Il gigolò, figura portata in primo piano dal personaggio interpretato da Richard Gere in American gigolò, è sempre esistito come giovane uomo prestante mantenuto da una donna ricca e matura, spesso sposata, di cui troviamo traccia anche in un’altra pellicola anteriore quale Colazione da Tiffany; il personaggio era interpretato da George Peppard che poi si innamora di Audrey Hepburn. Recentemente ho avuto l’occasione di ascoltare alcune interviste fatte al celebre gigolò Roberto Dolce (in arte Roy), un professionista con le idee molto chiare; ho trovato interessanti le sue parole da certi punti di vista.
Roy si descrive come una sorta di Casanova, un amante capace di catturare l’animo femminile e si comprende come per le donne sole e bisognose di attenzioni diventi facile lasciarsi catturare dal suo stile da esperto seduttore capace di far sentire la donna al centro dell’universo. Antonio Casanova, quello vero, appare come un amante eccezionale esperto nell’arte dell’erotismo, capace di rendersi infinitamente desiderabile e di far capitolare anche le donne più refrattarie. Lui, il gigolò, sa cogliere, si evince dal suo narrare, i punti sensibili di ognuna e su quelli lavora con sagacia finché dona ciò che la donna desidera. Non solo sesso, quello, afferma Roy. è l’ultimo passo: molte donne vogliono essere prese per mano davanti ad un film, altre hanno bisogno di ascolto, altre ancora di far ingelosire un marito distratto: sono donne che in lui trovano chi colma le loro mancanze. Durante le interviste, Dolce sostiene di non essersi mai innamorato, ma di dedicarsi alle sue clienti con grande dedizione per soddisfare ogni loro richiesta. Loro sono le uniche donne con cui si intrattiene dal punto di vista sessuale.
Un interessante studio sul singolare uomo del settecento lo ha fatto lo scrittore ungherese Sàndor Marài nel romanzo “La recita di Bolzano”, una sua versione della vicenda del noto Giacomo che si ferma, come è accaduto storicamente dopo essere uscito dal carcere dei Piombi, a Bolzano per alcuni giorni. Lì, nel racconto di Marài, viene a sapere che risiede l’Unica, Francesca, la sola che abbia amato ed ora è sposata con il conte di Parma. Finalmente sta per incontrare l’Unica: per lei il vecchio istrione veneziano accetterà il più difficile dei ruoli. Il marito di Francesca lo invita a sedurre e poi abbandonare la moglie perché sa che a lui basta una notte per dimenticare e a lei per rimanere delusa. Come scrive Màrai, nessuno meglio di Giacomo sa che “l’Unica rimane tale soltanto finché è ricoperta dai veli misteriosi e dai drappi segreti del desiderio e della nostalgia”. Cosi avviene l’incontro ma la previsione non si realizza, è Casanova lo sconfitto che come per una maledizione mai più si innamorerà.
Nella realtà quotidiana la donna, quando incontra Casanova, vive un’esperienza forte ed appagante perché lui la amerà intensamente anche solo per pochi giorni. Casanova è un libertino “per sempre”, non troverà mai l’unica capace di farlo capitolare. Il nostro gigolò sembra essere una variante dell’antico Casanova con la differenza che il noto amatore veneziano non si faceva pagare perché amava e non stava prestando un servizio.
Ciò che deve essere chiaro è il fatto che l’amore è un sentimento, l’innamoramento è un particolare stato di grazia, è il volo della libertà, è gratuito e non si può ricevere come servizio a pagamento. Lo sa anche Roy, mentre descrive le sue prestazioni e le sue cure, dice di essere un po’ medico e un po’ psicologo e chissà che non riesca anche a far superare i conflitti, le paure e le solitudini alle sue danarose clienti. Ciò che mancherà alle donne in questione è il piacere di sedurre grazie alle proprie doti e non al portafoglio ricolmo. Non sarebbe meglio andare con un gigolò solo per soddisfare un desiderio sessuale? Per trascorrere, senza farsi illusioni, una serata diversa? Un po’ come fanno gli uomini con le squillo, la parità è anche questo, o no? E poi l’amore un giorno, magari, scaglierà la sua freccia.