Si eviti il solito equivoco di comodo: voleva “vivere all’occidentale”. Queste donne, tutte le donne, vogliono vivere senza aggettivi.
Forse lo sentiva già, che non sarebbe tornata. Perché quello di Hadith Hajafi, come di Mahsa Amini e di tante altre donne destinate a rimanere anonime, era un viaggio senza ritorno. Noi la scopriamo ora, bella come tutte le iraniane, bionda, ossigenata o circassa, ché in Persia le pelli si mescolano, lisce, setose, scure, perlacee. Il top candido sui jeans attillati, svelta e consapevole, Hadith va incontro al suo destino, non senza volgersi indietro.
Stringe la mano smaltata di un’amica nel tipico modo femminile, tenace ma privo di violenza. Più Rut e Noemi che Thelma e Louise. Poi il nodo si scioglie, lo sguardo è triste. Hadith torna tra la folla, torna a manifestare per la coetanea Mahsa uccisa a causa di “una ciocca di neri capelli”. Manifesta, in realtà, per la libertà di ognuna. E non tornerà. La attira una energia indomabile e al tempo stesso vibra, forse ha paura, prova dolore per l’amica che non rivedrà. Ma quel suo sguardo sembra interpellare soprattutto noi, che viviamo di là dal muro dell’oppressione: in apparenza. Ci guarda e dice addio. Un minuto una raffica di mitra stronca la sua giovane vita. La spegne la stessa polizia “morale” che ha falcidiato Mahsa, come è già accaduto e come ancora accadrà, lontano dai riflettori e dai media.
Cala il gelo anche nei nostri cuori perché Hadith, come Mahsa e le altre, sono vicine. Non hanno patria, la loro patria è il mondo intero e la loro oppressione… pure.
E si eviti il solito equivoco di comodo: voleva “vivere all’occidentale”. Queste donne, tutte le donne, vogliono vivere senza aggettivi. All’occidentale, all’orientale, ma libere! Certo, le donne d’Occidente (e gli uomini, se non fossero in tutt’altre faccende affaccendati) hanno il dovere morale di sostenere le loro sorelle. Ma non in senso colonialista. Ognuna ha il diritto di cercare la propria libertà nel modo e nel mondo che crede.
La consapevolezza, credo, l’abbiamo tutte o quasi. Anche chi si ferma alla superficie, anche chi nutre scarse o nessuna simpatia per le teocrazie dei satrapi, sa, proprio come Hadith, che il dramma delle iraniane non riguarda soltanto queste ultime. Per le donne non sono mai “affari di famiglia”. Nulla è privato per chi è privata dei diritti. E quindi l’abbraccio di Hadith ci riguarda. A breve, su questa ennesima ribellione calerà il silenzio mediatico. C’è un accordo in corso per le forniture di gas e petrolio, che i governi baratteranno in cambio della licenza di stroncare ogni dissenso soprattutto femminile. Alle donne non è mai stato concesso niente: ciò che hanno ottenuto, è frutto del loro esclusivo sacrificio. Hadith ce l’ha ricordato col suo sguardo melanconico, già maturo malgrado la giovane età. Le dispiaceva abbandonare la vita, così bella, pur se ingrata e dolente.