Suor Maria De Coppi, 83 anni, comboniana. Uccisa come le consorelle (anche stuprate) Bernardetta Boggian, Lucia Pulici, Olga Raschietti. Lo stesso giorno, otto anni dopo. Uccisa come suor Leonella Sgorbati, come Annalena Tonelli. Nella “loro” Africa, dov’erano venute per evangelizzare innanzi tutto sé stesse. Il cristianesimo di queste missionarie non era un corpo estraneo nelle terre in cui vivevano e per le quali sono morte. Non calava dall’alto. E neppure si abbassava. Era, semplicemente, allo stesso livello. Una Betlemme del Nord-Est, pastorale, agricolo, lavoratore. Donne attempate o anziane, con o senza velo, ma sempre frammiste, tuffate nella gente che non ha confini – fame e sete di giustizia sono uguali dappertutto -, procedevano con la tenacia d’un aratro.
Beate le miti, perché sono forti. A fianco delle donne, della loro dignità. A fianco dei poveri, nei poveri.
Suor Maria, come le altre, ha chiesto perdono prima di morire. Crediamo che gli assassini detestino soprattutto questo, il perdono. Il perdono offre sempre un’opportunità. Invita a ricominciare. Chiede, esige. Offre l’altra guancia ed è come se ne avesse mille, perché insiste finché non ha raggiunto il cuore. Questo significa evangelizzare, dare la buona notizia. Dal nostro livello. Dallo stesso livello.