EO, film diretto da Jerzy Skolimowski, si legge “ih-oh”, come il verso che fa l’asino, ed è la storia di un asino, che liberato da un circo polacco inizia un viaggio attraverso l’Europa fino a giungere in Italia, incontrando e conoscendo le gioie e i dolori dell’umanità più varia.
È stato presentato in concorso al 75º Festival di Cannes, vincendo il premio della giuria.
Una rilettura di un classico, Au Hasard Balthazar di Robert Bresson, il film infatti è un omaggio, un inchino riverente che cita apertamente l’opera a cui si ispira, visto che Skolimowski parla di Balthazar non solo come uno dei film preferiti, ma anche come una sorgente del suo cinema.
Una versione poetica, tenera, dolceamara e profondamente umanista on the “road “, un ritratto delle relazioni sociali e dei cambiamenti culturali nel mondo moderno, che ci aiuta a estendere i confini della nostra empatia.
EO, ci porta dentro la testa dell’asino, animale intelligente, caparbio e sensibile, costretto allo spettacolo dell’umana insensatezza, e ne visualizza i pensieri, gli amori, i ricordi, i desideri.
All’inizio del film, EO lavora in un circo. È il protagonista di un numero assieme a una ragazza, è amato, accarezzato e baciato da lei, la bella Kasandra (Sandra Drzymalska). Gli vuole molto bene.
Fuori sarà molto diverso.
Poi però il circo viene chiuso, perché gli animali devono essere liberati, e EO viene allontanato dalla sua amica e padrona, e spedito a fare da animale da tiro in un maneggio.
È il primo passo di una piccola ma intensa odissea che porterà quest’asinello a vivere diverse avventure, in una fattoria, a diventare la mascotte di una squadra di calcio, a essere picchiato quasi a morte, e poi di nuovo a diventare animale da tiro, e poi ancora libero, fino a un epilogo che ha il suono secco e ovattato della pistola a stantuffo con cui si abbattono i bovini.
Il regista Jerzy Skolimowski, polacco, oggi 84 anni, è da sempre visionario, inscena il racconto attraverso una dialettica tra soggettive e oggettive, in altri termini ci fa vedere dall’occhio dell’asino alternato ai quadri del mondo intorno.
Ma soprattutto costruisce squarci visivi di grande potenza, malgrado l’età, come la ripresa dell’attraversamento del ponte da parte dell’asino, che viene inchiodato con tutta la sua solitudine, quasi romantica.
Adriana Moltedo
Giornalista, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità, esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Curatrice editoriale.