una inversione totale di tipo formativo: che metta al centro i valori femminili della vita, della pace, di una economia solidale e di vicinato, non predatoria, e della tutela del pianeta in ogni sua forma?
Non sarebbe proficuo, nel tempo, anche al maschio?
Tutto il resto, riguardo alla questione del difendersi oppure del’attaccare, sempre con le armi, appartiene ad un ambito brutalmente e cinicamente ozioso nel senso di eludere completamente, dall’orizzonte del possibile al Sapiens (non scrivo neppure Uoma-no) una inversione completa nei valori fondanti il nostro Vivere.
Solo a questo, il genere femminile appartiene: alla Vita.
Daniela Stasi: Laureata in Architettura al Politecnico di Milano, ad indirizzo storico-critico, è iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia dal 2003. Ha lavorato per anni nel settore dell’editoria, realizzando collane di Architettura, di Arte e di Design; ha rivestito il ruolo di caporedattrice e direttrice di testata; ha collaborato a diversi quotidiani e periodici nazionali; continua ad operare nell’ambito di progetti di comunicazione integrata e di ufficio stampa. Utilizza la poesia, la scrittura in forma saggistica o romanzata, la pittura e altri strumenti espressivi, nel tentativo di descrivere e definire, quanto più oggettivamente – in una sorta di ‘Divina Mimesis’ – il reale