Ho seguito le polemiche intorno al Premio Strega di quest’anno, e devo dire che a me importa solo se un romanzo mi lascia qualcosa, se è scritto con uno stile personale e distinguibile, al di là che si tratti di autofiction o di una storia originale.
Non sono sensibile ai facili sentimenti ma so riconoscere una voce che mi inchioda con la sua necessità di scrivere, persino di sé. Noto però che i lettori, oggi, propendono per un intimismo doloroso, e c’è una sorta di voyerismo, di identificazione col problema tout court, che andrebbero analizzati.
Handke sosteneva di credere solo ai libri scritti sulla propria pelle, ma questo può accadere (e meno male) anche se non si parla di sé. Trovo che le autrici siano da sempre un passo avanti per quel che riguarda lo scandagliare i sentimenti in profondità, non hanno paura, non si autolimitano, e questo le caratterizza, le diversifica. Ma ricordo le parole della Ginzburg: elevarsi dal piano personale a quello universale, se no la letteratura è niente. E quindi scuotere, (celinianamente) far vibrare, emozionare. Se e quando succede, il risultato può essere notevole.
Cosa non mi piace? Che chi giudica, come in questo caso gli amici della domenica, non alterni a romanzi di questo tipo libri che si sforzano di metaforizzare, di inventare di sana pianta. Libri che non fanno sconti al mondo in cui viviamo, che ce lo mettono nel piatto con crudezza, con insolenza, provocandoci a volte un bel mal di pancia. Mi mancano libri dalla lucidità secca, libri che se ne fregano di compiacere il lettore, di offrirgli una pappa digeribile, di prenderlo per mano come suore gentili, libri che arrivano anche al lettore meno avvezzo con la forza di una voce e di una trama (o non trama) che sferza, soqquadra, lasciando intravedere scorci che vanno oltre il già sentito, il rimasticato, un’epica facilitata come un Bignami. Ce ne sono di libri così? Se sì, non hanno certamente un grande appeal sul mercato. Eppure sono questi i libri che credo andrebbero premiati, proprio per sostenerli all’interno di un’editoria che ha smesso quasi del tutto di rischiare.
Grazia Verasani
Grazia Verasani. Scrittrice, autrice anche per il cinema e il teatro. Ha pubblicato a oggi 18 romanzi variando dal genere noir al romanzo “bianco” con editori come Mondadori, Feltrinelli, Giunti, La Nave di Teseo, Marsilio etc. Il suo romanzo piu’ noto e’ “Quo vadis, baby?” da cui Gabriele Salvatores ha tratto l’omonimo film nel 2005 e prodotto con Sky una serie tv nel 2008. E’ stata la prima autrice italiana a utilizzare un personaggio di detective al femminile: Giorgia Cantini. Ha ricevuto premi per la narrativa e il cinema ed e’ tradotta in molti paesi.