C’è chi l’ha perso durante la pandemia, chi vi ha rinunciato per amore, chi l’ha mollato perché non ce la faceva più. Perdere, o lasciare, un lavoro sicuro non è mai una scelta facile. Sono però in molte e molti, oggi, le lavoratrici e i lavoratori che abbandonano un impiego certo, stabile, in fondo ‘definitivo’ per il desiderio di cambiare vita, di riacquistare più libertà, di essere finalmente se stesse/ se stessi senza condizionamenti. E lo fanno con un entusiasmo che prima, nel “posto fisso”, non conoscevano.
Come Annalisa Puglielli, 33 anni trascorsi a lavorare, in ruoli diversi, in una grande azienda farmaceutica: nel 2021 – grazie a un diploma in counseling presso la Scuola Superiore Europea di Counseling Professionale dell’ASPIC di Roma e ad altre specializzazioni – ha deciso di compiere il grande salto e di rinunciare allo stipendio aziendale per aprire un proprio centro di counseling integrato: Talarat Studio. Le abbiamo chiesto di raccontarci il percorso dietro questo cambiamento radicale di vita.
Partiamo dal tuo blog, LogOff, il cui sottotitolo è molto in linea con il tuo attuale lavoro: disconnettersi dal fuori & connettersi col dentro. Nell’aprile del 2020, in pieno lockdown, scrivevi: Questo galleggiare, questo perderci e ritrovarci mille volte nella stessa giornata, questo aspettare trepidamente il tramonto per vedere la luce dorata della primavera romana sopra i palazzi di fronte, questo navigare a vista senza astrolabio, questo provare ad immaginare un altro futuro e un altro presente, ci mancheranno. La condizione ‘sospesa’ del lockdown ti ha permesso di guardarti dentro e di comprendere che avevi bisogno di un cambiamento, lavorativo ed esistenziale?
Sì, il lockdown mi ha aiutato a capire, anzi mi ha letteralmente spinto a calci nel sedere ad alzare le mani, ad abbandonare le resistenze. Avevo un lavoro sicuro con un ottimo stipendio, ma mi sono ammalata di burnout. Ho letteralmente staccato il cervello… Perché la mia anima mi stava dicendo in tutti i modi che la vita di azienda non era più la mia strada. Mi sono licenziata, non senza paure ovviamente: nessuno rinuncia senza timori a un ottimo stipendio fisso, tredicesima, quattordicesima, assicurazione sanitaria, premio di produzione, soprattutto se ha due figli che studiano.
Ma ho alzato le mani, aiutata, oltre che dallo Xanax, anche dalla mia famiglia che mi ha sempre sostenuta durante la malattia certificata dallo psichiatra. Sono stata cinque mesi in malattia, scoprendo cosa sono realmente gli attacchi di panico. Poi ho capito che io in quell’azienda non potevo più tornare. Dovevo decidere se provare a ricominciare a vivere o scegliere una sicurezza economica che mi avrebbe portato alla morte dell’anima e all’esaurimento psicofisico. Ho scelto. Ed eccomi qui. Sono viva e molto più serena. A volte con qualche timore ma senza alcun dubbio sulla scelta fatta.
Talarat, in sanscrito, significa “punto di incontro” tra la notte e il giorno, tra il buio e la luce. Per quanto diversi, i tuoi due principali percorsi lavorativi – quello aziendale ormai concluso e l’attuale come counselor – potrebbero avere un punto di incontro?
Sono convinta che esista sempre un punto di incontro tra le aspirazioni dell’anima e le circostanze in cui viviamo. Il mio sogno era, ed è ancora, riuscire a lavorare come sportello di counseling per le persone nelle aziende. Ma ci vuole un imprenditore illuminato e visionario per capire che il benessere delle “risorse” è il volano per il buon funzionamento e per la crescita dell’azienda. Aspetto di incontrare un imprenditore coraggioso e sinceramente interessato agli esseri umani che lavorano per lui. Nel frattempo faccio altre cose, Counseling e trattamenti ayurvedici al mio studio Talarat, insegno come docente di Counseling Olistico, e altri progetti di benessere che mi frullano in testa… Vedremo se riusciremo a metterli a terra.
Esistono molti tipi di counseling: il sistemico-relazionale della Scuola di Palo Alto, l’umanistico di Carl Rogers, il cognitivo-comportamentale, l’olistico e altri ancora. Tu pratichi il counseling integrato. In che cosa consiste e in che differisce dagli altri approcci?
