Living, Ispirato al film Vivere (1952) di Akira Kurosawa, che a sua volta è si basa sul romanzo La morte di Ivan Il’ič (1886) di Lev Tolstoj, è diretto da Oliver Hermanus.
Il remake di Vivere – che nel 1954 vinse un premio speciale al festival di Berlino – è stato scritto dal regista Oliver Hermanus assieme allo scrittore Kazuo Ishiguro, premio Nobel per la letteratura nel 2017. La storia, ambientazione a parte, è identica all’originale, il cui protagonista era Takashi Shimura.
Nel film del 1952 di Akira Kurosawa, Vivere, si raccontava la storia di Watanabe, capoufficio della sezione civile e vedovo da 25 anni, che dopo trent’anni di routine da impiegato, apprende di avere un cancro allo stomaco.
La sua vita viene così rivoluzionata e l’uomo dà le dimissioni, prima dandosi a divertimenti che non ha mai conosciuto, poi cercando di trovare un senso alla sua vita. Lo farà, ma verrà rapidamente dimenticato.
L’adattamento di Living trasporta la storia nella Londra degli anni Cinquanta, dove il protagonista è il signor Williams, il cui destino segue più o meno le tracce dell’originale.
La storia è semplice: scoperto la malattia, un riservato bancario decide di occuparsi di una pratica bloccata, il finanziamento d’un parco giochi.
Curiosa combinazione di culture, epoche, autori e cinema: è un film anglo-nipponico di oggi sull’uomo solo davanti alla morte, sceneggiato dal Nobel Ishiguro, è ambientato nella Londra degli anni Cinquanta e racconta la storia del signor Williams (Bill Nighy), che lavora come responsabile di un ufficio municipale. La sua mansione gli permette di concedere o meno l’autorizzazione a usare un luogo pubblico e nel suo lavoro lui è impeccabile, nonché sempre coerente con le sue scelte.
Alla pessima notizia sulla sua salute che non gli resta molto da vivere. l’algido signora Williams, noto per non aver alcun senso dell’umorismo ed essere troppo preso da scartoffie burocratiche, decide di cambiare modo di vivere.
L’uomo si lascia andare a quei piaceri su cui fino ad oggi non si era neanche mai soffermato neanche a pensare, cambiando così anche l’approccio al suo lavoro…
70 anni dopo, lo scrittore giapponese naturalizzato britannico Kazuo Ishiguro, premio Nobel, decide di rivisitare quel capolavoro in bianco e nero per farne una storia ambientata nella Gran Bretagna del 1953, coi suoi burocrati con ombrello e bombetta, e pensa per il personaggio principale a Bill Nighy. Nasce così Living, con la benedizione degli eredi di Kurosawa, che stimano Ishiguro e la sua capacità di cogliere l’essenziale.
Fedele nella trama, salvo poche ma significative deviazioni di cui diremo, Living è un film in fulgidi colori, che sembra girato proprio in un’epoca di cui riprende le tinte dai filmati di repertorio. Risalta ancora di più in questo intenso paesaggio urbano il grigiore di questi “gentlemen”, che prendono il treno tutti alla stessa ora, da pendolari, per andare a lavorare nella City Hall (quelli che vediamo nel film sono gli storici spazi architettonici dell’ente) del municipio londinese.
Mr. Williams, il capo anziano, non si mescola agli altri impiegati, che lo salutano con deferenza e un po’ di ironia, sempre un passo indietro, ma poi si trovano tutti nella stessa stanza fumosa, di fronte a pile di scartoffie che restano sempre inevase.
Se ancora oggi, spesso, assistiamo allo scaricabarile tra un ufficio e l’altro e il cittadino viene sballottato in modo confuso tra gente che attribuisce ad altri le sue competenze, nella Londra di mr. Williams questo continuo rimpallo di responsabilità è un vero e proprio sistema.
Rispetto al film di Kurosawa, Living ha una durata assai più contenuta e certi passaggi possono sembrare bruschi, ma resta comunque la dimostrazione che certe storie si possono anche ri-raccontare, a condizione di saperle far proprie.
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.