Paola Clemente sgobbava sette giorni su sette per due euro l’ora, sotto la schiavitù del caporalato.
Come una Nedda cresciuta, un Rosso Malpelo al femminile. Sud verghiano, naturalista e spietato, di oltre cent’anni fa. Invece siamo nel 2015. E Paola Clemente era italiana. Non un’immigrata. Ma proviamo a sentirla mormorare, mentre s’ammazza letteralmente di fatica, “che è quest’Italia?”. Sgobbava sette giorni su sette per due euro l’ora, sotto la schiavitù del caporalato. Alla fine è scoppiata, ma nelle fotografie lei, col suo nome da pontefice, riusciva ancora a sorridere. Un sorriso liquido e mansueto su un modesto vezzo di perle.
Perché la vita è fuori. È altro e di più e Paola l’ha sempre saputo. Voleva sentirsi umana e cercava di non mancare a una festa tra amici per restituirsi all’umanità. Quell’angolo d’esistenza, i nostri anni tecnologici e bestiali non erano riusciti a spegnerlo. E lei vi s’aggrappava tenacemente. Appesa a un pensiero, alla gioia della famiglia, come Rosso al ricordo del padre. La femminilità di Paola si sformava avvilita nel sole, ma lei insisteva a sentirsi bella, annotava scrupolosamente sul calendario le “giornate” che le restavano, la miseria largita. Lenta pure la grafia, così grottescamente infantile, ansante, inesorabile. E ci pare di sentirla: manca poco, ce la posso fare, solo per oggi, poi finalmente la pace…
La pace non è giunta. Il corpo s’è arreso. L’anima forse no. Ma quest’Italia divenuta repubblica e, almeno sulla carta, Stato di diritto, il paese di Paola e di tante vinte come lei, sul cui sangue questo diritto è nato, potrebbe tradirla ancora. Dopo otto anni nessun colpevole per la sua morte: così ha sentenziato il tribunale di Trani. Il fatto “non sussiste”. E tuttavia esiste, l’inesorabilità non è più destino. La legge 199 sul caporalato dal 2016 è realtà, la vicenda di Paola è diventata patrimonio nazionale anche grazie al bel cortometraggio (“La giornata”, 2017) di Pippo Mezzapesa e Antonella Gaeta. Per Paola e le sue compagne – le donne costituiscono il 40% dei lavoranti stagionali – la giustizia deve, assolutamente deve tradursi in atto.Dietro l’aria da povera crista, il sorriso di Paola Clemente non cedeva alla rassegnazione. L’Italia neopositivista dell’intelligenza artificiale farebbe bene a non dimenticarsene. Noi, di certo, non lo faremo. Noi siamo Paola.