Il Counseling Integrato mescola in modo sinergico tutti questi approcci. Io mi sono diplomata all’ASPIC, la scuola che per prima ha portato il Counseling in Italia, e nasco rogersiana pura. Adesso però integro tutte le discipline alternative che ho conosciuto durante il mio percorso e che hanno validità come il Reiki, l’EFT, il ThetaHealing e soprattutto il Massaggio Ayurvedico, che ha una potenza di impatto sulla psiche veramente incredibile. A seconda dell’esigenza del cliente, a seconda di ciò su cui sta lavorando, decido di usare lo strumento che reputo in quel momento più adatto ed efficace per lui. Una sinergia preziosa.
Per aprire il tuo studio di counseling integrato e di crescita personale, dove pratichi trattamenti ayurvedici, oltre al diploma in counseling presso l’ASPIC hai conseguito un diploma di Operatrice Ayurvedica Opes Italia, riconosciuto dal CONI. Quali sono i principi dell’Ayurveda, l’antica medicina tradizionale indiana, e come si possono applicare alla nostra vita?
Ayurveda significa Scienza della lunga e sana vita. L’Ayurveda è la medicina indiana praticata da 5000 anni e tratta il corpo per avere benefici anche sulla mente. Il nostro corpo è la cartina tornasole della nostra psiche. Trattando il corpo possiamo incidere in maniera efficace non solo sui problemi organici e fisici, ma anche su quelli psichici. Ormai si sa che corpo e mente sono collegati. Prima ho conseguito i diplomi per puro interesse personale; poi, quando ho deciso di licenziarmi, ho capito che potevo provare a essere altro e a mettere in pratica le mie passioni. Ho aperto la partita IVA forfettaria e ho affittato un locale, che adesso si chiama Talarat Studio. Mi piace pensare che Talarat, che significa, come tu hai giustamente ricordato, punto di incontro tra il giorno e la notte, sia stato davvero per me il punto di snodo tra la notte e il giorno. Il ponte che mi ha portato su una terra libera dalle ombre.
Hai certificazioni in EFT, reiki, kinesiologia; nella tua formazione c’è anche un Master in FACS (Facial Action Coding System): Tecniche di Analisi Scientifica delle espressioni del volto. Puoi dirci di più? È una competenza che utilizzi nel tuo nuovo lavoro?
Le FACS sono molto utili sempre, qualsiasi lavoro si faccia. Poter individuare l’emozione reale e profonda dell’interlocutore dal micromovimento dei muscoli facciali non ci aiuta solo a capire se sta mentendo o no, ma anche e soprattutto come davvero si sente in quel momento rispetto a ciò che dice o vede. Ci permette di capire in quel preciso istante “cosa è vivo in lui”, come dice Rosenberg nella Comunicazione Non Violenta.
Durante il colloquio di counseling è importante capire cosa succede emotivamente nel cliente. Spesso il cliente non è cosciente delle reali emozioni che albergano nel suo profondo. Se, mentre parla, utilizza un verbale morbido ma le sue labbra si contraggono o addirittura spariscono impercettibilmente, capisco che c’è un’incongruenza e posso farla emergere alla sua coscienza. Se, mentre svolgo una lezione, una particolare postura o la contrazione di un muscolo facciale in un partecipante mi fa venire qualche dubbio, mi fermo e indago se c’è qualcosa da approfondire. Certo, le microespressioni facciali durano circa un venticinquesimo di secondo, quindi per carpirle ci vuole molto allenamento. Ma piano piano ci si arriva.
La conciliazione tra vita privata e lavorativa è una componente fondamentale nella scelta di un impiego. Com’è cambiata la tua vita da quando hai lasciato l’azienda, i ritmi sono più distesi o altrettanto serrati?
No, sono distesissimi. Scelgo io quanto e quando lavorare. Ho fatto una scelta di pace, di libertà, di serenità. I soldi devono servirci per nutrire i nostri bisogni e i nostri sogni. Ci servono per stare tranquilli. Il mio sogno è fare un lavoro che dia senso alla mia vita e faccia star bene gli altri e il mio bisogno è non sentirmi in galera, non dover violentarmi continuamente e poter decidere del mio tempo interiore ed esteriore.
