The Lost City, il film diretto dai fratelli Aaron e Adam Nee, racconta la storia di un’autrice di romanzi rosa di successo, Loretta Sage (Sandra Bullock), donna molto schiva e abituata a vivere in solitudine.
Loretta Sage ha perso negli anni il suo slancio verso l’archeologia, da quando suo marito è mancato, così ha tramutato la sua passione nella base per dei vendutissimi romanzetti rosa avventurosi, che scrive praticamente da reclusa.
Quando l’isterico losco miliardario Fairfax (Daniel Radcliffe) la rapisce, sicuro che sappia come decifrare indizi per raggiungere una fantomatica Città Perduta, corre in suo aiuto il bellone Alan (Channing Tatum), l’affezionato modello che nei tour promozionali dei libri “interpreta” per le fan il ruolo del suo eroico Dash.
Nella realtà però Alan è tanto sexy quanto inadatto alle circostanze…
I racconti della Sage sono sempre ambientati in luoghi esotici e hanno come protagonista maschile Dash, classico eroe belloccio che ha il volto nella vita reale del modello Alan il quale appare sulle copertine dei suoi libri.
Un giorno la donna è costretta a un tour promozionale con il modello, ma non è al sicuro, perché viene rapita da Fairfax (Daniel Radcliffe), Alan, deciso a dimostrare che non presta solo il volto a un eroe, ma lo è anche nella realtà, cerca di salvare Loretta e mettersi sulle tracce del tesoro prima che Fairfax lo trovi.
È così che i due finiranno per vivere realmente un’avventura bizzarra proprio come quelle narrate dalla scrittrice nei suoi romanzi.
The Lost City è una commedia a metà strada tra demenziale e romantico, interpretata da Sandra Bullock e Channing Tatum, divi che forse si divertono più del pubblico.
The Lost City il film di Aaron & Adam Nee è una rimasticatura di un tipo di divertimento hollywoodiano antico, con qualche elemento che gli dà un’identità appena diversa di alla Ricerca della pietra verde in cui la donna era una damigella da salvare per mano di un maschio verace, luogo comune qui preso in giro tramite il personaggio di Brad Pitt, al quale Alan si affida per cercare di migliorare come eroe.
Alan di è un po’ tonto e imbranato, inadeguato né più né meno di Loretta al tipo di avventura esotica che andranno ad affrontare.
Il ribaltamento di ruoli si fa più evidente nella parte finale, ma per il resto la commedia cerca di mettere la figura maschile e quella femminile per lo meno sullo stesso piano nella riuscita dell’impresa, senza sbilanciarsi verso il totale “girl power” contemporaneo,
Qui ci sono due registri, il romantico e il demenziale totale, che collidono in modo inelegante, e ci hanno onestamente reso difficile immedesimarci nelle vicende raccontate.
Il film oltretutto è intriso di quella tipica autoironia divistica in cui si gioca a interpretare idioti ridicoli, ma nel frattempo ci si propone comunque come sex symbol in quasi ogni inquadratura, nel modo di muoversi, di vestire… o di svestirsi.
Si alza la posta scompostamente per essere sicuri che si rida, come quando Loretta stacca le sanguisughe dalle chiappe di Alan, controllandosi a stento di fronte allo spettacolo della virilità che le si para davanti.
La sua anima profondamente trash è il diretto riflesso dei romanzetti pacchiani che Loretta scrive.
Il lungometraggio alla fine è un tentativo di conciliare più necessità in un unico pacchetto: quelle commerciali (risata e romance) e necessità sociali (adeguamento di una vecchia struttura narrativa alla più decisa emancipazione femminile attuale).
Però qui si ride.
Adriana Moltedo
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.