Che consigli daresti a chi, come te, voglia cambiare vita (lavorativa), scambiando un posto sicuro con una maggiore libertà? Cosa è bene fare, e cosa invece evitare? Strategie vincenti in tempi di incertezza economica?
Un counselor, come sappiamo, non dà consigli. Non offre soluzioni. Strategie vincenti preconfezionate e adatte a tutti non ce ne sono. Per fortuna, direi. Quello che dico sempre ai miei clienti è che è normale avere paura. I cambiamenti fanno paura, perdere le certezze che ci siamo costruiti fa paura: siamo umani. Ma stiamo attenti a non farci congelare dalla paura. La nostra anima ha aspirazioni che spesso barattiamo in cambio di sicurezze… Che poi spesso si rivelano insicure e moleste. Ciò di cui, credo, dobbiamo avere veramente paura è la nostra tendenza al violentarci, la tendenza al verbo devo, la tendenza a dirci non posso, non è possibile, non ce la faccio.
Dobbiamo sforzarci di lasciar andare, concederci il permesso di contattare i nostri reali bisogni, le nostre aspirazioni profonde. Dobbiamo fidarci e provare a volare. Altrimenti lo schianto dell’anima è assicurato, e dopo quello animico arriva quello fisico e psichico. È fatale. È bene ascoltarsi, accettare le nostre fragilità, le nostre paure, i nostri bisogni, curare e vitalizzare i nostri sogni per capire, sapere, fidarci che c’è sempre una soluzione per un nuovo modo di essere. Ci vuole coraggio, è vero… Ma anche a lasciarsi morire ci vuole coraggio: tanto vale utilizzare meglio il coraggio che abbiamo. È un percorso, un allenamento al vivere e non al difendersi per sopravvivere.
Dopo due anni di pandemia, sentiamo tutti il bisogno di ritornare a occuparci del nostro corpo e della nostra mente, entrambi, in modi diversi, deprivati. Nello stesso tempo, c’è ancora un certo timore ad avvicinarsi fisicamente alle persone. Ciò ha influito in qualche modo sulla tua attività?
La gente ha bisogno di star bene. La pandemia lunga e sfibrante, la guerra folle e anacronistica di questi mesi ci hanno lasciati senza certezze, senza modelli, hanno cambiato tutto dentro e fuori di noi. Adesso però la gente sente il bisogno di star bene. Capisce di aver bisogno di aiuto. Di un aiuto diverso. Non basta più lo shopping compulsivo il cui senso di euforia sfuma nel momento che arrivi a casa con la shopper piena. Ha bisogno di un aiuto diverso, più profondo. Il counseling aiuta a ritrovare la strada personale, ognuno la ha sua. Il massaggio ayurvedico cura e rigenera, coccola e protegge sia fisico che anima.
Spesso durante un massaggio il cliente comincia a piangere, silenziosamente e con una strana vergogna. “È normale”, sussurro loro. “Va bene così. Qualcosa dentro di te si sta sciogliendo: i grumi di tossine fisiche e mentali”. Il Reiki rivitalizza, l’EFT è un pronto soccorso sempre disponibile e tutti gli altri strumenti che oggi abbiamo a disposizione ci offrono un armamentario importante. L’importante è saper utilizzarli bene. La gente mi chiama, prende appuntamento, viene a studio ed esce con occhi diversi, con un sorriso che prima non c’era. Questo per me è il senso della scelta che ho fatto, il senso del mio tempo oggi. Il senso che voglio dare alla mia vita di adesso. Domani vedremo.
La cosa più importante te la chiedo alla fine: Annalisa, oggi, sei felice?
Sono serena. Un senso di costante serenità, spesso di allegria, mi accompagna durante le mie giornate. Anche se non lavoro. Anche se un cliente mi disdice l’appuntamento. A volte ho qualche pensiero economico, certo… Ma passa subito. È un senso di gratitudine profonda per tutto quello che ho e che ho avuto, anche se fino a ieri sembrava tutto scontato. E quando penso che sono ancora viva, apprezzata per quello che faccio e per come lo faccio, quando penso che ho scelto di vivere, mi riempio il calice di vino bianco ghiacciato, sgranocchio un tarallo, guardo il tramonto dalla terrazza e… Sì, mi sento felice.
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Foto di Talarat Studio: Annalisa Puglielli
Piramide zen: Foto di Bruno /Germany da Pixabay
Massaggio: Foto di Johannes Kirchherr da Pixabay